Economia

Il balletto delle ipotesi per evitare l’aumento dell’Iva

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Iva: l’aumento dell’Imposta sul valore aggiunto appare sempre più verosimile. Dopo le tensioni tra il ministro Tria e i vicepremier Di Maio e Salvini – con il primo che ha parlato di un incremento ad oggi inevitabile, smentito dai leader di 5 Stelle e Lega – l’ultima opinione in merito arriva da Carlo Cottarelli.

L’economista ed ex commissario alla spending review ha spiegato in un’intervista a quotidiano.net come a suo parere sia impossibile trovare in pochi mesi i 23 miliardi di euro necessari a scongiurare l’aumento dell’Iva. “Qualcosa si può racimolare, ma è molto difficile riuscire a fare operazioni strutturali che portino a veri risparmi”, ha affermato Cottarelli.

I soli tagli alla spesa pubblica oltretutto potrebbero avere effetti deleteri se operati in termini lineari, cioè andando a colpire anche le parti efficienti della Pubblica amministrazione. E pure sui 18 miliardi di privatizzazioni previsti dalla legge di Bilancio c’è poco da sperare per fare cassa.

I costi per le famiglie

Se però il governo non troverà i 23 miliardi per sterilizzare la clausola di salvaguardia, dal 1° gennaio 2020 l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 25,2%, mentre l’Iva intermedia salirà di 3 punti, dal 10 al 13%. Nessun incremento invece è previsto sull’imposta al 4% per i beni di prima necessità.

In caso di aumento dell’Iva, le associazioni dei consumatori hanno già fatto i conti sulla stangata in arrivo per le famiglie. Si parla di un incremento dell’imposta che potrebbe andare da 540 a 900 euro l’anno con punte di oltre 1.200 euro in alcune zone del Paese. Il tutto con un effetto depressivo sui consumi e una crescita delle prestazioni e degli acquisti in nero.

Def e promesse

Il Def approvato dall’esecutivo prevede l’automatico aumento dell’Iva in mancanza di misure alternative nella prossima legge di Bilancio. Lega e 5 Stelle come abbiamo visto promettono che questo non succederà.

Ma sia Bankitalia sia l’Ufficio parlamentare di bilancio hanno ricordato che senza i 23 miliardi dell’aumento dell’Iva il deficit italiano salirebbe oltre il 3%. E il debito pubblico potrebbe avvicinarsi al 135% del Pil, anche se ci sono leggeri segnali di ripresa (+0,1% della produzione industriale nel primo trimestre 2019). Un quadro negativo che riaprirebbe le diatribe con Bruxelles sulla crisi dei conti pubblici italiani.

Iva: aumenti light

Intanto i tecnici del ministero dell’Economia e delle Finanze pare siano al lavoro su un paio di ipotesi. Ma nessuna delle due esclude in toto l’incremento dell’Iva.
La prima contemplerebbe un aumento dell’imposta dal 22 al 23% per l’ordinaria e dal 10 all’11% per l’intermedia. Il tutto sarebbe corredato dalla possibilità per i consumatori di detrarre poi il 2% dalla spesa per beni e servizi superiore ai 30 euro.

Quest’ipotesi avrebbe dunque il vantaggio di combattere il nero, incentivando i contribuenti a chiedere scontrini e ricevute da detrarre. Ci sarebbe un impatto dell’incremento dell’Iva più leggero, in media circa 170 euro a famiglia; ma l’erario in tal modo incasserebbe solo 8 dei 23 miliardi previsti. E 15 sarebbero comunque da trovare nelle pieghe del bilancio pubblico.

La seconda simulazione è quella di un aumento selettivo dell’Iva. Che cosa significa? Semplicemente spostare una serie di beni e servizi attualmente in fascia intermedia con l’Iva al 10% a quella ordinaria con l’Iva al 22%. In particolare si guarda ad alcuni servizi, come quelli turistici o nel campo dell’edilizia, e ad alcuni generi alimentari più pregiati. Ma le stime in questo caso sono di impatto molto più relativo, visto che si valuta un incremento del gettito solo di un miliardo.

Per ora quindi nessuno ha ancora trovato il coniglio da estrarre dal cilindro. E la sensazione è che più passa il tempo e più sarà difficile evitare un aumento dell’Iva più o meno mascherato da altre operazioni di maquillage fiscale. Cioè che vadano ad incidere sulla giungla di agevolazioni e detrazioni per i contribuenti che attualmente ammontano a 75 miliardi di euro.

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