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Siria, le mosse di Trump e di Putin: venti di guerra o solo scena?

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Donald Trump e Vladimir Putin al vertice Apec tenuto in Vietnam il 10 novembre 2017

Siria: Donald Trump e Vladimir Putin devono dimostrare qualcosa, servendosi dell’infinita crisi di Damasco? Probabilmente sì e non solo all’estero, ma anche in patria. The Donald deve guardarsi soprattutto dai problemi interni, mentre lo zar punta a portare la Russia allo status di super potenza da vero erede dell’Urss.
Le esibizioni verbali muscolari servono dunque per lo più a distogliere l’opinione pubblica americana dagli scandali personali ed elettorali dell’inquilino della Casa Bianca. Mentre Putin, che all’interno deve tenere a bada soprattutto gli oligarchi danneggiati dalle sanzioni internazionali, risponde per ragioni di prestigio. Ma anche per non disperdere il lavoro fatto sin qui in Siria, cioè sul solo sbocco russo nel Mediterraneo.

Attacco chimico a Douma?

L’impiego di armi chimiche da parte delle truppe di Assad, per piegare la resistenza di Douma, nella Ghouta orientale ad est di Damasco, è formalmente da provare. I fatti del 7 aprile (almeno 70 morti e centinaia di feriti) sembrano tuttora controversi. La comunità internazionale difficilmente si accontenterebbe di concludere per la veridicità dell’accusa sulla base dei precedenti senza scrupoli del regime. Specie se si volesse fare del presunto attacco un “casus belli” in piena regola, portando allo scontro Usa e Russia. Tanto più che Mosca rilancia proprio in queste ore l’accusa che l’attacco chimico sia una messinscena di servizi segreti occidentali.
Nel frattempo, la resa di Douma è stata perfezionata. La polizia militare russa sta prendendo il controllo dell’ultima regione ribelle, in mano sin qui ai miliziani di Jaysh al-Islam.

Siria: tweet e colpi di freno 

 La diplomazia dei tweet, tanto cara a Trump, effettivamente, sta mandando un po’ in tilt le relazioni internazionali. Nel senso che la consueta tattica del passo avanti e di quello indietro rischia di spiazzare gli alleati degli americani. Prima, la promessa, rivolta direttamente alla Russia, di far planare sulle basi militari di Assad “missili belli, nuovi e intelligenti”. Poi, la parziale retromarcia: mai detto quando possa partire un attacco a stelle e strisce alla Siria. Potrebbe essere molto presto, o molto tardi. E, dopo una riunione-fiume del Consiglio per la sicurezza nazionale, Pompeo (Dipartimento di Stato) e Mattis (Pentagono) mordono il freno. Anche se fonti del Dipartimento di Stato confermerebbero di avere le prove dell’attacco chimico, il rischio escalation con Russia e Iran è troppo alto. Meglio prendere tempo e attendere le indagini sul campo in Siria dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche). 

L’opportunismo di Macron e della May

Peccato che, dopo la fuga in avanti del tycoon, alcuni importanti partner di Washington si siano detti pronti a punire Assad. Emmanuel Macron ha sostenuto per primo di essere in possesso delle prove dell’impiego di armi chimiche da parte del regime siriano. Teresa May, ansiosa di trovare un po’ di sfogo dalla Brexit e già galvanizzata dal bellicismo di Trump, gioca a spostare sottomarini. Prove di rinnovata “entente cordiale” tra Parigi e Londra, sperando naturalmente di spuntare ciascuno qualcosa dal gigante americano.  

Berlino defilata… 

Tradizionale invece la posizione pacifista tedesca, a cui i riflessi condizionati delle esperienze guglielmine e hitleriane non consentono di associarsi all’idea di intervento militare. Anzi, Angela Merkel ha fatto sapere di attendersi di essere anzitempo informata di qualunque azione altrui. Da una parte, rivendicando come sempre la leadership europea in capo alla Germania. Dall’altra, rassegnandosi quasi alla parte di chi, pur non intervenendo mai, è comunque vittima di reiterati episodi di terrorismo internazionale.

…e Roma sbiadita

Per una volta, potremmo anche apprezzare la nostra consueta politica estera sfumata, per non dire sbiadita. Complice la crisi di governo tuttora senza apparente sbocco, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni se l’è cavata con dichiarazioni di circostanza. Inaccettabile l’impiego di armi chimiche, ma niente coinvolgimento italiano nella guerra civile siriana. Garantito l’uso delle basi americane, a scopi difensivi, tutti da definire. E ponti d’oro ai negoziati, sotto l’egida Onu. I gemelli diversi pretendenti al governo, Salvini e Di Maio, non sanno bene che pesci pigliare. Ma, per sicurezza, prenotano incontri chiarificatori a Villa Taverna con l’ambasciatore americano a Roma.

 

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Corrado Cavallotti è laureato con lode in Giurisprudenza all’Università Cattolica. Ha vinto il Premio Gemelli 2012 per il miglior laureato 2010 della Facoltà di Giurisprudenza di Piacenza. Ama la storia, la politica ed è appassionato di Chiesa. Scrive brevi saggi e collabora con il periodico Vita Nostra.

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