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Acqua: per 920 milioni di persone non è potabile. E l’Italia ne spreca troppa

Quando si parla di acqua i dati sullo spreco e la carenza di questo bene sono sempre impressionanti. E di conseguenza dire che bisogna averne cura, che non bisogna inquinarla, mette tutti d’accordo. Ma dopo le frasi di rito, l’indignazione del momento, molti se ne dimenticano. E tornano a trattare l’acqua come qualcosa che non vale niente. Allora è meglio lasciar parlare i numeri, che più di qualsiasi sermone possono far cambiare atteggiamento.

Senza acqua potabile il 12% della popolazione mondiale 

Il 22 marzo è la giornata mondiale dell’acqua. E il World Water Council, il Consiglio mondiale dell’acqua, snocciola i dati su un problema di dimensioni drammatiche. Nel mondo le persone che non hanno a disposizione acqua potabile sicura sono 923 milioni (circa il 12% della popolazione mondiale). In Asia sono 554 milioni (pari al 12,5 % della popolazione). Nell’Africa Sub-Sahariana gli abitanti in questa situazione sono 319 milioni (32%), mentre i sudamericani sono “solo” 50 milioni (8%). Disaggregando i dati per Paese, a Papua Nuova Guinea solo il 40% della popolazione ha accesso ad acqua pulita. Seguono Guinea Equatoriale (48%), Angola (49%), Ciad e Mozambico (entrambi al 51%), Repubblica Democratica del Congo e Madagascar (52%), Afganistan (55%).

Costi esorbitanti

Nel mondo ogni anno muoiono 3,5 milioni di persone per malattie collegate all’acqua. E il costo complessivo di questo problema è valutato, sempre su base annua, in 500 miliardi di dollari. Che aumentano del 50%, se si aggiungono le questioni di tipo ambientale, arrivando a un punto percentuale del Pil del pianeta (oltre 77mila miliardi di dollari). 

Gli sprechi italiani

E noi come siamo messi? Lo spiega l’Ispra nel “XII Rapporto qualità dell’ambiente urbano”. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia sprechiamo il 35,4% dell’acqua immessa nelle reti idriche di 116 città. A Cosenza si arriva a perdite del 76,9%, a Frosinone siamo al 71,9% e a Tempio Pausania al 68,6%. Le più virtuose sono invece Macerata con il 6,6%, Udine (8,8%) e Mantova (9,6%). Se lasciamo la provincia il quadro resta piuttosto negativo. Roma spreca il 42,9% delle risorse idriche (196 litri per abitante al giorno) e Napoli il 34,3% (133,2). Torino ne butta il 24,6% (99,4) e Milano il 12,2% (55,2).

 Consumi in calo

L’elemento positivo è che intanto il consumo d’acqua in Italia è calato. Nel 2015 ogni giorno abbiamo utilizzato 162,4 litri a testa con una riduzione dell’8,4% rispetto al 2012. Tra i capoluoghi, la maggior diminuzione è stata a Massa (-36%). Monza invece è andata in contro tendenza con un aumento dei consumi del 69% e cioè 230,4 litri per abitante al giorno. Sopra i 190 litri/giorno ci sono Sondrio, Pavia, Milano, Lodi, Viterbo, Torino, Catanzaro e Bergamo. Roma è a 181 litri/giorno e Napoli a 155. Invece Arezzo, Tempio Pausania, Agrigento, Caltanissetta, Sassari, Cosenza, Lanusei, Andria e Reggio Emilia sono tutte sotto i 120 litri/giorno per abitante. Vibo Valentia, con 98,4 litri, è la più virtuosa. Insomma, forse siamo diventati un po’ più bravi, perché siamo più consapevoli del valore dell’acqua. Abbiamo elettrodomestici che ne consumano meno. O semplicemente usiamo il riduttore sui rubinetti. Ma la questione non finisce qui.

Il problema qualità

Le perdite della rete idrica sono un problema grave anche sotto il profilo sanitario. Il calo di pressione nelle reti dovuto alle perdite, spiega L’Ispra, può provocare l’infiltrazione di detriti e liquami. E ad aggravarlo si aggiungono altri inquinanti come i pesticidi. Se ne possono trovare sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee. Da un esame che ha riguardato 54 capoluoghi per un totale di 160 punti di monitoraggio, è emerso che il 16,2% dei siti (26 stazioni) ha livelli di concentrazione superiore ai limiti ambientali in 18 città. Nelle acque superficiali sono stati segnalati campioni contaminati a Pistoia (in 3 punti di monitoraggio) e a Cremona (in 2 punti). Ma anche a Biella, Como, Lecco, Milano, Bergamo, Brescia, Pavia, Mantova, Parma, Ravenna, Pisa, Arezzo e Rieti. Per le acque sotterranee a Milano sono stati rilevati campioni contaminati in 11 punti, a Ragusa in 5, a Brescia e Pordenone in 3, a Ferrara in 2.

Tempi lunghi per i pesticidi

Quello dei pesticidi è un problema lungo da risolvere, come spiega l’Ispra nel rapporto “Sostenibilità ambientale dell’uso dei pesticidi – il Bacino del Po”. Alcuni pesticidi infatti sono ancora presenti nelle acque superficiali e sotterranee italiane. E questo nonostante il loro utilizzo sia vietato da decenni. “L’atrazina, ad esempio, bandita da 25 anni, è ancora rilevata, anche se in basse concentrazioni, nei fiumi e nelle acque sotterranee. Ci vogliono 8 anni affinché la concentrazione della sostanza nel fiume Po si dimezzi”. Nelle acque sotterranee del Bacino, invece, “l’atrazina rimane stabile e a livelli circa 4 volte più alti rispetto ai corsi d’acqua”. Il motivo? “Nelle acque sotterranee vengono a mancare quasi del tutto i meccanismi di degradazione. E la concentrazione evolve con i tempi di ricambio estremamente lenti delle falde”.

 

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