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Tumore: in Italia mille morti in meno. È la prima volta, ecco perché

Il tumore uccide meno di prima. Ed è la prima volta che accade in Italia. Secondo l’Istat nel 2013 sono morte 1.134 persone in meno per questa causa. Nel 2012 i decessi erano stati 177.351 contro i 176.217 dell’anno successivo. Si tratta di un risultato positivo dovuto al buon andamento di diverse strategie, come spiega l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom).

Bene prevenzione e screening

Di sicuro è migliorata l’efficacia di campagne di prevenzione e di programmi di screening. Ma anche l’effetto delle nuove nuove terapie. E l’Italia così ha raggiunto il più alto tasso di sopravvivenza in Europa. Infatti, tra il 1990 e il 2007, le persone che hanno sconfitto il cancro nel nostro Paese sono aumentate del 18% nel caso degli uomini e del 10% in quello delle donne.

L’oncologia di precisione

Soprattutto l’oncologia di precisione ha portato a una nuova visione della malattia: “Oggi sappiamo che non esiste il tumore ma i tumori. E che la malattia si sviluppa e progredisce diversamente in ogni persona”, ha spiegato il presidente dell’Aiom, Carmine Pinto. Un approccio a dir poco rivoluzionario nel modo di pensare al cancro: “L’obiettivo è individuare le singolarità genetiche dei diversi tipi di tumore per impostare la cura in rapporto alle esigenze di ogni paziente”.

Diagnosi accurata e test specifici

Perché il paziente possa ricevere una terapia di precisione “sono necessarie una diagnosi accurata. E una definizione del profilo molecolare della malattia”, ha proseguito Pinto. Questo deve avvenire “attraverso test specifici da eseguire in laboratori di qualità, capaci di fornire risultati standardizzati che supportino il lavoro dei clinici”. Senza dimenticare che “l’oncologia di precisione cambia anche il concetto di appropriatezza. Si deve cioè verificare se il paziente riceve il test molecolare e la terapia indicati. In tal modo si possono ottenere risparmi notevoli per il sistema. Si evitano trattamenti inutili e le conseguenti tossicità per i pazienti”.

Terapie mirate nella lotta ai tumori

Oggi per alcuni dei tumori più frequenti, affermano gli esperti, sono in campo terapie mirate. Come nel caso di colon-retto, seno, polmone e stomaco. E “all’identificazione di un fattore molecolare con ruolo predittivo deve far seguito una terapia mirata”, ha affermato Paola Queirolo, a capo del Disease management team Melanoma e Tumori cutanei all’Irccs San Martino Ist di Genova. Una strategia che ha dato risultati importanti.

Un caso esemplare

Basta guardare al melanoma, che registra ogni anno in Italia quasi 14 mila nuovi casi: “In questo tumore della pelle funzionano trattamenti a bersaglio molecolare che agiscono su specifiche alterazioni a carico del Dna della cellula tumorale. Circa il 50% dei pazienti presenta la mutazione del gene Braf-V600. Prima dell’arrivo di queste armi innovative – ha spiegato Queirolo – la sopravvivenza media in stadio metastatico era di appena 6 mesi, con un tasso di mortalità a un anno del 75%”.

L’effetto Lazzaro

Queste terapie hanno aperto nuovi scenari. “Non solo in termini di efficacia e attività. Ma anche di qualità di vita per la bassissima tossicità e la facile maneggevolezza”. Lo dimostrano i risultati ottenuti con l’utilizzo dei Braf-inibitori che hanno spinto gli esperti a parlare di un “effetto Lazzaro“. Infatti, “con questi nuovi farmaci già dopo pochi giorni di trattamento sono visibili i risultati” ha sottolineato Queirolo. E dati incoraggianti arrivano anche dalle terapie in combinazione, con una sopravvivenza media a tre anni del 70%.

Il peso del medico di famiglia

Infine c’è un altro aspetto da considerare. “I tumori stanno diventando sempre di più patologie croniche con cui i pazienti possono convivere a lungo”, ha detto Claudio Cricelli, Presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg). “Questo si traduce in una presa in carico crescente da parte dei medici di famiglia. Lo studio di ogni singolo paziente nella sua peculiarità porterà a un aumento esponenziale dei dati, sia qualitativo sia quantitativo”. I medici di famiglia, ha concluso Cricelli, “possono offrire un supporto fondamentale agli specialisti nel governare questa mole di informazioni. Esperienza che la Simg ha sviluppato da tempo grazie al database Health Search, usato da oltre 15 anni nella ricerca clinica. E che ha una popolazione target tra gli 1,2 e gli 1,5 milioni di pazienti”.

 

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