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Draghi dà la sveglia all’Unione europea: serve un aumento massiccio degli investimenti

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Mario Draghi dà la sveglia all’Unione europea. “I valori fondamentali dell’Europa sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di garantirli avrà perso la sua ragione d’essere”.

È quanto si legge nel report sulla competitività presentato oggi dall’ex premier italiano e già governatore della Bce, preparato su incarico della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Nel documento, rilanciato anche dall’Agenzia Dire, Draghi ha esortato quindi le istituzioni europee all’azione, abbandonando l’idea che “procrastinando si preservi il consenso. Tutto ciò ha creato solo il rallentamento della crescita”.

Un nuovo atteggiamento

Secondo Draghi, “dobbiamo assumere un nuovo atteggiamento nei confronti della cooperazione: rimuovere gli ostacoli, armonizzare regole e leggi e coordinare le politiche. Esistono diverse costellazioni nelle quali possiamo avanzare. Ma ciò che non possiamo fare è non avanzare affatto. La nostra fiducia nel fatto che riusciremo ad andare avanti deve essere forte. Mai in passato la scala dei nostri Paesi è apparsa così piccola e inadeguata rispetto alla dimensione delle sfide”.

Deboli nelle tecnologie 

Nel frattempo, evidenzia il report, “la stabilità geopolitica sta diminuendo e le nostre dipendenze si sono rivelate vulnerabili. Il cambiamento tecnologico sta accelerando rapidamente. L’Europa ha perso ampiamente la rivoluzione digitale guidata da Internet e gli aumenti di produttività che ha portato: infatti, il divario di produttività tra l’Ue e gli Stati Uniti è in gran parte spiegato dal settore tecnologico. L’Ue è debole nelle tecnologie emergenti che guideranno la crescita futura. Solo quattro delle 50 aziende tecnologiche più importanti al mondo sono europee”.

La crisi demografica

L’Unione europea, per l’ex premier, “sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall’aumento della popolazione“. Entro il 2040, “si prevede che la forza lavoro si ridurrà di quasi 2 milioni di lavoratori all’anno, e dovremo puntare maggiormente sulla produttività per guidare la crescita”. Se l’Ue “mantenesse il suo tasso medio di crescita della produttività dal 2015, sarebbe sufficiente solo a mantenere costante il Pil fino al 2050, in un momento in cui l’Ue si trova ad affrontare una serie di nuovi investimenti da finanziare con una crescita più elevata”.

Investimenti al quadrato

Per questo serve spingere sull’acceleratore. “La quota di investimenti in Europa dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del Pil, fino a raggiungere i livelli degli anni ’60 e ’70 per raggiungere gli obiettivi di digitalizzazione, decarbonizzazione e rafforzamento delle capacità di difesa. Si tratta di una sfida senza precedenti”. Per raggiungere gli obiettivi indicati nel rapporto Draghi, che presenta circa 170 proposte, “sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023. Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue”.

Ricerca e difesa

Draghi, sottolinea l’Ansa, raccomanda di “aumentare i finanziamenti europei” per la ricerca e sviluppo nel campo della difesa e di concentrarli su “iniziative comuni”. Un approccio da attuare con “nuovi programmi a duplice uso e una proposta di progetti europei di difesa di interesse comune”, per organizzare la necessaria cooperazione industriale. Oggi “nessuno Stato membro può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership” nelle tecnologie più avanzate.

Il nodo decarbonizzazione

Altro punto chiave: “Vogliamo che la decarbonizzazione sia fonte di crescita; se falliamo la decarbonizzazione può andare nella direzione opposta rispetto alla competitivà e alla crescita”. Quindi, “è necessario combinare la decarbonizzazione con la crescita europea”, ha detto Draghi, soffermandosi sulle difficoltà di un mercato dell’energia “ancora strutturato basandosi su gas naturale e combustibili fossili come componenti più importanti del mix energetico, nonostante non sia più così”. Nel 2022, ha aggiunto, “il gas ha rappresentato il 20% del mix energetico ma ha settato il prezzo nel 60% dei casi”. Draghi ha poi insistito sulla necessità di “estendere i benefici dell’energia più economica prodotta dalle rinnovabili ai consumatori europei, che si tratti di singoli privati o di aziende”.

Risorse critiche

Per ridurre le sue vulnerabilità, secondo l’ex premier la Ue deve sviluppare anche “una vera e propria ‘politica economica estera’ basata sulla sicurezza delle risorse critiche”. Oggi “ci affidiamo a una manciata di fornitori per le materie prime critiche, soprattutto la Cina, anche se la domanda globale di questi materiali sta esplodendo a causa della transizione energetica pulita”. A breve termine, “l’Ue deve attuare rapidamente la legge sulle materie prime critiche”. E si raccomanda d’integrare questa legge “con una strategia globale che copra tutte le fasi della catena di approvvigionamento dei minerali critici, dall’estrazione alla lavorazione al riciclaggio”.

Dipendenza hi-tech

Il report sottolinea pure che “dipendiamo enormemente dalle importazioni di tecnologia digitale. Per la produzione di chip, il 75-90% della capacità globale di fabbricazione di wafer si trova in Asia. Queste dipendenze sono spesso bidirezionali – ad esempio, la Cina si affida all’Ue per assorbire la sua sovraccapacità industriale – ma altre grandi economie come gli Stati Uniti stanno attivamente cercando di districarsi. Se l’Ue non agisce, rischiamo di essere vulnerabili alla coercizione”. Anche in questo contesto, insiste Draghi, “avremo bisogno di una vera e propria ‘politica economica estera’ dell’Ue per mantenere la nostra libertà – il cosiddetto statecraft”.

Pilastro competitività

Il bilancio dell’Unione europea, per l’ex premier quindi “dovrebbe essere riformato per aumentarne l’efficacia e l’efficienza, oltre a essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati”, creando “un pilastro della competitività”. Perciò “dovrebbero essere istituiti schemi di finanziamento dedicati per affrontare il divario di investimenti per le aziende tecnologiche in fase di crescita, così come per le capacità di produzione in determinati settori, come le tecnologie pulite”.

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