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Impresentabili: istruzioni per l’uso prima del voto

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Impresentabili, la polemica continua. Basterebbe dire “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Perché i partiti non riescono proprio a rinunciare alla tentazione di metterli in lista.
C’è chi, non potendolo candidare, lo mette nel logo (Berlusconi presidente). C’è chi (Salvini) lo ha dovuto candidare obtorto collo per evitare che altri lo facessero (Bossi). E c’è chi (Di Maio) prima lo mette in lista (Dessì). Poi, dopo un mare di polemiche che per ora non coinvolgono la magistratura, gli fa sottoscrivere una dichiarazione di rinuncia al seggio in caso di elezione. Nulla, perché contraria alla norma imperativa che impedisce qualunque condizionamento degli eletti nei due rami del Parlamento.

Impresentabili: tutti uguali?

Ma Di Maio fa di più. Il leader dei 5 Stelle, dopo gli attacchi per il caso Dessì, pubblica un elenco di impresentabili di centrodestra e Partito democratico. E come un antico imbonitore di detersivi per lavatrici, in sostanza lascia intendere che i suoi candidati sono “più bianchi del bianco”.
Insomma, citando Mao Tse-tung “grande è la confusione sotto il cielo”. E si confonde avvisato (di garanzia), indagato, accusato e condannato. E si confondono, indipendentemente dal grado (primo, appello o Cassazione) condannati per malversazione o peculato con condannati per reati di opinione o per diffamazione. Cose che, ce lo consentirete, sono leggermente differenti. Per intenderci, tra chi ci grida “scemo!” e chi ci aggredisce a sprangate per rapinarci della pensione, c’è una certa differenza. Allora, a questo punto, facciamo un po’ d’ordine tra impresentabile e impresentabile.

I sette gradini della giustizia

Cominciamo dal punto di vista processuale. È la via maestra, ma con un’avvertenza: abbiamo semplificato fino all’eccesso le fasi del giudizio, che prevedono altre mille possibilità, dalla prescrizione al rinvio al giudice precedente, dal rito abbreviato al patteggiamento.

  • C’è chi è iscritto sul registro degli indagati. Atto spesso dovuto, senza che il magistrato abbia espresso alcun giudizio. A fronte di una denuncia non palesemente infondata, il Pubblico ministero iscrive.
  • Poi, dopo aver compiuto i primi accertamenti, parte la fase due: avviso di garanzia. Col quale il Pm ti avverte che si sta indagando su di te, per il tal reato, e ti è consentito di nominare un difensore e di partecipare agli atti dell’inchiesta.
  • Alla fine dell’inchiesta, la fase tre: la richiesta di rinvio a giudizio. Secondo il Pm le prove raccolte sono sufficienti per sostenere l’accusa contro di te.
  • Fase quattro, il Giudice per le indagini preliminari accoglie la richiesta del Pm e rinvia a giudizio. Cioè fissa la prima udienza del dibattimento. A quel punto dell’inchiesta due giudici (Pm e Gip), esaminati gli atti, ti ritengono sostanzialmente colpevole.
  • Quinta fase, il giudizio di primo grado. Che può ovviamente terminare con una sentenza di condanna o di assoluzione. Se va male, alla fine del primo grado sono già tre i giudici che ti hanno ritenuto colpevole.
  • Fase sesta: il giudizio d’appello.
  • Fase settima: la Cassazione. Se la Suprema corte ritiene inammissibile il tuo ricorso o, entrando nel merito, conferma le precedenti sentenze, è finita. La condanna è definitiva.

Impresentabili e Di Maio

Quindi, tra l’avviso di garanzia o l’iscrizione al registro degli indagati, il rinvio a giudizio o la sentenza definitiva c’è una bella differenza. Di Maio nella sua lista di impresentabili, citando la lezione sulla questione morale di Berlinguer, inserisce comunque casi di diversa gravità.

Sotto il cappello del Pd, per esempio, troviamo “Luca Lotti, indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto istruttorio nel caso Consip”. E poi “il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro, accusato di tentata concussione”. Oppure “Franco Alfieri, il ‘signore delle fritture’ elogiato dal governatore campano (De Luca, ndr) perché sa fare le clientele come Cristo comanda, già condannato in appello a restituire 40.000 euro al Comune di Agropoli”. 

Passando al centrodestra, il leader dei 5 Stelle cita, tra l’altro, “Luigi Cesaro, detto Giggino a’ purpetta’, indagato per voto di scambio in riferimento alle ultime elezioni regionali e per minacce a pubblico ufficiale aggravato dalla finalità mafiosa”. Poi, “Edoardo Rixi, Lega, assessore regionale in Liguria e imputato per le spese pazze in regione Liguria”. Senza dimenticare “Roberto Formigoni, condannato per corruzione a sei anni e imputato in altri processi: è candidato al Senato come capolista nella formazione del centrodestra ‘Noi con l’Italia’ in Lombardia”.

Il mariuolo che piace

Ma non c’è niente da fare: nell’Italia che, secondo Longanesi, doveva aggiungere sul tricolore il motto “tengo famiglia”, il mariuolo, elettoralmente, paga sempre. Ed è per questo che viene vezzeggiato e candidato. Perché il mariuolo, di solito, è simpatico. E sa vivere, conosce gente, e spende per la campagna elettorale, soldi, ovviamente, non suoi. E dai più è percepito come vincente.  

Gli impresentabili e il Divo Giulio

A noi invece piace l’eterna opinione di Caio Giulio Cesare. Aveva sposato Pompea Silla, nipotina del più famoso Lucio Cornelio, probabilmente al solo scopo di fare carriera. Quando, nella notte tra il 4 e il 5 dicembre del 61 a.C. la moglie è protagonista di uno scandalo dai contorni boccacceschi, Cesare la ripudia. Al processo contro Clodio, il principale indiziato, Cesare rifiuta di testimoniare contro la moglie, dicendosi convinto della sua innocenza. Allora i giudici gli chiedono perché mai l’avesse ripudiata. E il condottiero risponde con la famosa frase: “La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto”. Una frase che per noi dovrebbe essere scolpita a lettere di bronzo. Dove? All’entrata di Montecitorio e Palazzo Madama.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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