Vitalizi, ovvero quando l’anti-sistema si fa sistema. Ricordate? Il 27 luglio scorso la Camera dei deputati ha approvato la legge Richetti sul taglio dei vitalizi ai parlamentari e ai consiglieri regionali. Ora, con la ripresa autunnale, la legge passa al Senato; ma potrebbe essere tutta un’altra musica, con relativi rischi per la maggioranza del premier Gentiloni. Un inciampo che potrebbe trasformarsi in una rovinosa caduta? Vedremo. Intanto partiamo da quello che prevede la legge Richetti.
La riforma dei vitalizi
Se vogliamo fare chiarezza, dobbiamo partire col dire che i “vitalizi” per i parlamentari sono già stati aboliti nel 2012. E che da allora ai parlamentari si applica il sistema contributivo (tanto hai pagato, tanto ricevi) come per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. In più, per ottenere l’assegno pensionistico occorre aver svolto il mandato per almeno 5 anni e aver compiuto i 65 anni d’età. Ma non basta. Il pagamento della pensione viene sospeso nel caso in cui l’ex deputato o senatore viene rieletto nel parlamento nazionale, in quello europeo o in un consiglio regionale. Oppure nel caso in cui il “pensionato” ottenga un incarico istituzionale che preveda un corrispettivo pari almeno al 50% dell’indennità parlamentare.
Taglio dei vitalizi: chi ci rimette
Quindi la riforma Richetti vale per gli ex parlamentari, i D’Alema, i Fini, i Veltroni, gli Occhetto, tanto per capirci. Gli ex parlamentari pensionati sono in tutto circa 2.600 e costano circa 193 milioni di euro l’anno, che diventano circa 260 con gli oneri previdenziali. Per tutti costoro la legge Richetti prevede di ricalcolare col metodo contributivo l’importo dell’assegno. In tal modo gli ex parlamentari riceverebbero una cifra proporzionata ai contributi effettivamente versati e non più basata su una percentuale dell’ultimo stipendio. Il che porterebbe a una riduzione, stimata dall’Inps, del 40%, pari a circa 2.000 euro mensili a testa. Alla Camera la legge era passata con 348 voti a favore, 17 contrari e 28 astenuti e ha avuto il voto favorevole del Pd (Matteo Richetti è parlamentare dem), della Lega e dei 5 Stelle; Forza Italia ha disertato l’aula, contrari gli alfaniani di Azione Popolare.
Acque agitate in Senato
Nonostante la legge preveda che “in nessun caso il ricalcolo interamente su base contributiva potrà essere applicato alle pensioni in essere e future dei lavoratori dipendenti e autonomi” le acque rimangono agitate. Dove? A sorpresa, proprio nelle file del Pd. La senatrice Rosaria Capacchione ha affermato: “il disegno di legge Richetti è pericolosissimo e incostituzionale perché, essendo una legge ordinaria, si applicherà a tutti. Questo significa che la pensione di mia mamma o di un operaio Fiat potrebbe essere ricalcolata”. E ha aggiunto: “Una volta introdotto il principio retroattivo non ci sarà più certezza di nulla. Così apriamo una voragine rischiosissima”.
La frattura nel Pd
A capo della fronda nel Partito democratico c’è il senatore Ugo Sposetti. Già tesoriere dei Ds, Sposetti ha promesso una rivolta contro la legge, anche se non è chiaro su quanti voti possa contare a palazzo Madama. Semplici minacce per insabbiare il provvedimento e non farlo arrivare in aula? Intanto, con un salto in avanti, il senatore Felice Casson, oggi bersaniano e già magistrato a Venezia, ricorda che gli aspetti incostituzionali della legge sono tali che “il primo che farà ricorso lo vince”. E quindi sarebbe tutto inutile.
Numeri risicati
Ma torniamo al voto di palazzo Madama. I forzisti si asterranno anche al Senato, dove il Pd ha numeri molto più problematici che alla Camera. E sappiamo bene che al Senato l’astensione vale come voto contrario. Contrari anche alcuni senatori verdiniani. Facciamo un po’ di conti: sommando i senatori Pd, 5 Stelle e della Lega si arriva a 146 voti, mentre la maggioranza necessaria è di 161. Oltretutto, Capacchione e Sposetti docunt, i senatori Pd non arriveranno al voto compatti.
Un favore a Grillo
E quindi le cose si complicano. Immaginiamo cosa succederebbe se la legge venisse respinta con i i voti contrari dei senatori dem. Il Pd servirebbe un perfetto assist a Grillo, il suo peggiore nemico. Il tutto in vista delle elezioni siciliane di novembre. Già si dice che chi le vincerà, poi conquisterà anche palazzo Chigi nel 2018. Per non parlare della tenuta del governo Gentiloni. A questo punto, gli Sposetti e Capacchione potrebbero tornare indietro? Nel dubbio, per evitare la conta, torna in auge l’ipotesi di congelare la legge sine die. Ma sai che figura con l’opinione pubblica, alle soglie delle campagne elettorali siciliana e nazionale? Sarebbe un altro assist a Grillo da parte del Pd renziano.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.