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Operazione Minefield: a Reggio Emilia nuovi arresti della Guardia di Finanza

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Operazione Minefield: nuovi arresti a Reggio Emilia per usura ed estorsione aggravata. La scorsa notte i Finanzieri del Comando provinciale, nell’ambito di un’articolata e complessa attività investigativa, coordinata dalla Procura della Repubblica emiliana diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci, hanno dato esecuzione a tre misure di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti indagati e già colpiti da provvedimenti restrittivi sempre in riferimento all’operazione Minefield.

Le tre misure cautelari personali, spiega una nota della Guardia di Finanza, sono state eseguite dai militari del Corpo di Reggio Emilia nei confronti di due soggetti di origine calabrese, già posti al vertice del sodalizio criminale emerso dall’operazione Minefield, e nel cui interesse hanno operato con estorsioni e minacce altri tre soggetti che, lo scorso 10 agosto, sono stati destinatari di altrettanti provvedimenti di “fermo”, a seguito delle dichiarazioni di un imprenditore, che ha riferito agli inquirenti di essere stato inserito in un meccanismo criminale e di aver subito diverse richieste di denaro, sia a carattere estorsivo sia usurario, da diversi soggetti.
Le minacce più gravi sarebbero state effettuate da un giovane calabrese, figlio di un condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso del processo Aemilia.

L’imprenditore locale

È stato arrestato anche un noto imprenditore locale (al momento del fermo si trovava in provincia di Taranto), gravemente indiziato di aver commesso reati di usura ed estorsione aggravata, avendo peraltro riscosso crediti usurari di elevato importo, fatti contrarre all’imprenditore di origine campana, in evidenti difficoltà economiche, soggetto a minacce e violenze. Lo stesso imprenditore era già emerso nell’ambito dell’operazione Minefield per aver posto in essere reati tributari legati all’utilizzo ed all’emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Le attività d’indagine hanno fatto emergere come i predetti imprenditori calabresi avrebbero sollecitato la riscossione illecita dei crediti, derivanti dai delitti già posti in essere dell’associazione per delinquere emersa nell’ambito dell’operazione Minefield, violando le prescrizioni del divieto comunicativo, loro imposte durante la precedente applicazione della misura degli arresti domiciliari; nel loro interesse avrebbero operato sul territorio reggiano anche ulteriori tre soggetti, contigui agli ambienti della criminalità organizzata, già arrestati lo scorso 10 agosto (durante l’esecuzione di una mirata attività di polizia giudiziaria, condotta unitamente alla Squadra Mobile di Reggio Emilia e al locale Comando provinciale dei Carabinieri), a seguito di condotte estorsive e minacce nei confronti del già menzionato imprenditore campano.

L’operazione Minefield

A riguardo, prosegue la nota della Guardia di Finanza, si evidenzia che l’operazione Minefield dello scorso febbraio aveva consentito di individuare un’associazione per delinquere costituita da soggetti originari di Cutro, professionisti calabresi e campani (ragionieri e commercialisti), nonché soggetti nativi di Reggio Emilia ed altri di origine pugliese (della provincia di Foggia) che, attraverso un reticolo di “società cartiere”, ha gestito un imponente giro d’affari (stimabile in oltre 30 milioni di euro) nel settore delle prestazioni di servizi, quali, ad esempio, mestieri di pulizie, cantieristica e manodopera, in ambienti contigui alla criminalità organizzata.

Da qui, l’importanza dell’azione “capillare e chirurgica” del Corpo, posta in essere a contrasto della criminalità organizzata ed economico-finanziaria e diretta ad impedire l’ingresso, sotto qualsiasi forma, degli interessi criminali nell’economia legale e a salvaguardare la correttezza del mercato e il rispetto della concorrenza leale, a tutela del rapporto di fiducia tra cittadini e Stato, conclude la nota della Guardia di Finanza.

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