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Letta e Meloni: ma se dopo le elezioni nascesse un governo rosso-nero?

Letta e Meloni: un governo rosso-nero, di larghe intese, con la partecipazione di Fratelli d’Italia e Partito democratico è davvero così improbabile? Dopo quelli giallo-verde (Movimento 5 stelle e Lega), giallo-rosso (M5s e Pd) e l’esecutivo “tutti dentro” a sostegno di Mario Draghi che ha escluso solo FdI, l’ipotesi fa capolino e si rafforza nel dibattito sul dopo elezioni, cioè su quanto potrebbe accadere dal 25 settembre in poi dalle parti del Quirinale.

Tensioni e programmi

Da dove si parte? Al di là della crisi internazionale, soprattutto dalle tensioni già ben evidenti che emergono tra i leader della coalizione di centrodestra in campagna elettorale. E quindi dal fatto che in caso di vittoria un esecutivo Meloni, Salvini, Berlusconi, potrebbe durare pochi mesi. Di un governo rosso-nero, ne parla per esempio l’agenzia Dire, ben inserita nei salotti della politica romana. Indiscrezioni a parte, per avvalorare questa tesi ha messo a confronto i programmi elettorali dei partiti di Letta e Meloni, che dai sondaggi si avvicinano insieme al 50% delle intenzioni di voto.

I programmi dei due partiti apparentemente sono inconciliabili, ma in realtà nascondono diversi punti in comune, dalla politica estera a quella economica. Se si escludono i temi più identitari (dalla cittadinanza al riconoscimento dei diritti), sugli asset fondamentali di governo Pd e FdI convergono più di quanto avvenga tra Pd e M5s da una parte, o tra FdI e Lega dall’altra.

Nato, Ucraina ed economia

Un esempio? L’atlantismo, con al centro la Nato, e il sostegno convinto all’Ucraina non sono messi in discussione, né da Letta né da Meloni, che su questo hanno una posizione molto più risoluta rispetto a Salvini e Conte.

Quanto alla politica economica, prendiamo il dibattito di queste ore sullo scostamento di bilancio per affrontare la crisi energetica. Per Letta e Meloni non si deve fare, per M5s e Lega sì. Insomma, Pd e FdI vogliono i conti in ordine. E sempre a proposito di temi caldi, c’è da notare anche la convergenza su un capitolo spinoso come quello del rigassificatore di Piombino.

Il nodo del presidenzialismo

Infine, veniamo alla più improbabile delle sintonie, quella sul presidenzialismo. È vero che Letta ora è su posizioni differenti, ma in passato, l’elezione diretta del presidente della Repubblica non gli era affatto sgradita. Bisogna andare un po’ indietro nel tempo per ripescare le parole di Romano Prodi secondo cui, il semipresidenzialismo alla francese sarebbe “l’unica via di salvezza per un Paese che ha bisogno di prendere decisioni per uscire dalla paralisi”.

Una posizione che aveva trovato il favore dell’allora presidente del Consiglio Enrico Letta. Per una parte consistente del Pd, il semi-presidenzialismo si può fare a patto che sia accompagnato dal sistema elettorale a doppio turno. Guarda caso un’ipotesi molto simile alla proposta che il partito di Giorgia Meloni ha depositato alla Camera e al Senato in questa legislatura.

Solo fantapolitica?

Forse sono solo suggestioni, ipotesi oggi da fantapolitica, ma dal voto del 25 settembre come abbiamo detto, Letta e Meloni potrebbero uscire con il 50% circa dei seggi in Parlamento; e a quel punto stringere un patto per le riforme. Del resto, alla vigilia del voto nel 2018 si dava per impossibile anche un esecutivo tra M5s e Lega, ma poi l’hanno fatto. E a questo è seguito anche un governo con Pd e Lega seduti fianco a fianco.

Dunque, se il probabile governo di centrodestra andasse in crisi, perché escludere FdI da un esecutivo di responsabilità nazionale al fianco del Pd? “Si tratta di un’ipotesi fantasiosa ma la politica è ormai l’arte dell’impossibile e tutto può verificarsi”, risponde all’agenzia Dire il deputato di Azione, Osvaldo Napoli, ex democristiano, poi stretto collaboratore di Berlusconi, ora nella compagine di Carlo Calenda.

“È innegabile che nei loro programmi ci siano molti punti in comune. Sarebbe la fine di un’epoca. Non solo del bipolarismo in sé, ma della storia dell’Italia post-fascista. In sintesi si tratterebbe di un accordo che avrebbe come finalità il potere per il potere“, aggiunge Napoli.

Le conseguenze più vistose si avrebbero sul Pd. “Letta pur di non perdere i voti a sinistra si è alleato con Fratoianni, rompendo l’alleanza con Calenda. Dovrebbe spiegare ai suoi elettori di essersi alleato con i post fascisti; non glielo perdonerebbero”, conclude Napoli. Ma intanto, per l’ennesima volta il Pd tornerebbe al governo dopo una sconfitta elettorale…

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