Il Sud è malato di crisi. E il quadro è sempre più preoccupante. Ormai quasi una persona su due è a rischio povertà. E cioè oltre 9,6 milioni di abitanti dei circa 21 del Mezzogiorno. A lanciare l’allarme è la Cgia di Mestre. Il Pil pro capite è sceso sotto i 18mila euro contro i quasi 33mila del Nord e gli oltre 29mila del Centro. Il tasso di occupazione è al 43,4%, mentre Nord e Centro sono rispettivamente al 65,9 e al 62%. E la disoccupazione? Altra voragine, che spinge ad andare all’estero o al Nord in cerca di lavoro. Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione è arrivato al 19,6%. Ben 12 punti in più del Nord, al 7,6%, mentre nel Centro Italia è al 10,4%. E Pil pro capite, occupazione e disoccupazione del Sud sono in netto peggioramento dal 2007.
L’incubo povertà
In questa situazione, e non potrebbe essere altrimenti, il 46,4% della popolazione è in gravi difficoltà economiche. Sono a rischio povertà o di esclusione sociale oltre 9,6 milioni di persone. Al Nord in questa situazione c’è il 17,4% degli abitanti (4,8 milioni) e al Centro il 24% (2,9 milioni).
Ma su che cosa si basa questo indicatore? Previsto da Europa 2020 (strategia decennale della Ue per la crescita), identifica le persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro o in condizioni di grave deprivazione materiale.
Far ripartire gli investimenti
“Il Mezzogiorno ha delle potenzialità straordinarie ed è in grado di contribuire al rilancio dell’intera economia del Paese”, afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo. “Pensiamo solo al patrimonio culturale, alle bellezze paesaggistiche e naturali che contribuiscono a renderla una delle aree potenzialmente a più alta vocazione turistica d’Europa”. Ma bisogna tornare a investire per ottenere risultati. E va fatto in almeno tre direzioni: infrastrutture, sicurezza e tutela ambientale. Risorse da utilizzare “per ammodernare questa parte del Paese che purtroppo presenta ancora oggi delle forti sacche di disagio sociale e di degrado ambientale che alimentano il potere e la presenza delle organizzazioni criminali di stampo mafioso”.
Via al federalismo fiscale
Altro tema chiave è quello del federalismo fiscale. “Grazie al compimento di questa riforma – continua Zabeo – potremmo avvicinare i centri di spesa ai cittadini, responsabilizzando di più la classe dirigente locale che avrebbe di certo meno trasferimenti dallo Stato centrale. Ma in cambio beneficerebbe di una maggiore autonomia fiscale, elevando così l’efficienza della macchina pubblica”. E il saldo per il Sud sarebbe comunque positivo. “Grazie anche alla solidarietà praticata dalle regioni più ricche, potrebbe beneficiare di maggiori risorse finanziarie di quante ne usufruisce oggi, innescando un meccanismo virtuoso che avrebbe delle ripercussioni positive anche nel resto del Paese”, conclude Zabeo.
Il nodo della Pubblica amministrazione
Ma per il rilancio del Sud serve una pubblica amministrazione più efficiente. E purtroppo non ci siamo. A dirlo è anche uno studio della Commissione europea (Anticorrp). Ha monitorato la qualità dei servizi pubblici ricevuti, l’imparzialità con la quale vengono assegnati e il livello di corruzione. E tra le 206 regioni d’Europa prese in esame, ben 7 realtà del Mezzogiorno si collocano nelle ultime 30 posizioni. La Sardegna è al 178° posto, la Basilicata al 182° e la Sicilia al 185°. La Puglia è in 188ª posizione, il Molise in 191ª e la Calabria in 193ª. Chiude la Campania al 202° posto.
Il valore dell’efficienza
“Con una Pa di questo livello gli effetti negativi si fanno sentire anche nel privato“, dice il segretario della Cgia Renato Mason. “Come sostiene uno studio dell’Ocse, dove l’efficienza della macchina pubblica è più bassa, ciò contribuisce enormemente ad abbassare il livello di produttività del settore manifatturiero”. E anche qui il Sud è tra le realtà dove questa relazione è più evidente. “Pertanto – conclude Mason – il Sud si rilancia anche rendendo più efficienti i servizi offerti dagli enti locali, in modo che siano sempre più centrali per il sostegno della crescita. Perché migliorare i servizi vuol dire elevare il prodotto delle prestazioni pubbliche e quindi il contributo dell’attività amministrativa allo sviluppo del territorio in cui opera”.
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