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Sondaggi: primo calo della Lega e i 5 Stelle continuano a soffrire

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Luigi Di Maio e Matteo Salvini

Sondaggi: prima modesta flessione della Lega, mentre continua a soffrire il Movimento 5 Stelle. Dopo i tormenti del governo giallo-verde per la presentazione della Nota di aggiornamento al Def e lo scontro con l’Europa sui parametri di bilancio, sembra che i dioscuri di palazzo Chigi paghino dazio. Lo ha sostenuto Swg nel consueto rilevamento sulle intenzioni di voto per il TgLa7 di Enrico Mentana.

Una rondine non fa primavera, però. Insieme, i partiti di Salvini e Di Maio raccolgono tuttora il gradimento del 60% degli interpellati. Il timido risveglio di Pd e Forza Italia non incoraggia ancora alcun ottimismo da parte loro. Semmai, conferma che le sorti elettorali prevedibili continuano a dipendere dalle dinamiche interne alla maggioranza. Tanto più che l’altro dato significativo della rilevazione è il calo degli indecisi (-1,2%), segno dell’incipiente polarizzazione in vista delle europee di maggio. Ma entriamo un po’ più nei dettagli del sondaggio.

Lega: prima frenata

Swg, l’istituto demoscopico diretto da Enzo Risso, dà la Lega al 31%, in calo di oltre un punto rispetto alla settimana scorsa (32,2%).  Leggermente più contenuto, ma comunque negativo il trend del Movimento 5 Stelle, che si attesta al 29% (- 0,8 %). In 7 mesi di governo Conte, la Lega ha quasi raddoppiato i consensi, mentre i grillini hanno passato la mano come primo partito. Il 4 marzo scorso, infatti, le urne consegnarono oltre il 32% a Di Maio e soci, a fronte del 17% tributato al Carroccio.

Pd, sondaggio a sorpresa

Il Partito democratico viene dato nuovamente sopra il 17% (17,2 contro 15,7 del 1° ottobre). Sembrerebbe aver beneficiato della manifestazione romana del 29 settembre. Ma, se dovesse dipendere solo da questo, sarebbe lecito dubitare che si tratti dell’inizio di un’autentica riscossa. I nodi interni sono tuttora irrisolti. E Renzi non ha ancora scoperto le sue carte in vista del congresso. Non a caso, il padre nobile per eccellenza del centro-sinistra, Romano Prodi, sul Corriere ha invitato il senatore di Rignano a decidersi. Un passo avanti oppure uno indietro, diversamente il partito non potrebbe reggere a lungo una simile tensione latente. Più Europa della Bonino e Liberi e Uguali sono sostanzialmente stabili sotto il 3 %, cioè tuttora non rilevanti.

Forza Italia: sferzata di Toti

Guadagna un punto netto anche Forza Italia, da 7,3 a 8,3% delle intenzioni di voto. Anche in questo caso, si dà peso nell’interpretazione al ritorno di Berlusconi sulla scena. Chissà che anche l’acquisto del Monza da parte dell’ex patron del Milan non abbia giovato… Battute a parte, il discorso non è molto dissimile rispetto a quello fatto per il Pd. Occorre decidersi fra un tentativo di rilancio e l’assorbimento da parte della Lega, che elettoralmente parlando è in stato avanzato. Giovanni Toti continua a essere critico verso una svolta che non si vede e per il rischio che si profila, di una presenza di mera testimonianza. Il presidente della Liguria forse sospetta (e non a torto) che questa sia l’opzione preferita dai rappresentanti del partito-azienda.

Per finire con quel che fu il centrodestra, Fratelli d’Italia, perde mezzo punto (dal 4 al 3,5%). Ma, in questo caso, più che a un calo dei sovranisti, bisogna pensare all’effetto asso-pigliatutto di Salvini.

Il passo e la gamba

Il rischio che il deficit al 2,4% per 3 anni (poi ridotti a 1) sia il classico passo più lungo della gamba è elevato. Lo smarcamento di Savona a Porta a Porta (“Se lo spread andasse a 400, dovremmo cambiare la manovra”) lo conferma. Ed è paradossale che il primo a mordere il freno sia l’uomo per cui il governo Conte ha rischiato di non nascere. Sul versante leghista, Giorgetti e Garavaglia non nascondono di voler fare altrettanto in sede di correzione parlamentare della manovra. Le bocciature al Def, intanto, fioccano. La diffidenza della Banca d’Italia era prevedibile. Ma il semaforo rosso dell’Ufficio parlamentare di bilancio è un altro paio di maniche: tocca tacciarlo di nostalgia per l’establishment. Il numero dei sospettati di tradimento, però, assomiglia sempre più a quello di una dittatura.

Rating e sondaggi

Che il default del Paese, o anche soltanto il suo commissariamento finanziario, possano dipendere ultimamente dalla valutazione delle agenzie di rating fa specie a chiunque, si spera. Ma o si riesce a cambiare il sistema – e non basterebbero anni, non mesi – o il sistema piegherà i suoi eversori.

I sondaggi politici confermano che Di Maio ha il problema di Salvini e del rischio di un passaggio stabile all’opposizione. Pensare di risolverlo, però, a spese di un Paese che potrebbe rischiare il fallimento, nonostante sia florido per tanti aspetti, sarebbe imperdonabile. C’è da augurarsi, insomma, che tutto si risolva nel vedere a chi resterà in mano il cerino di promesse irrealizzabili.

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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