La spesa pubblica continua a crescere. L’aumento supera i tagli previsti dal Governo e a pagare gran parte del conto sono le famiglie italiane. Alla fine del 2017 la spending review avrà permesso, a partire dal 2013, un risparmio di 30,4 miliardi di euro, spiega un report della Cgia di Mestre. Ma al netto degli interessi sul debito pubblico, le uscite correnti arriveranno a quota 31,8 miliardi, superando i tagli di 1,4 miliardi.
Spesa pubblica: ultime scelte senza copertura sufficiente
“Le uscite correnti al netto degli interessi continuano ad aumentare“, afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo. “In particolare a causa della spesa pensionistica e delle prestazioni sociali. In una fase di crisi economica l’incremento delle misure a sostegno del reddito di chi si trova in difficoltà è più che giustificabile. Ma lo è molto meno quello per le pensioni. Con l’ultima Legge di bilancio, ad esempio, è stata estesa la 14ª mensilità per i pensionati a basso reddito. È stata innalzata la no tax area Irpef per gli under 74. E sono state aperte delle finestre in uscita attraverso l’Ape. Misure che in larga parte non prevedono una copertura finanziaria sufficiente”.
Cura dimagrante per regioni ed enti locali
I tagli invece sono stati caricati soprattutto su regioni ed enti locali. Infatti, dei 30,4 miliardi di riduzione dell’indebitamento netto il 54,1% è stato “girato” sui loro bilanci, per un ammontare di 16,4 miliardi. Ma come hanno fatto regioni, provincie e comuni ad assorbire il colpo, senza aumentare le tasse locali come richiesto obbligatoriamente dal governo? Non c’è stata altra via che un taglio dei servizi, accompagnato da un aumento delle tariffe. “Per loro natura – spiega la Cgia – non contribuiscono ad appesantire la pressione fiscale. Anche se hanno un impatto molto negativo sui bilanci di famiglie e imprese”.
Tariffe alle stelle
Tra il 2013 e il 2016 secondo la Cgia l’andamento delle tariffe regolamentate a livello locale sono aumentate in misura spesso ingiustificata. Le bollette di acqua e fognatura sono al primo posto con un balzo del 20%. I servizi di raccolta dei rifiuti hanno fatto segnare un aumento dell’8,4%. I trasporti multimodali passeggeri sono cresciuti del 5,5%. L’iscrizione alle scuole secondarie ha messo a segno un incremento del 5,1% e le mense scolastiche del 4,2%. I biglietti dell’autobus sono aumentati del 3%; i costi dei taxi del 2,8%. E l’inflazione? Praticamente non si è mossa, visto che in questo triennio è aumentata solo dello 0,2%.
Le previsioni sulla spesa pubblica fino al 2020
Tra il 2017 e il 2020, stavolta secondo Unimpresa, le uscite correnti saliranno di 45,6 miliardi (+5,9%). E questo in base al documento di economia e finanza, approvato dal Consiglio dei Ministri il mese scorso. Dai 771,9 miliardi del 2016 si arriverà progressivamente agli 817,5 miliardi del 2020. Ne serviranno 26 (+10%) per sostenere la spesa pensionistica. Oltre 8 miliardi (+11%) saranno necessari per la copertura delle prestazioni sociali e 2,6 (+1,6%) per gli stipendi dei dipendenti pubblici. Mentre quasi 4 miliardi (+3%) saranno iscritti alla voce forniture e servizi. Ma non è finita qui. La spesa per gli interessi sul debito aumenterà di 4,8 miliardi (+7%) e la sanità subirà un aumento di 6 miliardi (+5%). “La spesa pubblica andrebbe tagliata seriamente”, ha commentato il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. “Dalla lotta agli sprechi, che continuano a pesare sulla fiscalità generale, possono essere trovate le risorse per ridurre il peso delle tasse sulle famiglie e sulle imprese”.
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