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Peste suina, allarme rosso a Piacenza: contro i cinghiali arriverà l’esercito?

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Peste suina africana: a Piacenza è allarme rosso. Dopo il ritrovamento poco più di un mese fa della carcassa di un cinghiale infetto nella zona di Ottone, nei giorni scorsi sono stati cacciati tre animali poi risultati positivi, sempre in alta Val Trebbia, nei dintorni di Coli e Bobbio. A svelarlo ai colleghi in aula, è stato il consigliere provinciale Giampaolo Maloberti il 13 dicembre. Un segnale della diffusione a tappeto dell’infezione: “Si è giunti ad un punto di svolta, oserei dire di non ritorno, con l’ingresso della malattia nel cuore della montagna piacentina”, ha affermato il consigliere della Lega.

Suinicoltura a rischio

Mettiamo a fuoco il problema, chiarendo subito che la peste suina africana (Psa) non è pericolosa per l’uomo. Ma a rischio prima di tutto c’è la filiera suinicola del territorio provinciale, che vanta tre Dop (coppa, salame, pancetta) e conta una quarantina di stabilimenti di trasformazione e circa 250 allevamenti con quasi 130mila capi. Non basta: la Psa è molto contagiosa. Partita dai territori limitrofi dell’Oltrepò pavese nei mesi scorsi, se non verrà fermata sull’Appennino piacentino, sostengono alcuni esperti, potrebbe dilagare in Pianura Padana, dove vengono allevati 5 milioni di maiali. Sarebbe un vero disastro economico per la suinicoltura nazionale; perché quando la Psa arriva in un allevamento, devono essere abbattuti tutti i capi e le migliaia di carcasse vanno smaltite in sicurezza per evitare ulteriori contaminazioni.

Che fare?

Il problema non è solo quello di chiudere le zone contaminate e vietare la macellazione dei cinghiali. Questi animali vanno comunque abbattuti per limitarne la riproduzione e per evitare che entrino in contatto con i suini, avvicinandosi agli allevamenti. In termini tecnici si parla di depopolamento. “Nel giugno 2022, l’allora commissario nazionale per la Psa, Angelo Ferrari, aveva prospettato questa soluzione, che prevede l’abbattimento almeno dell’80% dei cinghiali”, sottolinea Maloberti. Ma oggi forse le cose sono più difficili di allora. Perché, come ha spiegato in Consiglio provinciale, “l’abbattimento di tre esemplari apparentemente sani dimostra che molti animali sopravvivono alla Psa e saranno portatori della pestilenza per 100 giorni anche dopo la guarigione”.

Marco Delledonne, ex direttore del Dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl di Piacenza, nel giugno scorso aveva spiegato come si è arrivati a questa situazione. “A causa in particolare del ritardo o mancato posizionamento delle reti di contenimento, dell’assenza di ricerca delle carcasse infette, del mancato o approssimativo abbattimento dei cinghiali e della totale assenza di una rigida linea di comando centrale”, aveva dichiarato l’esperto in medicina veterinaria al quotidiano Libertà.

Anche Delledonne aveva poi prospettato una soluzione drastica per provare a risolvere il problema della diffusione della peste suina africana: “La gestione dell’emergenza venga affidata a una struttura commissariale in sinergia con l’esercito, per delimitare l’area di propagazione attraverso abbattimenti e accertamenti sulle carcasse di cinghiali”.

Il tempo stringe

Intanto, la Regione Emilia-Romagna ha aperto un nuovo bando da 5 milioni di euro; va a beneficio di imprenditori agricoli e allevatori per l’acquisto di reti antintrusione e di altri strumenti per contrastare la Psa. Ma il tempo stringe e questi fondi potrebbero arrivare tardi. Così, dopo gli ultimi ritrovamenti nell’Appennino piacentino, filtrano nuove indiscrezioni. Pare che sul tavolo delle autorità locali, regionali e nazionali, compreso l’attuale commissario alla Psa, Vincenzo Caputo, ci sia davvero la proposta di far intervenire subito l’esercito, come già prospettato nei mesi scorsi anche in Piemonte e Lombardia. Si tratterebbe del primo intervento del genere a livello italiano. Insomma, la dichiarazione di guerra alla peste suina africana, con uomini e mezzi mai visti, potrebbe partire proprio da Piacenza nei prossimi giorni.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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