Tino Petrelli è stato uno dei più grandi fotoreporter del Novecento. E Piacenza gli rende omaggio con una evento da non perdere nell’ex convento di Santa Chiara. La mostra Tino Petrelli racconta l’Italia – Il Novecento di un grande fotoreporter, che viene inaugurata oggi alle 17.30 e resterà aperta fino al 28 luglio, è promossa dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano, in collaborazione con il Centro studi e archivio della comunicazione dell’Università di Parma.
Da fattorino a grande fotografo
Nato nel 1922 a Fontanfredda, in provincia di Pordenone, Valentino Petrelli, detto Tino, all’età di 15 anni aveva iniziato a lavorare come semplice fattorino all’agenzia Publifoto di Milano, dove la sua famiglia si era trasferita; un ambiente propizio per intraprendere, di lì a qualche anno, la carriera di fotografo che lo avrebbe portato a raccontare l’Italia sotto la dittatura fascista, durante la guerra e la ricostruzione; poi, il boom economico degli anni Sessanta e le tensioni sociali nei Settanta. A Piacenza, dove si era trasferito, il fotoreporter si è spento nel 2001.
Scatti che hanno fatto storia
Le fotografie di Tino Petrelli, come sottolinea il curatore della mostra Paolo Barbaro (che firma anche il catalogo) “hanno raccontato una grande parte della storia d’Italia del Novecento. Le sue sono tra le immagini più note ed efficaci del fotogiornalismo italiano e non solo, con una forza narrativa che ha pochi confronti. E poi, Tino Petrelli è stato uno dei più importanti fotografi del novecento”. Ma sono due affermazioni che non coincidono completamente. Perché, aggiunge l’esperto, “sicuramente le sue fotografie sono infinitamente più conosciute del suo nome”.
Qualche esempio? “Le partigiane a Milano; Coppi che sfreccia buttando un’occhiata al WCOPPI tracciato sulla neve; la Bianchina con i tre grandi del capitalismo in una posa scherzosa… Quasi tutti conoscono queste fotografie, molti ma molti meno il nome del loro autore, quasi come se quelle fotografie fossero nate per germinazione spontanea dai fatti, dalla Storia”, conclude Barbaro.
Promuovere ogni forma d’arte
“Con questa mostra torniamo a portare in Santa Chiara la grande fotografia”, afferma il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Roberto Reggi. “Come ente che sostiene e promuove la cultura declinata in ogni forma d’arte, il nostro compito è dare spazio a tutti i linguaggi contemporanei”. Nel caso delle immagini di Petrelli, sottolinea Reggi, “come è stato lo scorso anno con la mostra di Prospero Cravedi, abbiamo scelto di ripercorrere la storia del Novecento in un luogo, il nostro ex convento di Santa Chiara, che invita a riflettere sul passato. E che anche quest’anno si aprirà alla città ospitando una parte importante dell’estate culturale piacentina”.
Ai raggi X
Organizzata per capitoli tematici, l’esposizione in Santa Chiara propone le fotografie tratte dagli originali di proprietà della famiglia e, in una sezione a sé, una parte dei negativi che Petrelli eseguì per Publifoto Milano, conservati insieme a una porzione rilevante dell’archivio presso la Sezione Fotografia del Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. All’inaugurazione della mostra di oggi pomeriggio, oltre a Barbaro, interviene Mario Magnelli, vicepresidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano.
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