Economia

Euro addio: l’uscita dell’Italia vista dal Guardian

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Francoforte: la sede della Banca centrale europea

Euro addio: tutti a chiedersi se è davvero possibile l’uscita dell’Italia dalla moneta unica e quali conseguenze avrebbe. Le opinioni si sprecano. Dai catastrofisti, che prevedono il crollo dell’economia italiana ben oltre la parabola greca, agli ottimisti, che ritengono non ci sia alternativa per rilanciare l’economia del nostro Paese, rompendo definitivamente le catene dell’Eurozona.
È chiaro, un ritorno alla lira è pieno di suggestioni. Soprattutto perché nell’immaginario collettivo coincide sempre più di frequente un ritorno alla libertà nazionale, almeno economicamente parlando. Ma i rischi sono molti. Ben sintetizzati in un articolo di Larry Elliot pubblicato su The Guardian e ripreso anche dall’huffingtonpost.it.

Euro: regole assurde

Guardando al contratto di governo giallo-verde, il quotidiano anglosassone sentenzia nel titolo: “Le politiche italiane hanno senso, sono le regole dell’Eurozona a essere assurde”. L’Italia, spiega Elliot, “ha disperatamente voluto essere dentro la prima ondata dell’Unione monetaria”. Tuttavia, poi ha faticato oltremodo a seguire i granitici criteri di natura finanziaria imposti da questa scelta. Così, il risultato è stato quello di “due decenni di economia in perdita, con standard di vita in regressione”. E il conseguente arrivo al potere di due partiti populisti ed euroscettici come 5 Stelle e Lega.

Euro: la frenata giallo-verde

Ma poi è arrivato il colpo di freno anche da parte loro. “William Hague una volta ha descritto l’euro come un edificio in fiamme senza vie d’uscita. E l’esperienza dell’Italia negli ultimi 20 anni dimostra che il leader conservatore era nel giusto”, prosegue Elliot. Quindi, “sebbene nessuna delle due forze della coalizione abbia alcun amore per l’euro, hanno già scoperto quanto vere siano le parole di Hague. La loro prima bozza di contratto includeva la proposta per cui l’Ue avrebbe dovuto stabilire procedure di uscita dall’euro, laddove ci fosse una volontà popolare in tal senso. Ma poi l’hanno cancellata”.

Il senso di questo stop è spiegato in modo limpido. “La Banca centrale europea può aiutare ad acquistare titoli di stato italiani. Ma avrebbe certo meno incentivo a farlo con un Governo che a Roma rema contro – se non distrugge – l’unione monetaria”. E se questo avvenisse, la crisi finanziaria sarebbe dietro l’angolo. Per Elliot la prima vittima sarebbe il nostro sistema bancario che, già in difficoltà, viaggerebbe verso il collasso. Con una profonda fase di recessione economica e di conseguente aumento della disoccupazione. Il rischio così è che “i populisti diventino ben presto impopolari”.

Dunque, secondo il giornalista del Guardian, l’esecutivo che verrà “è nella stessa posizione di tutti gli altri governi che hanno guidato l’Italia negli ultimi 20 anni: stare nell’euro è una maledizione, ma provare ad uscirne è anche peggio. Come la Grecia, l’Italia sta scoprendo che è un po’ tardi per dire che sarebbe stato meglio costruire l’euro con qualche uscita antincendio. È certamente più facile per i britannici – con la loro banca centrale e la loro valuta – lasciare l’Ue rispetto agli italiani con l’euro”.

Euro: la sfida italiana

Tuttavia anche se nel contratto giallo-verde non si parla più di uscita dall’euro, l’aumento della spesa che prospetta (reddito di cittadinanza, flat tax e riforma delle pensioni) pone comunque “una sfida al modo in cui la zona euro è stata gestita fino ad ora. Si stima che queste misure possano costare 60 miliardi l’anno, qualcosa come il 3,5% del Pil italiano. Tutto questo potrebbe buttare all’aria le regole dell’Eurozona, che impongono stretti vincoli di bilancio”. Così, sottolinea Elliot, “la prospettiva di un deciso allentamento della policy spaventa i mercati finanziari. E non piace alle altre capitali europee. Ma in realtà, le politiche fiscali della coalizione hanno senso. Il vero problema risiede nelle assurde regole dell’Eurozona”.

E per spiegarne il peso nell’articolo si fa il paragone tra l’Italia e il Giappone, anch’esso caratterizzato da un alto debito e da una simile situazione bancaria. Ma il nostro Paese, a causa delle regole dell’eurozona che non consentono di muoversi in deficit sul fronte del debito pubblico, “è in una posizione peggiore”. E questo nonostante l’Italia abbia un indebitamento complessivo (pubblico e privato) inferiore a quello di Gran Bretagna, Francia e Spagna.

Insomma, euro o no, la sfida lanciata da Salvini e Di Maio preoccupa comunque molto Bruxelles e le cancellerie europee. E qualcosa potrebbe muoversi per provare a soddisfare, almeno in parte, le richieste italiane di un allentamento delle regole dell’Eurozona. Perché, sintetizza Elliot, “il rischio non è che un Paese salti fuori dall’edificio in fiamme. Ma che l’edificio finisca per collassare con tutti dentro”.

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