Economia

Fusione Camera di Commercio: a Piacenza quattro associazioni ricorrono al Tar

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Palazzo del Governatore, sede della Camera di Commercio di Piacenza

Fusione Camera di Commercio: quattro associazioni piacentine, Confcommercio, Confindustria, Libera Artigiani e Unione Provinciale Artigiani dicono no. E sul filo di lana decidono di ricorre al Tar a seguito del disapparentamento di Reggio Emilia; una scelta, quella di Reggio, che ha fatto saltare l’accordo sottoscritto nel 2018 con Parma e Piacenza, rimettendo così tutte le decisioni nelle mani della Regione Emilia-Romagna.

L’accordo a tre

Perché Reggio ha fatto saltare il banco? Semplice: nella nuova Camera di Commercio dell’Emilia, la sesta in Italia per dimensioni, non voleva rischiare di essere messa in minoranza in caso di un’alleanza tra Parma e Piacenza. L’accordo a tre prevedeva infatti un consiglio generale paritetico, con 10 rappresentanti per ogni provincia, e una giunta composta da 7 membri (3 a Reggio, 2 a testa per Parma e Piacenza) più un presidente a rotazione, che al primo mandato sarebbe spettato a Reggio. In giunta, grazie al doppio voto del presidente, inizialmente si sarebbe garantita una governance solitaria; ma in caso di attriti con Parma e Piacenza, avrebbe corso il rischio di essere messa in minoranza nel Consiglio generale. Di fatto Reggio è la Camera di Commercio maggiore delle tre. Così, a questo punto meglio stracciare l’accordo e chiedere alla Regione di conteggiare consiglieri e membri di giunta in proporzione ai dati camerali del 2017, certa di avere la maggioranza in entrambi gli organi della nuova Camera di COmmercio dell’Emilia.

Gli obiettivi del ricorso

Con il ricorso al Tar le quattro realtà piacentine, che non hanno trovato il sostegno locale di Cna, Confcooperative e Confesercenti, consolidano la posizione di tutte le associazioni di Parma. Insieme metteranno in mora le decisioni della Regione a favore di Reggio. E in caso il Tar di Bologna desse ragione ai ricorrenti, l’Ente di viale Aldo Moro dovrebbe procedere a una nuova ridistribuzione dei pesi nella Camera dell’Emilia riferiti stavolta ai dati del 2021. Si aprirebbero così ben altri scenari. Ma soprattutto a quel punto si riaprirebbero le trattative per arrivare a una soluzione capace di garantire che nessuna delle tre Camere di Commercio da sola possa avere la maggioranza nella nuova realtà e condizionare il futuro delle attività economiche negli altri territori.

La nota di Piacenza

Vediamo allora il comunicato delle associazioni piacentine, che vi riproponiamo integralmente, dove ribadiscono il principio di equa dignità tra i territori, in grado di garantire il corretto funzionamento della Camera di Commercio dell’Emilia.

«Confindustria Piacenza, Libera Associazione Artigiani, Unione Provinciale Commercianti – Confcommercio e Unione Provinciale Artigiani – Upa Federimpresa continuano a sostenere che un accordo tra Piacenza, Parma e Reggio Emilia rappresenti l’unica soluzione in grado di portare alla nascita di una CCIAA dalla stabilità e capacità di intervento che soddisfino le aspettative dei singoli territori.

Le associazioni economiche piacentine – preso atto del disapparentamento di Reggio Emilia e della mancata concretizzazione di un percorso di mediazione costantemente tentato nelle ultime settimane – ritengono sia necessario ripristinare lo spirito che era alla base del primo accordo condiviso da tutte le province nel 2018. Quest’ultimo prevede il ritorno alla visione comune tra province che aveva portato Piacenza a sottoscrivere gli accordi, alla base dei quali vi era il principio di equa dignità dei territori, la rappresentanza paritaria nel Consiglio Camerale e un meccanismo di contrappesi che evitasse la concentrazione della governance dell’ente nelle mani di una singola provincia.

Il venir meno di queste condizioni e la persistenza dello stallo tra le parti, ha portato le categorie piacentine scriventi a scegliere la strada del ricorso presso il Tar dell’Emilia-Romagna, volto a far uscire le trattative dall’impasse ed evolvere il percorso di fusione tra le tre Camere di Commercio. Le categorie piacentine, oltre ai principi ormai disattesi sui quali si fondavano accordo e accorpamento, richiedono altresì l’aggiornamento dei numeri dei settori che rappresentano la realtà economica dei singoli territori. Fare riferimento ai dati risalenti al 2017 è alquanto irrituale, dato che sono stati ampiamente superati dagli eventi e ormai inattuali, considerata anche la straordinarietà e l’emergenza vissuta negli ultimi tre anni che, come ben noto, hanno impattato notevolmente su aziende e sistema economico in generale».

 

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