Luigi Bisi non nasconde la sua forte preoccupazione. Per il presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza i dati sulla crisi idrica parlano chiaro e non promettono nulla di buono. “Gli invasi sono ampiamente sotto la media e tutti i modelli previsionali convergono su una stabilità climatica con scarse piogge e temperature superiori alla media climatologica. Questo ci fa presagire che la crisi idrica in corso andrà peggiorando”.
Dal Molato a Mignano
Anche se grazie ai tecnici consortili “il monitoraggio è costante e sarà massimo l’impegno per una distribuzione irrigua razionale ed efficiente delle risorse a disposizione”, secondo Bisi bisogna fare i conti con la realtà. E nelle due dighe della provincia, quella del Molato in Val Tidone e di Mignano in Val d’Arda, ci sono carenze idriche sostanziali.
Nell’invaso di Nibbiano, spiega Fabio Rogledi, geometra del Consorzio, “con 1,8 milioni di metri cubi di acqua, pari al 23,9% del volume autorizzato, attualmente mancano 3,1 milioni di metri cubi rispetto alla media dell’ultimo decennio, escludendo il 2017, annata straordinaria per la crisi idrica”.
Stesso discorso per la diga di Mignano, dove i conti li ha fatti Andrea Terret, ingegnere sostituto responsabile delle dighe consortili: “Abbiamo un volume di 4,6 milioni di metri cubi pari al 46,9% dell’autorizzato. In alta Val d’Arda mancano 3,7 milioni di metri cubi rispetto alla media dell’ultimo decennio (sempre escludendo il 2017)”.
Piacenza soffre di più
In questo quadro, secondo la nota del Consorzio di Bonifica, è tutt’altro che rassicurante anche il bollettino pubblicato il 3 marzo scorso dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po. Il documento ha definito quest’inverno come il più secco degli ultimi 9 anni per l’Emilia-Romagna. E in maggiore sofferenza risulta proprio Piacenza con il Po e i suoi affluenti, che presentano un deficit di portata identificato come una condizione di “estrema siccità idrologica”. Sono poi molto sotto la media anche i grandi laghi del nord Italia (presente solo il 10% di acqua disponibile) e le falde idriche.
Una politica di sistema
“Se nelle prossime settimane non s’interromperà questa situazione di siccità – prosegue Bisi – si preannuncerà una grave crisi idrica che potrà mettere a rischio le colture di pregio piacentine”. Ma analizzando il trend degli anni più recenti, “si evidenzia anche come le conseguenze dei cambiamenti climatici non siano più un fatto contingente”. Sono diventate “un dato strutturale a cui bisogna rispondere urgentemente con una politica di sistema”.
I Consorzi di bonifica e l’agricoltura, sottolinea Bisi, “stanno facendo da anni la loro parte, ottimizzando la distribuzione irrigua e diminuendone il fabbisogno. A questa capacità di resilienza però vanno affiancati interventi infrastrutturali, perché l’ormai ricorrente stato d’emergenza idrica è un enorme limite allo sviluppo dei territori. Con coscienza ognuno di noi deve fare la propria parte”.
Condotte e laghi irrigui
Intanto, racconta il direttore dell’area tecnica dell’Ente di strada Valnure Pierangelo Carbone, “con lo staff di progettazione stiamo andando nella direzione di una gestione sempre più efficiente della risorsa a disposizione”. In campo ci sono “una serie di progetti già in fase di realizzo, mentre altri sono in attesa di finanziamento”. Tra questi, conclude Carbone, “ricordiamo la condotta di 20 chilometri in pressione che partirà da Castell’Arquato e arriverà ad Alseno; la ricostruzione del Traversante Mirafiori a Rivergaro; i laghi irrigui in Val d’Arda e Val Tidone”.
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