Green pass: lunedì 18 ottobre “2 milioni di lavoratori non potranno recarsi in fabbrica o in ufficio perché impossibilitati a farsi il tampone per ottenere il certificato verde“. I conti li ha fatti la Cgia di Mestre. “Purtroppo, le farmacie e le strutture pubbliche/private dedicate a questo servizio non sono in grado di compiere giornalmente un numero di test sufficienti per coprire la domanda”. Così i lavoratori “loro malgrado, saranno costretti a rimanere a casa senza retribuzione”.
I lavoratori senza green pass
Secondo le stime del Governo, prosegue il report dell’Ufficio studi dell’Associazione veneta, “sarebbero 3 milioni i lavoratori italiani senza il certificato verde, il 13% circa degli occupati presenti nel nostro Paese. Persone che per accedere al proprio posto di lavoro entro la fine dell’anno dovranno fare ogni 2 giorni il tampone per ottenere il green pass”.
Però, “attualmente l’offerta è molto inferiore: ieri, ad esempio, il numero di tamponi realizzati in Italia è stato di poco superiore a 506mila. Ipotizzando un aumento della produttività da parte delle farmacie e delle strutture dedicate a fare questi test, dopodomani il numero complessivo potrebbe salire fino a 700mila (ovviamente si suppone che tutti questi test avranno esito negativo). Se a questo numero aggiungiamo le oltre 300mila persone che per ragioni di salute non sono obbligate al possesso della certificazione, rimarrebbero senza pass circa 2 milioni di lavoratori”.
Il flop dell’effetto annuncio
A metà settembre, prosegue la Cgia, “in sede di presentazione del decreto che obbligava l’uso del Green pass per entrare nei luoghi di lavoro, i ministri Brunetta, Orlando e Speranza l’avevano sottolineato più volte. Il successo della misura si basava sull’effetto annuncio, ovvero che una gran parte dei 4 milioni di lavoratori italiani che allora non erano ancora vaccinati lo facessero entro un mese, ovvero entro il 15 ottobre, data in cui era prevista l’entrata in vigore delle disposizioni previste dal decreto. Le cose, purtroppo, non sono andate così e solo una minoranza nel frattempo si è vaccinata. Gli altri, invece, hanno deciso di non farlo”.
Economia e diritti
Così, “la mancata presenza di circa 2 milioni di occupati non rappresenta solo un problema economico e sociale che rischia di mettere a repentaglio la tenuta produttiva di moltissime attività economiche, ma costituisce anche seria violazione del diritto al lavoro. Se il Governo ha deciso per decreto di consentire l’ingresso negli uffici e nelle fabbriche solo a chi ha il green pass – e quest’ultimo è ottenibile attraverso il vaccino o il tampone – lo Stato deve garantire la possibilità di fare il tampone anche a chi non vuole sottoporsi all’iniezione vaccinale”.
Diversamente, sottolineano da Mestre , l’Esecutivo “lede il diritto al lavoro a milioni di persone, venendo meno a un principio fondamentale di uno Stato di diritto: la legalità, che deve essere sempre rispettata sia dai soggetti pubblici sia da quelli privati. Intendiamoci, il Covid va sconfitto con la prevenzione, aumentando il numero di immunizzati e con le disposizioni indicate dagli esperti, ma allo stesso tempo dobbiamo salvaguardare anche il diritto al lavoro e le piccole imprese, che da questa pandemia sono state fortemente penalizzate”.
Cambiare il decreto o… l’Esercito
Che fare? Secondo l’Ufficio studi della Cgia, “per risolvere questa situazione il Governo ha due possibilità: stabilire che il green pass si ottiene solo attraverso l’inoculazione del vaccino, eliminando così il problema dell’impossibilità di fare i tamponi a tutti; o mobilitare l’Esercito, la Protezione civile o non sappiamo chi altro, affinché vengano diffuse su tutto il territorio nazionale delle unità mobili in grado di fare i test, garantendo così a tutti il diritto di conseguire, ancorché temporaneamente, il certificato verde”.
Dove sono i no vax
“Dati puntuali sul numero di lavoratori non vaccinati non ce ne sono”, prosegue il report della Cgia. “Gli unici disponibili sono di fonte della Presidenza del Consiglio e fotografano il numero di persone non ancora vaccinate all’8 ottobre scorso nella fascia di età tra i 20 e i 59 anni. Coorte che include la stragrande maggioranza dei lavoratori presenti nel Paese”.
Ovviamente “tra queste persone sono inclusi anche i disoccupati e gli inattivi. La regione più no vax è la Sicilia, la percentuale è pari al 24,3% ed è costituita da 625.565 persone non vaccinate. Seguono la Calabria con una tasso del 23,4% (226.745); la Provincia Autonoma di Bolzano con il 22,7% (63.570); la Valle d’Aosta con il 21% (13.017) e le Marche con il 20,4 (156.724)”. Le situazioni più virtuose, invece, “si riscontrano in Lombardia (14,3 di non vaccinati); nel Lazio (14,2%) e in Toscana (13,8%)”.
Tra le quattro macro aree del Paese “è il Sud a presentare il più alto numero di non vaccinati (2.143.769 pari al 20% del totale della popolazione tra i 20 e i 59 anni). In Italia, infine, i no vax in età lavorativa sono 5.432.118, pari al 17,4% della coorte 20-59 anni”, conclude la Cgia.
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