Pensione a 67 anni: chi resterà fuori dall’adeguamento previsto dalla legge Fornero? I tempi per decidere sono stretti. Il 13 novembre tra governo e sindacati saranno discusse le categorie di lavoratori che anche dopo il 2018 potrebbero continuare ad avere accesso alla pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi e non passare a 67. E dopo la serie di incontri che inizieranno martedì, si capirà se l’eventuale correzione riguarderà anche chi ha accesso alla pensione anticipata. E che quindi potrebbe mantenere gli attuali 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi per le donne) e non passare alla nuova soglia fissata dall’adeguamento a 43 anni e 3 mesi (42 anni e 3 mesi per le donne).
Pensione a 67 anni e lavori gravosi
La discussione ai tavoli tecnici è aperta soprattutto sui cosiddetti lavori gravosi, come definiti dall’ultima legge di Bilancio e che riguardano 11 tipi di professione:
- Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici;
- conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni;
- conciatori di pelli e di pellicce;
- conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante;
- conduttori di mezzi pesanti e camion;
- personale delle professioni sanitarie infermieristiche e ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni;
- addetti all’assistenza di persone in condizioni di non autosufficienza;
- insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido;
- facchini, addetti allo spostamento merci e assimilati;
- personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia;
- operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti.
Ma sul tavolo ci sarebbero anche altre attività lavorative pesanti per le quali si potrebbe aprire la possibilità di non subire l’adeguamento a 67 anni, come per esempio nel caso dei braccianti agricoli. In totale, la platea dei lavoratori coinvolti dall’esenzione non dovrebbe comunque superare le 15mila persone.
Le spinte elettorali
È chiaro invece che sul no totale alla pensione a 67 anni ci sia il rischio di fare il passo più lungo della gamba. Secondo l’Inps un mancato adeguamento complessivo ci costerebbe 140 miliardi di euro, ha ricordato il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, contrario al rinvio del provvedimento. Tuttavia le pressioni crescono, soprattutto sulla spinta dell’imminente campagna elettorale. Il Partito democratico per esempio vuole spostare in avanti lo scatto, lasciandone di fatto la responsabilità al prossimo governo.
Il no del Governo
Il premier Paolo Gentiloni, favorevole a discutere sulle deroghe, frena sul rinvio: “Non credo sia la strada. Ci può costare in Europa”. Gli ha fatto eco il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “l’adeguamento rimane confermato e rimane un pilastro del meccanismo previdenziale”. Con i sindacati, ha spiegato il ministro, “verrà considerata la possibilità di modificare e migliorare i meccanismi che attualmente determinano la cadenza dell’età pensionabile. Sotto il vincolo che eventuali modifiche non intacchino la sostenibilità del sistema previdenziale che è un pilastro della sostenibilità finanziaria del Paese”.
Le pressioni sindacali
Ma d’altro canto i sindacati sono in fibrillazione e rilanciano. Così il 13 novembre vogliono prendere la palla al balzo anche per discutere di altro. “Sarà un tavolo tecnico ma anche un tavolo di verifica politica“, ha affermato la Segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. “E tireremo le fila anche di altri punti importanti. Come il tema di una pensione dignitosa per i giovani, il silenzio-assenso per la previdenza complementare e i lavori di cura”.
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