Papa Francesco rilancia il suo manifesto sociale, che ha per magna charta il Vangelo. E torna a precisare come i cristiani propongano la comunione, inconfondibile con il comunismo. L’occasione è un libro uscito lo scorso 12 aprile. “Potere e denaro. La giustizia sociale secondo Bergoglio”, è opera del giornalista e saggista Michele Zanzucchi, per l’editrice Città Nuova. Zanzucchi collabora regolarmente con il quotidiano della Cei Avvenire e insegna Linguaggi del giornalismo alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. L’autore e l’editore sono vicini al Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. “Potere e denaro” è una raccolta ragionata degli insegnamenti di Papa Francesco in campo economico, sociale e ambientale.
La prefazione di Papa Francesco
Il Pontefice in persona ha scritto la prefazione al libro dedicato al suo magistero sociale. L’introduzione è stata ripresa dalla stampa, che non poteva lasciarsi sfuggire l’occasione di associare Papa Francesco alle rivendicazioni sociali. Quasi che l’equità, il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà e soprattutto la carità non siano da sempre i cardini del magistero sociale.
Ma tant’è, al punto che Jorge Mario Bergoglio si preoccupa di ricordarlo, sul finire della prefazione. “Il mio pensiero si situa nel cammino tracciato dal ricchissimo patrimonio della dottrina sociale della Chiesa”. Aggiungendo subito, però: “Al contempo, non si sono potute tagliare le radici comunitarie del mio pensare, che affondano in particolare nella chiesa dell’America Latina”. E si è richiamato all’assemblea di Aparecida del 2007, nella quale il trittico “vedere-giudicare-agire” fu proposto come via al sociale della chiesa in quella parte del mondo.
Guerra, finanza e illegalità
Il cardine del pensiero, cioè della pastorale di Papa Francesco, in campo sociale è la pertinenza del Vangelo alle questioni economiche. Lo afferma chiaramente: poiché l’annuncio di Gesù è carità e giustizia, la Chiesa non può restare indifferente all’ingiustizia e alla sofferenza.
Parlando di sperequazioni, con la consueta schiettezza, il Papa punta il dito contro due gravi mali del mondo globalizzato. Da una parte, le guerre, che diversamente dal passato possono essere mosse molto lontano da sé, con conseguenze morali facilmente intuibili. Dall’altra, il fenomeno della finanza staccata dall’economia reale, che illude e mistifica, ma lascia sempre sul campo i più deboli. Alla cultura dello scarto, Francesco oppone quella della valorizzazione delle risorse, anzitutto ovviamente quelle umane. E, anziché il privilegio di sé, invita a coltivare dono e comunione, uniche armi a disposizione dell’esercito del bene. Senza dimenticare un altro valore molto caro a questo pontificato: la legalità. Possiamo, dobbiamo sperare: Papa Bergoglio ha terminato così la sua prefazione.
Comunismo e Scrittura
In conclusione, ci riserviamo qualche considerazione sulla tendenza ad accostare questo Papa a determinati orientamenti politici: di sinistra, s’intende. Quando non anche, scomodando direttamente un’ideologia ormai sostanzialmente chiusa nel passato, addirittura al comunismo. Riconosciamo, al netto delle deliberate provocazioni, che è prima di tutto la semantica a indurre in tentazione. È chiaro, infatti, come comunione e comunismo abbiano la medesima radice. Anche il linguaggio dei giuristi strizza l’occhio alla sovrapposizione, quando parla di “comunisti” per designare i partecipanti alla comunione.
Per non parlare, venendo all’ambito propriamente religioso, del Nuovo Testamento. “Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno”. Questo degli Atti degli Apostoli (2, 44-45) è proprio comunismo realizzato, altro che socialismo reale. Non dimentichiamo, però, che tutta la Scrittura è fatta per suscitare fede, non per fare storia o politica. E che, comunque, quella radicale solidarietà tratteggiata dall’evangelista Luca era debitrice non poco del senso di appartenenza etnica giudaica. Non per caso, il kibbutz in Israele è tuttora probabilmente l’unico esempio, su scala modesta ma significativa, di comunismo reale.
Comunione, non comunismo
Ma, per tornare al Papa e ai cristiani, non c’è pericolo di confondere comunione con comunismo. Semplicemente, perché l’una è corresponsione al dono di Dio, l’altro (storicamente) un’ideologia materialista e antireligiosa. Entrambe aspirano all’emancipazione della dignità dell’uomo, là ove essa venga offesa e umiliata. Ma la prima è rispettosa della libertà umana e della sua ambiguità inestricabile, nell’apertura al bene come al male. Il secondo è un’ideologia atea, che addita nella fede e nella religione delle fonti di alienazione. E che, soprattutto, non tollera la libertà, pretendendo di stroncarla con la rivoluzione e la dittatura.
Comunione e cristianesimo, in pratica, sono povertà senza ideologia, ma con Dio. Non sembra poco e, infatti, sono ancora vivi, a differenza del comunismo.
Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.