Cultura

La Pusterla di Monte Rossa: nel cuore di Brescia, il più grande vigneto urbano d’Europa

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La Pusterla di Monte Rossa è la vigna urbana più grande d’Europa e affonda le radici nel cuore di Brescia, sotto le fortificazioni del suo affascinante castello medievale.

Monte Rossa è la storica cantina della Franciacorta guidata da Emanuele Rabotti e che, nella sua brillante costellazione, vede anche le blasonatissime bollicine Cabochon. Da sempre si dedica ai vini più noti dello straordinario territorio cullato nell’anfiteatro morenico che contorna il Lago d’Iseo: gli spumanti Metodo Classico Franciacorta Docg. Con Pusterla invece cambia tutto: è una scelta di cuore e di radici; una dichiarazione di orgoglio bresciano che arriva proprio da colui che vedeva apprezzate le proprie bottiglie dal jet set d’oltreoceano.


La vigna Pusterla di Monte Rossa a Brescia

Vigne urbane nel mondo: dal Leonardo “piacentino” a Montmartre

I più faticano a immaginare un delicato vigneto crescere in ambito urbano: in realtà sono molteplici, tutte di gran pregio, le vigne di questo tipo. Nascono con l’intento di tutelare il patrimonio rurale, storico e paesaggistico rappresentato da queste colture; valorizzarlo sotto il profilo culturale e turistico, rendendolo produttivo per la collettività e per il futuro attraverso scelte vitivinicole e sociali di integrazione e sostenibilità.

Vigna non è solo dolce paesaggio collinare: le viti coltivate all’interno delle città sono spesso veri e propri tesori di biodiversità, custodi di antiche varietà, talvolta esemplari e biotipi rarissimi nel panorama ampelografico (come appunto nel caso di Pusterla); varietà perpetuate nei secoli, mai sostituite con altre più produttive o richieste dai mercati, come giustamente avviene nella quasi totalità dei vigneti destinati al commercio.


La vigna di Leonardo a Milano

Alcune di queste piccole perle, per quanto nascoste sono note nel mondo. Penso a una storia dimenticata che lega Leonardo da Vinci alla città di Milano, ma anche ai colli piacentini: la storia della vigna che nel 1498 il Duca di Milano regalò a Leonardo e riscoperta nel rispetto dei filari e del vitigno originari per tornare ad essere vendemmiata dal 2018. Siamo all’ombra della cupola che custodisce l’Ultima Cena: qui cresce rigogliosa la Vigna di Leonardo. Grazie alle indagini genetiche condotte, si è scoperto il vitigno coltivato nel Rinascimento: Leonardo da Vinci coltivava Malvasia di Candia aromatica, l’uva che ben conoscono e sulla quale puntano con ottimi risultati le aziende piacentine.

Vogliamo parlare di Clos Montmartre? È la minuscola vigna sormontata dalla Basilica del SacréCœur che produce circa mille bottiglie di rosato. Il ricavato di Clos Montmartre è destinato ad azioni sociali nel 18° arrondissement di Parigi. Mi fermo qui, ma l’elenco sarebbe ancora lungo: pensate che la sola Venezia, meravigliosa e complicata, ne annovera diverse… e poi Salonicco, Londra, Torino…


La vigna di Clos Montmartre a Parigi

Il Pusterla: un’operazione di salvataggio della memoria

A ragione, l’etichetta del Pusterla, dicendo tutto, riporta “Dal 1037”. È infatti da quella data che si documenta, nel monastero regio di Santa Giulia, la coltivazione di uva sulle scenografiche pendici del Cidneo, sotto il castello che ha osservato lo scorrere di secoli, dominazioni e civiltà.

Questo vigneto ha una posizione unica, che garantisce l’esposizione al sole per l’intero arco della giornata e condizioni particolarmente favorevoli. Rappresenta un vanto per Brescia e per i bresciani; nel 2007 ottiene anche il titolo di “Patrimonio Storico della Cultura Agroalimentare Ambientale”, conferito dal movimento Slow Food.

Un vero polmone verde – ma le immagini dicono più di ogni parola – per la città di Brescia, al quale Monte Rossa ha deciso di dedicare un grande impegno di tutela e valorizzazione a partire dal 2020, anno in cui ha acquistato, per passione e sfida, quest’area. È stata, in un certo senso, una vera operazione di salvataggio del vino bresciano, siccome chi possedeva il vigneto da tempo non si dedicava alla produzione; la memoria si stava perdendo nonostante l’Invernenga, che vi si coltiva, fosse l’uva più diffusa nell’Agro Bresciano fino al secondo dopoguerra, prima della massiccia cementificazione.


Ancora la Pusterla a Brescia

Uva e terroir

Il vigneto, abbracciato da secoli di storia, dimora sulla sommità di un medolo con stratificazione calcarea. Composizione e pendenza del suolo assicurano il giusto drenaggio a piante che sfiorano i cento anni d’età; le correnti pomeridiane dalla Val Trompia puliscono l’aria in continuazione.

L’Invernenga è un’uva a bacca bianca qui coltivata “a pergola”; si tratta di vitigno autoctono censito solamente in 4 ettari, dei quali circa tre e mezzo sono quelli de La Pusterla. L’acino è succoso, dal colore giallo-verde con buccia spessa e ricca di polifenoli. La completa maturazione si raggiunge tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre.

L’unico vino fermo di Monte Rossa

Tolto il tappo a vite – “garantisce qualità e stabilità più di moltissimi tappi in sughero; lo sanno bene all’estero dove lo preferiscono già da tempo” ci conferma il patron dell’Azienda – nel calice scorre un vino decisamente particolare.

Semplice, di buona consistenza, si mostra giallo dorato e brillante ma lievemente velato, ribadendo la scelta di seguire lavorazioni secondo tradizione. Per questo inconsueto vino è difficile fare paragoni con altri bianchi a beneficio dei più che non conoscono l’Invernenga: ve ne racconto il prodotto partendo dall’analisi olfattiva, dove si ritrova mela cotogna, erbe aromatiche, ma anche tocchi di eucalipto e un piacevolissimo cenno salmastro. Il sorso è teso con un’importante presenza di frutto accompagnata da freschezza e salinità; la chiusura è profonda e amandorlata.


Il patron di Monte Rossa, Emanuele Rabotti

Le bottiglie, che non arrivano alle 6.000 annue (24 euro), sono ottime partner per accompagnare una cucina ruspante con piatti tradizionali, trippa alla veneta, frattaglie, oppure una selezione di formaggi erborinati e di media stagionatura, ma anche zuppa di pesce; stimola anche sposalizi più stravaganti… che proverò.

Eccellenza, cultura e memoria

I primi anni di questo vino sono volutamente in sordina: vuole ancora capirlo a fondo, mi dice Rabotti, che intende anzitutto riconquistare l’interesse de La Leonessa: città nella quale nasce.
Che il vino, prima che convivialità e piacere al palato, sia storia, società e cultura lo sostengo da sempre, e le vicende che accompagnano questa particolare etichetta, La Pusterla, non fanno che confermarlo.

Sante Lancerio
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