Aumento dell’Iva: cresce la preoccupazione per la spada di Damocle che pende sul bilancio delle famiglie italiane. Se infatti il governo non troverà 23 miliardi di euro per disinnescare le clausole di salvaguardia, dal 1° gennaio 2020 l’aliquota ordinaria salirà dal 22 al 25,2% e quella intermedia dal 10 al 13%.
A sottolineare ancora una volta i danni di un aumento dell’Iva è la Cgia di Mestre. “Avremmo degli effetti negativi per tutta l’economia. Circa il 60% del nostro Pil, infatti, è riconducibile ai consumi delle famiglie. Nessun’altra voce che compone la ricchezza prodotta nel nostro Paese può vantare un’incidenza percentuale così elevata”.
Se aumentassimo i prezzi dei beni e dei servizi, “sicuramente ritoccheremmo all’insù un po’ l’inflazione, aiutando i conti pubblici; tuttavia, in questo modo penalizzeremmo tantissime famiglie e altrettanti lavoratori autonomi (artigiani, piccoli negozianti e partite Iva) che vivono quasi esclusivamente di domanda interna”.
Aumento Iva ed evasione
Con un incremento dell’Imposta sul valore aggiunto crescerebbe anche l’evasione fiscale, che sottrae già alle casse statali ben 113 miliardi l’anno. Ad essere colpiti sarebbero infatti “i servizi di manutenzione e di riparazione, gli onorari dei liberi professionisti e le ristrutturazioni edilizie. Con questo aumento d’imposta, di fatto, molti clienti finali sarebbero ‘spinti’ a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale”.
I più colpiti
Anche un solo punto di aumento dell’Iva sia ordinaria che intermedia avrebbe effetti pesanti. Nel primo caso per la Cgia il costo sarebbe di 4,370 miliardi, mentre nel secondo di 2,896 miliardi. Un’ipotesi che comunque non va giù agli artigiani mestrini.
Ma chi sarebbe più colpito dall’aumento dell’Iva? “In termini assoluti – risponde Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia – i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose”.
Aumento Iva ed Eurozona
Già oggi “siamo tra i principali Paesi dell’Area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata”, sottolinea Renato Mason, segretario della Cgia. “Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19. Con un ritocco all’insù di 3,2 punti, saliremmo a 25,2. Nell’Eurozona nessuno potrebbe contare su un’aliquota così elevata”.
In più, aggiunge Mason, “rispetto all’anno pre-crisi, vale a dire il 2007, i consumi delle famiglie italiane sono ancora inferiori di circa 2,4 punti percentuali”. E sempre nell’Eurozona “solo noi e la Grecia abbiamo questo record negativo, che ovviamente nessuno ci invidia”.
No a promesse generiche
“Proprio perché siamo in piena campagna elettorale (per le Europee si vota il 26 maggio, ndr), Di Maio e Salvini non possono limitarsi ad affermare che l’Iva non aumenterà. Devono dirci anche dove troveranno le risorse per evitare l’incremento d’imposta. Diversamente – conclude Zabeo – i loro impegni non appaiono credibili, avvalorando così la tesi di coloro che prevedono una stangata fiscale a partire dall’inizio del 2020”.
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