Economia

Ema, tutto l’amaro in bocca dell’Italia

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Ema: una vicenda amara per l’Italia. E dalla mancata designazione di Milano quale nuova sede dell’Agenzia europea del farmaco, finita da Londra ad Amsterdam, possiamo trarre alcune considerazioni.

L’Europa dei bussolotti

Primo: come funziona (o non funziona) l’Unione europea. In entrambi i casi, e cioè per la designazione delle sedi dell’Agenzia del farmaco e dell’Agenzia bancaria europea (andata a Parigi), si è ricorsi ai bussolotti. Il che significa che l’Europa funziona poco e male. E allora che Bruxelles decida una buona volta di darsi nuove regole prima di bacchettare l’uno e l’altro. 

Milano, niente da dire

Secondo: per l’Ema Milano sembrava perfetta, per caratteristiche scientifiche, industriali, sanitarie e ricettive. Infatti era una delle favorite. E al primo scrutinio aveva ricevuto 25 voti contro i 20 di Copenhagen e della vincitrice Amsterdam. Dunque, niente effetto “Ventura”: questa volta eravamo più che pronti e competitivi per portare in Lombardia un indotto valutato 1,7 miliardi di euro. L’altra concorrente data per favorita, Bratislava, fin dal primo turno era uscita dal novero delle possibili vincitrici.

Irrilevanti in politica estera

Terzo: ancora una volta si dimostra che in politica estera il nostro Paese è irrilevante. Sull’Ema l’incidenza degli italiani di punta in questo campo, Alfano a Roma e Mogherini a Bruxelles, è semplicemente non pervenuta. È toccato al premier Gentiloni darsi da fare da una saletta dell’aeroporto di Genova col suo telefonino, ma invano o troppo tardi. I suoi sms e whatsapp indirizzati a Macron, Rajoj e Merkel sono stati inutili (ma almeno saranno stati scritti in un inglese corretto!).

Ema: bene la squadra…

Quarto: una volta tanto, anche se non si direbbe, abbiamo fatto squadra. Il sindaco di Milano Sala (Partito democratico), il governatore della Lombardia Maroni (Lega) e il presidente del Consiglio Gentiloni avevano la stessa mission, finalmente senza inutili polemiche, nell’interesse dell’Italia.

…male il ritardo

Quinto: secondo Maroni però siamo partiti tardi, ma possiamo fare tesoro dell’esperienza per la prossima occasione, se mai ce ne sarà un’altra. Il che, comunque, non ci toglie l’amaro dalla bocca. Soprattutto sapendo che i voti che ci sono mancati sono stati proprio quelli della Germania e della Spagna, nostre tradizionali alleate.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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