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Bonaccini: per l’ospedale di Piacenza il governatore-candidato promette altri 17 milioni, ma sui medici…

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Da sinistra, Patelli, Bonaccini e Tarasconi

Stefano Bonaccini: non si sono ancora spenti gli echi della sua visita di ieri a Piacenza. L’ultima, forse, da presidente della Regione Emilia-Romagna, mentre il governatore veleggia verso il Parlamento di Strasburgo da candidato capolista del Pd nel Nord Est per le Europee dell’8 e 9 giugno. Accompagnato dagli assessori regionali Raffaele Donini (Sanità) e Andrea Corsini (Trasporti), Bonaccini è stato accolto nella sala dei Teatini dal sindaco di Piacenza Katia Tarasconi, dalla presidente della Provincia, Monica Patelli, e dalla direttrice dell’Ausl, Paola Bardasi.

L’occasione era di quelle importanti, non una passerella costruita ad hoc: la firma di un protocollo d’intesa tra Regione Comune e Provincia, dove Bologna si impegna nei prossimi 5 anni a reperire uno stanziamento di 17 milioni di euro. Obiettivo? Finanziare la viabilità al servizio del nuovo ospedale: strade, rotonde e parcheggi, tanto verde e (speriamo) forse anche l’eliporto. Se queste risorse non basteranno, ad aprire i cordoni della borsa saranno Comune e Provincia. Peccato che il Consiglio provinciale piacentino, dominato dal centrodestra, non ne sapesse nulla; e durante la seduta del pomeriggio ha protestato animatamente per questa firma della presidente di centrosinistra Patelli, definita “elettoralistica”.

I tre ospedali

Ma torniamo alla mattinata di ieri nella splendida sala dei Teatini. Davanti al gotha cittadino, istituzionale, associativo, sanitario e del centrosinistra piacentino, tra strette di mano, abbracci e pacche sulle spalle, naturalmente a seconda del livello di confidenza, il bi-presidente (lo è anche del Pd) e candidato alle Europee, alla presentazione del protocollo si è soffermato sul significato dell’ospedale di Piacenza. “Investire sulla sanità pubblica significa lasciare un futuro alla comunità”, ha esordito Bonaccini. “Quindici giorni fa ho presentato a Carpi il progetto del loro nuovo ospedale. Con quello di Cesena e quello di Piacenza siamo a tre ospedali progettati nell’epoca post Covid in Emilia-Romagna. L’aumento dei prezzi ha fatto lievitare i progetti nelle tre città, ma la promessa che abbiamo fatto sarà mantenuta”.

I dubbi piacentini

Tuttavia, non per sfiducia nei suoi confronti, anche se sta lasciando la presidenza della Regione, a Piacenza qualche dubbio serpeggia. La recente novità, e cioè quella del Partenariato pubblico privato (Ppp), preoccupa e non poco. Il nuovo ospedale a oggi costerà 296 milioni. Quasi 136 arriveranno dal finanziamento pubblico. Per gli altri invece servirà un partner privato che dovrà sborsare la differenza di oltre 160 milioni. I tempi? Si parla di 18 mesi per trovare l’interlocutore giusto. A gettare acqua sul fuoco delle perplessità ci ha provato Donini: “Abbiamo imboccato questa strada perché i costi dei tre ospedali – Piacenza, Carpi e Cesena – tra inflazione e rialzi delle materie prime hanno superato le risorse che avevamo deciso di accantonare. Ma per Piacenza non cambia nulla: il canone annuale da pagare al privato sarà a carico della Regione”.

Muri e medici

Bonaccini poi ha spiegato: “Come Regione abbiamo investito tanto sulla sanità pubblica, mentre questo Governo la sta depotenziando. Noi non ci siamo fermati, come dimostra la riforma dei Cau, i centri di assistenza e urgenza che affiancano i pronto soccorso classici; con buoni risultati, visti per esempio i tempi d’attesa in media di 45 minuti”. E sul nuovo ospedale, ha aggiunto: “I reparti sono stati progettati per essere i più efficienti ed efficaci possibili”.

Mentre se ne va, col cronista che gli domanda degli investimenti futuri non solo nei muri ma anche nel personale sanitario, il presidente-candidato però si stizzisce: “Perché la fa a me? Lei dimostra di non conoscere il problema. Lo chieda al ministro e al Governo. Sono loro che devono rispondere a questa domanda”. Poi Bonaccini si rasserena, vista la sceneggiata di fronte a fior di notabili, e mette a fuoco il problema.

“Con una legge regionale, insieme a Toscana e Piemonte (centrodestra) abbiamo chiesto al Governo due cose: di portare la spesa pubblica al 7,5% del Pil nazionale e di togliere i tetti assunzionali. Dopodiché, c’è un problema nella programmazione di questo Paese. Da nove anni calano medici e infermieri. Oggi facciamo concorsi senza riuscire a reperire un numero adeguato di personale. Così bisognerebbe porsi un problema anche in rapporto agli stipendi di questi professionisti, perché purtroppo in questi ultimi anni ne ho visti passare dal pubblico al privato o addirittura cambiare mestiere”, racconta il presidente.

Che fare?

“Se fossi al Governo, dal taglio del cuneo fiscale la prima busta paga che aumenterei sarebbe quella di medici e infermieri; e questo vale non solo in Emilia-Romagna ma per tutte le regioni. Perché se noi non abbiamo un numero adeguato di professionisti pronti a lavorare nel sistema sanitario pubblico, bene fare le strutture, ospedali, case della comunità e così via, ma rischiamo di trovarci in difficoltà sul reperimento del personale”, ammette Bonaccini.

E conclude: “Se con la sua domanda lei si riferiva al tema delle cooperative sanitarie e dei contratti a gettone, noi andremo a non averne mai più bisogno. Non è la politica adeguata, seppur a volte ci si ricorre in un momento di difficoltà. D’altra parte, se l’Emilia-Romagna è la regione che ha il numero più alto di cittadini che arrivano per curarsi, vuol dire che il sistema sanitario pubblico italiano non è messo bene. Insomma, da italiano vorrei vivere in un Paese dove le persone possano curarsi vicino a casa loro”.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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