
La grande kermesse del Guercino a Piacenza continua. Fino al 4 giugno è possibile vedere gli splendidi dipinti provenienti da importanti pinacoteche italiane in mostra a palazzo Farnese. Ma stavolta la nostra attenzione è rivolta alla salita fino alla cupola del Duomo per vedere da vicino gli spettacolari affreschi del maestro di Cento. Ecco la cronaca della nostra visita.
Come Quasimodo
La scalata nella pancia della Cattedrale, che si potrà fare fino al 4 luglio, si contrappone all’accurata ma asettica mostra del Farnese. Si sale penetrando nelle pareti della chiesa matrice, cioè della madre di tutte le chiese della diocesi. Cunicoli larghi al massimo mezzo metro che si inerpicano all’interno dei muri possenti in laterizio e pietra arenaria. Sì, perfettamente illuminati ma adatti più al Quasimodo di Victor Hugo che ai turisti. Eppure c’è la fila, ordinata, costante. Di qui sono passati in 100mila in tre mesi dall’apertura della mostra piacentina.
Hi-tech istruttivo e di qualità
Si inizia dalla cappella di San Martino e si circumnaviga l’altare maggiore. Prima sorpresa, poter vedere finalmente da vicino il fantastico polittico di legno policromo opera di Antonio Burlengo e Bartolomeo da Groppallo, risalente al 1476. È il biglietto da visita della Cattedrale. Il centro focale che attira lo sguardo di ogni visitatore appena mette piede in Duomo. Illuminato e splendente d’oro durante le messe di Natale. Un santo Graal sempre visto da decine di metri di distanza, lassù, dietro all’altare, inavvicinabile. E oggi l’ho toccato, timidamente, con la mano. Poi, si entra nella sacrestia nella quale, oltre a 4 documenti che testimoniano l’incarico della cupola al Guercino, su uno schermo semicircolare è proiettato un breve documentario sulla cupola, sul Guercino stesso e sulla tecnica dell’affresco. Splendido il contributo multimediale di Marco Stucchi, ottima introduzione a quello che si sta per vedere. Prevaricante? No, discreto ed esauriente biglietto da visita dell’intera mostra. Direi più indispensabile, dato che pochissimi turisti sono esperti di pittura e meno ancora di Guercino.
La parola al Maestro
Si torna alla biglietteria per iniziare la salita: la porta è stretta e bassa, le scale anguste ma ben segnalate e molto ben illuminate. Dopo la prima salita ci si può affacciare dai matronei, a 14 metri di altezza sulla navata. Si arriva sulle volte della navata sinistra. Mostruose poppe grige, naturali e congruenti per una Chiesa Madre. Secondo contributo multimediale: stavolta è il Guercino in persona che ti parla. E ti spiega la cupola, le sibille, il mistero dell’Incarnazione, l’attenzione rivolta alla Madonna in quanto Madre di Dio, i profeti che l’avevano annunciata.
Panorama mozzafiato
E si sale ancora fino ad una saletta lignea dalla quale si accede al sommo. Da una parte la cupola, dall’altra la fascinosa croce della facciata del Duomo. La vista si perde sulla città. Davanti, come una ferita, si apre la Strada Dritta, via XX Settembre. Sulla destra, la mole massiccia del Farnese. Davanti, gli archi rampanti di San Francesco, dai quali occhieggiano i merli a coda di rondine del Gotico. A sinistra, i tiburi quasi gemelli di San Vincenzo e di Sant’Agostino. Sul fondo, all’orizzonte, le colline che sembrano a portata di mano. Una visione che abbraccia tutta la città. E che non si vorrebbe mai abbandonare. L’infilata dei tetti tutti differenti e tutti uguali, le orgogliose altane dei palazzi nobiliari, i campanili. Alle spalle altri piacentini riconoscono San Pietro, San Sisto, la torre esagonale di Sant’Antonino e li indicano felici.
La cupola delle meraviglie
Poi la meraviglia della cupola che si accende poco per volta e mostra con discrezione la mano del Maestro. Le sibille sono una rivelazione, bellezze moderne, sguardi alteri, abiti sontuosi perfettamente realizzati nei dettagli. Quasi una sfilata di moda barocca. Possenti i profeti che con la loro fisicità prorompente riempiono gli spicchi della volta, a 27 metri sopra l’altare maggiore, mai visti prima. Delicate e quasi degne dell’Angelico le lunette che rappresentano l’annuncio ai pastori, la fuga in Egitto, la presentazione al Tempio e l’adorazione dei pastori. A nessuno è venuto in mente che il Guercino ha lavorato per due anni pensando che, probabilmente, la cupola non sarebbe mai stata vista da nessuno. È buia, lontana. Mai avrebbe pensato che l’invenzione della luce elettrica, secoli dopo, avrebbe svelato i più minimi dettagli delle sue pennellate. Eppure, anche lavorando alle luci delle torce e delle candele, ha cesellato con l’animo del miniaturista. Quando si osservano i dipinti in alta definizione non un dettaglio ti lascia deluso.
Gentilezza e una piccola critica
Inizia la discesa. In qualche punto gli allestitori hanno inserito protezioni di gommapiuma per evitare testate indesiderate su stipiti particolarmente bassi. È più l’impressione che la reale difficoltà. Assieme a me c’erano signore con problemi ai piedi e un avvocato ottantenne che non hanno battuto ciglio. Anzi, a volte si fermavano pensando che fossi io in difficoltà! Eccellenti, informate, cortesi, spigliate, premurose le guide. Deludente il book shop. Oltralpe avrebbero inscenato un bric à brac ai limiti dell’oscenità, come si vede in quasi tutte le cattedrali francesi. Qui siamo modesti: due volumi sul Guercino, nessuna guida del Duomo (ce ne sarebbero di belline, semmai da ristampare con immagini più accattivanti). E poi due calamite da frigo, due matite. Punto. Estremo rispetto per l’ambiente sacro? Paura di investire qualche centinaio di euro e di non vederne il ritorno economico? Animo ritroso e chiuso dei piacentini? In ogni caso, una piccola occasione mancata.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.