Papa Francesco vive un’estate di scelte difficili. Per amore o per forza, si potrebbe dire. E cioè, sotto la spinta del sentimento, ovvero della necessità. Sono queste le motivazioni degli ultimi due avvicendamenti nella Curia Romana, decisi dal Pontefice nei giorni scorsi. E che hanno scatenato commenti di tutti i tipi.
Due pezzi da 90
Il cardinale australiano George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia, è stato provvisoriamente congedato. Questo perché possa meglio difendersi da un’imputazione di pedofilia, elevata a suo carico dalle autorità del suo Paese. Il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, non è stato confermato nell’incarico, allo scadere del mandato quinquennale. Al suo posto è stato promosso l’attuale Segretario del Dicastero, lo spagnolo monsignor Ladaria Ferrer.
Pell, un addio definitivo?
Probabilmente, la sospensione di Pell si rivelerà un addio definitivo. Per due motivi: l’età del porporato, che ha compiuto 76 anni il mese scorso, e la prevedibile complessità di un processo che verte su accuse tanto gravi. In più bisogna fare i conti con il senso comune. Il marchio che imprime il sospetto di pedofilia è tale, che neanche un’assoluzione in sede giudiziaria statale riuscirebbe ad essere del tutto riabilitante.
Per Müller nessun problema d’età
La mancata conferma di Müller, che ha 69 anni, è senz’altro una novità, anche se non un inedito assoluto. E non è legata alla sua età. Solitamente, i Pontefici rinnovano negli incarichi di vertice quanti sono stati nominati dai predecessori. Unico vincolo l’anzianità. Dal Vaticano II in poi, infatti, nessun mandato ecclesiale s’intende più conferito tacitamente a vita. E tutti, a 75 o al più tardi a 80 anni, sono formalmente tenuti a presentare le dimissioni.
Affari e pedofilia
Il caso di Pell è senza dubbio più delicato, poiché in esso convergono due dei temi tra i più scottanti, che sono sul tavolo del Papato negli ultimi vent’anni: affari e pedofilia. La gestione delle finanze della Santa Sede e del Vaticano è di per sé complessa. Soprattutto per i risvolti etici che comporta nell’impatto con l’opinione pubblica. D’altra parte, quando lo stesso Francesco afferma che lo IOR è un caso e le dimissioni di rilevanti responsabili si susseguono (basti pensare a quelle di Ettore Gotti Tedeschi dalla banca, nel 2012, o di Libero Milone dall’incarico di Revisore Generale, solo qualche settimana fa), quando gli scandali montano (per tutti, valga il processo “Vatileaks 2” al duo Balda – Chaouqui) è chiaro che la situazione si fa pesante.
Più attenzione alle vittime
L’incriminazione per pedofilia peggiora le cose, perché fa cambiare loro di segno. Per Pell si tratta in parte di vecchie accuse d’insabbiamento di colpe altrui ed in parte di nuove molto più gravi, concernenti sue responsabilità dirette, in ordine ad atti sessuali che si sospettano compiuti con minorenni e risalenti agli Anni 70. In passato, l’istituzione ecclesiale ha privilegiato la tutela del proprio buon nome, a scapito della stessa protezione delle vittime, e del riconoscimento del loro dolore. Dagli ultimi anni del pontificato di San Giovanni Paolo II, la prassi canonica è radicalmente cambiata. E comunque, prima di mettere sugli scudi qualcuno che ha un passato controverso, occorre pensarci bene. Ma d’altra parte, anche la calunnia è un rischio dal quale la Chiesa deve guardarsi.
Nessun controcanto a Papa Francesco
La sostituzione di Müller potrebbe invece dover essere letta in un modo diverso, da quello cui normalmente si pensa. Infatti, Ladaria è un austero gesuita spagnolo, mite, rigoroso, e d’orientamento affatto progressista. Dunque, è probabile che non sia stata la volontà d’imprimere una svolta dottrinale la chiave di lettura dell’avvicendamento, deciso lo scorso 1° luglio. Il Prefetto dell’ex Sant’Offizio ed il Papa non hanno maturato una buona intesa personale. È chiaro che Müller non è tenuto ad avere la medesima sensibilità di Bergoglio, ma il responsabile della dottrina non può fare normalmente il controcanto pubblico al Papa. La Curia Romana è l’ente per l’esercizio vicariale dell’autorità del Papa. Così chi opera e parla dal suo interno lo fa in nome e per conto del Pontefice. Ecco perché non conviene lasciar residuare dubbi su chi sia tenuto ad adeguarsi, che in nessun caso può essere il Papa.
Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.