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Massimo Galli, primario del Sacco: il coronavirus è come uno tsunami per il sistema sanitario

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Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano è preoccupato per il notevole aumento dei casi di coronavirus. Questa impennata “è l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme”. Un’emergenza per l’organizzazione sanitaria che il professore in prima linea contro il Covid-19 analizza in un’intervista rilasciata a Margherita De Bac e pubblicata da corriere.it.

“È accaduto quello che molti di noi temevano e speravano non accadesse”, afferma Galli. “Il virus ha dimostrato di aver eluso i criteri di sorveglianza. L’epidemia ha a tutti gli effetti conquistato una parte d’Italia. Ci troviamo a dover gestire una grande quantità di malati con quadri clinici importanti. Sta succedendo qualcosa di grave, non soltanto da noi ma anche in Germania e Francia, che potrebbero ritrovarsi presto nelle nostre stesse condizioni e non glielo auguro. Stiamo trattando una marea montante di pazienti impegnativi”.

Coronavirus in azione da tempo

I quadri clinici gravi, prosegue Galli, “non fanno pensare che l’infezione sia recente. È verosimile che i ricoverati abbiamo alle spalle dalle due alle quattro settimane di tempo intercorso dal momento in cui hanno preso il virus allo sviluppo di sintomi molto seri, dalla semplice necessità di aiutarli con l’ossigeno fino a doverli assistere completamente nella respirazione”.

Non è un’influenza

Poi il primario si sofferma sul paragone fatto da alcuni tra coronavirus e influenza. “Chi ha cercato di infondere tranquillità, e li capisco, non ha considerato le potenzialità di questo virus. In 42 anni di professione non ho mai visto un’influenza capace di stravolgere l’attività dei reparti di malattie infettive. La situazione è francamente emergenziale dal punto di vista dell’organizzazione sanitaria. È l’equivalente dello tsunami per numero di pazienti con patologie importanti ricoverati tutti insieme”.
Per spiegare la situazione in pratica Galli descrive la giornata di venerdì scorso, “prima che arrivasse la nuova ondata di casi. In Lombardia erano 85 i posti letto occupati da malati intubati con diagnosi di Covid-19, una fetta molto importante di quelli disponibili. Per non contare il rischio di contagio al quale sono esposti gli operatori. Un carico di lavoro abnorme”.

 Continuare con le restrizioni

Analizzando le misure prese dal governo sul piano sanitario, secondo Galli “è stato fatto tutto ciò che era possibile e adesso bisogna continuare con le restrizioni, cercando di evitare il più possibile l’affollamento. Purtroppo il virus è entrato in Italia prima che si cominciasse a ostruirgli la strada con la chiusura dei voli dalla Cina. La penetrazione nel nostro Paese è precedente, circolava già prima della fine di gennaio anche a giudicare dall’impennata di questi ultimi giorni. Sono tutti contagi vecchi per la maggior parte. Risalgono agli inizi di febbraio, qualcuno anche a prima”.

Coronavirus, malattia lenta

Galli prosegue spiegando che il Covid-19 infatti “ha più fasi e si esprime nella sua massima gravità anche a 7-10 giorni dalla comparsa dei primi sintomi. È molto probabile che dietro tutti i pazienti gravi ce ne siano altrettanti infetti ma meno gravi. Per usare un termine tipico dell’epidemiologia, questa è solo la punta dell’iceberg. Anche la migliore organizzazione sanitaria del mondo, e noi siamo tra queste, rischia di non reggere un tale impatto”.

Perché al Nord

Per il primario del Sacco sul piano territoriale la diffusione di coronavirus “poteva capitare ovunque e non ci sarebbe stata differenza. Qualcuno, forse una sola persona, è arrivato a Codogno e ha sparso l’infezione senza che ce ne accorgessimo. Un fenomeno casuale con l’aggravante che il focolaio è partito in ospedale. Mi auguro che non accada di nuovo quello che è successo in Lombardia dove un paziente infetto si è presentato al Pronto soccorso e non è stato riconosciuto perché i criteri di classificazione dei sospetti dettati dall’Organizzazione mondiale della sanità erano già superati. Credo che grazie a questo precedente gli ospedali siano allertati”.

Galli, la previsione

Infine, il professore, sollecitato a fare una previsione sull’evoluzione del coronavirus, risponde affermando che “la maggior parte dei malati guariscono ma ce ne sono tanti, troppi, da assistere. Le aree metropolitane finora sono rimaste fuori dalla zona rossa e speriamo restino così”.

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