Economia

Lavoro nero da record: ecco chi è cresciuto con la crisi

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Lavoro nero da record: in Italia gli irregolari sono oltre 3 milioni. E vengono pagati la metà di chi ha un contratto. Un “business” che ha generato 77,4 miliardi di euro, con un’incidenza sul Pil 2015 pari al 4,7%. Sono cifre allarmanti, che arrivano dallo studio “Negato, irregolare, sommerso: il lato oscuro del lavoro”, curato da Censis per Confcooperative.

Lavoro nero e opportunismo

L’occupazione è scesa del 2,1% tra il 2012 e il 2015. Mentre nello stesso periodo quella irregolare è cresciuta del 6,3%. Risultato: il lavoro nero coinvolge 3,3 milioni di persone. “La crisi ha prodotto un abbassamento della soglia di continuità, permanenza e stabilità del reddito e del lavoro”, afferma Andrea Toma del Censis, come riporta anche Today.it. Un fenomeno “che per molti si è tradotto in una rincorsa affannosa a un lavoro a ogni costo. Potremmo anche chiamarlo sommerso di sopravvivenza, visto che sono moltissimi i lavoratori che pur di lavorare accettano meccanismi irregolari. Ma ad influire sul fenomeno c’è anche un’altra faccia della medaglia: quella dell’opportunismo delle imprese, che sfruttano a loro vantaggio la disperazione della gente”.

Il guadagno degli sfruttatori

A conti fatti, “il risparmio” per chi spreme il lavoro nero è davvero cospicuo in tutti i settori. Per la Commissione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva del Mef, il salario lordo medio di un dipendente regolare è di 16 euro l’ora. Mentre per un lavoratore in nero si scende a 8,1 euro, con una riduzione del 49,4%. E questo mette fuori mercato le aziende che si muovono nella legalità. Senza contare che i lavoratori restano senza coperture previdenziali, sanitarie e assistenziali. Il tutto per un’evasione contributiva da 10,7 miliardi.

Lavoro nero: dai servizi al commercio

In media, lo stock degli irregolari è del 13,5% sul totale delle attività economiche. Con un picco in ambito domestico, dove sono in nero quasi 6 lavoratori su 10. E con livelli alti anche in agricoltura (23,4%) e nel terziario (22,7%, per attività artistiche, intrattenimento e altri servizi). Poi vengono alloggi e ristorazione (17,7%), costruzioni (16,1%), trasporti e magazzinaggio (10,6%) e commercio (10,3%).

Ma in questo quadro “va fatta una distinzione tra i livelli di irregolarità di una badante e quella di un lavoratore sfruttato nei campi, nei cantieri o nel facchinaggio”, dice Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. “Il primo, seppur in un contesto di irregolarità, fotografa le difficoltà delle famiglie nell’assistere un anziano, un disabile o un minore. Le famiglie evadono per necessità. Negli altri casi si tratta di sfruttamento dei lavoratori che nasce solo per moltiplicare i profitti e mettere fuori gioco le tantissime imprese che competono correttamente sul mercato.”

Lavoro nero: Mezzogiorno al top

Passando alla diffusione territoriale, il Mezzogiorno è l’area più colpita dal lavoro nero. Se il tasso medio di irregolarità degli occupati è del 5,2%, in Calabria si arriva al 9,9%. Seguono Campania (8,8%), Sicilia (8,1%), Puglia (7,6%), Molise e Sardegna (entrambe al 7%). Sopra la media anche Abruzzo (6,4%), Basilicata (6%), Umbria (5,8%) e Lazio (5,4%). Per il resto si va dal 5% di lavoro irregolare della Valle d’Aosta al 3,8% del Veneto.

Nuovo welfare cercasi

Quali armi servono per combattere il lavoro nero? “Se le false cooperative sfruttano oltre 100.000 lavoratori, qui fotografiamo un’area grigia molto più ampia che interessa le tantissime false imprese di tutti settori produttivi”, afferma Gardini. “C’è bisogno di un nuovo sistema di welfare”. E servono azioni concrete per bloccare chi ottiene vantaggi competitivi a danno dei lavoratori e dei loro diritti. “Siamo di fronte a un meccanismo diventato strutturale nel nostro Paese, con un’incidenza sul Pil tra le più alte di tutta l’Unione europea. La speranza di una ripresa non basta. È impensabile che 3,3 milioni di lavoratori irregolari vengano riassorbiti con un aumento di qualche punto sul Prodotto Interno Lordo“.

 
 
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