
Castello di Tabiano: le cantine Luretta – del maniero di Momeliano sui colli piacentini – e Monte delle Vigne – in quel di Collecchio (Parma) – hanno suggellato in una serata di degustazione i numerosi successi con un gemellaggio. La parola d’ordine, emersa nell’evento dei giorni scorsi, è promuovere il territorio, sapendo che lo stesso promuoverà i loro prodotti.
In questo luogo romantico, a colpire è l’intero borgo recuperato per divenire Relais di Charme con il ristorante, l’Antico Caseificio, pronto ad accogliere gli ospiti che alloggiano nel castello, come chiunque cerchi pranzo o cena con cucina a chilometri zero, salde radici locali, vini di qualità e un panorama invidiabile.
Turismo e storia
Oggi pertanto parleremo sì di vino, ma anzitutto di visioni strategiche per vederlo crescere grazie all’indispensabile canale dell’accoglienza turistica e alla capacità di lavorare insieme per un più alto obbiettivo.
Partiamo del luogo d’incontro, tutt’altro che casuale: lo scenografico Borgo di Tabiano Castello, con la sua consolidata attività di accoglienza e turismo dal fortissimo slancio internazionale (il 70% degli ospiti giunge dall’estero). Trovarsi in questo punto di cerniera di quel che fu il Ducato di Piacenza e Parma fin dal 1545 – proprio oggi, 19 agosto, festeggia il suo 480° anniversario – è una scelta, una dichiarazione, significativa.
In questo punto da sempre snodo tra i colli piacentini e parmensi, nel 1885 arriva la famiglia Corazza. Imprenditori originari della Svizzera italiana, acquistano lo stabilimento termale di Tabiano, cinque anni dopo aver acquisito il castello ridotto quasi a un rudere. Era uno dei feudi principali dei Pallavicino, dove tenevano il sale fin dal 1200, a 5 chilometri dalle saline, 3 dalla Francigena e 10 da Borgo San Donnino, loro forte sulla via Emilia, controllando il commerci tra Milano e Rimini.
I nuovi castellani
Il capofamiglia oggi è il professor Giacomo Corazza Martini, noto economista, agricoltore e appassionato di queste terre arroccate sulle colline salsesi. Abbiamo scambiato qualche considerazione con il figlio, Carlo Corazza, il cui percorso di vita vede come perno Tabiano, seppur da sempre fa la spola tra Roma e l’estero. È infatti portavoce del presidente del Parlamento europeo e vicecapo di Gabinetto per le Relazioni esterne nonché capo dell’Ufficio del Parlamento europeo in Italia. Il suo osservatorio, unito all’amore per queste colline, gli permette di vedere l’enorme potenziale delle produzioni d’eccellenza locali se legate alla promozione turistica.
La sfida vinta
In più, Carlo Corazza ha l’esempio della sfida – vinta – fatta di passione, impegno e di una visione chiara che ha portato in pochi anni un edificio semidiroccato, in una zona totalmente dimenticata dal turismo, ad offrire accoglienza in oltre 50 stanze, certamente non low-cost, richiestissime e come dicevamo con il 70% di clientela straniera.
Altro punto d’eccellenza, il ristorante. L’Antico Caseificio si trova nell’edificio del borgo dove fino al 1995 si producevano 15 forme al giorno di Parmigiano Reggiano, il re dei formaggi. Un importante lavoro è stato fatto anche per costituire un frutteto e un grande orto, che garantiscono alla cucina della tradizione materie prime a chilometri zero. Interessa essere una buona cucina emiliana tutta fatta in casa, con qualità e autenticità dei prodotti, ma senza velleità.
Legame indissolubile
In questo contesto, non va dimenticato che il vino è un’industria creativa e il legame col turismo è indissolubile. Il turista valorizza la sua esperienza grazie a vini locali, e allo stesso modo i vini del Piacentino e del Parmense traggono giovamento in termini di notorietà e vendite da un certo tipo di visitatore, amante del legame tra storia enogastronomica e cultura.
Come emerge anche parlando con Petra Langeder, l’ottima direttrice della struttura, le nostre magari sono zone remote, ma a poche decine di minuti da tutto. Clienti come i loro scoprono contesti ignoti all’estero, dove si conosce solo la campagna toscana. In più, innumerevoli sono le tappe raggiungibili nell’arco di un’ora e mezza, a partire, oltre che da Piacenza e Parma, da altre città d’arte come Cremona, Milano, Brescia, Bergamo, Verona, Mantova, Modena, Pisa…
Overtourism, un’occasione per il Ducato
Se consideriamo come l’overtourism sta saturando pochissimi centri italiani, mentre la moltitudine degli altri sono poco frequentati, già capiamo l’opportunità di crescita esponenziale che può attendere Piacenza e Parma. Essenziale è la raggiungibilità, così come la capacità di lavorare in ottica di sistema, non con singole e indipendenti proposte satellite bensì con un unico progetto d’insieme: qui è essenziale il supporto della Regione, forse troppo strabica verso la sola Romagna.
Un brand per le nostre eccellenze
Veniamo alla serata. La nota Cantina Luretta, con il suo respiro nuovo e internazionale, spinge chi beve a scoprire sapori nuovi e inaspettati, partendo dalle principali Doc piacentine. Monte delle Vigne nasce invece sui colli parmensi, tra i 270 e i 330 metri, nel 1983, prendendo nuovo slancio vent’anni dopo con Paolo Pizzarotti.
Certe – sbagliatissime! – mentalità storcerebbero il naso, vedendo due realtà unite anziché presentarsi singolarmente; soprattutto, vedendo due territori storicamente – e campanilisticamente – in controproducente contrapposizione. Niente di più sbagliato! Non si cresce e non si compete con realtà nazionali più radicate, note e richieste, se non unendo le forze. Occorre farlo per strategia di marketing e commerciale, ma altresì grazie alla sostanziale uniformità, pur con le ovvie differenze, nel Ducato di Piacenza e Parma.
La prima conta da tempo immemore su qualità elevate; Parma su indiscutibile notorietà nel mondo enogastronomico. Non sono due validi e complementari motivi per spingere a unire le forze e presentarsi sotto la nuova veste – che qui voglio lanciare con questo nome – di Terre del Ducato?
L’amichevole disfida tra 8 bottiglie
In campo quattro vini per parte, ben distinti ma con numerosi punti di contatto, in parallelo. Si parte con Luretta Pas Dosè 2020 (ottimo spumante Metodo Classico) e Monticello Metodo Classico (primissima edizione di una bollicina parmense con Chardonnay e un cenno di Barbera).
Poi si passa alla Malvasia di Candia aromatica ferma, vino dal grande respiro internazionale: Luretta gioca la partita con l’inconfondibile Boccadirosa 2023; mentre Monte delle Vigne risponde con la Callas 2022 (più volte insignita, unica Malvasia dell’intero ducato, con i Tre Bicchieri Gambero Rosso).
Andando sui rossi il dialogo è stato tra Pantera 2022 – Come la Pantera e i Lupi nella sera (base Merlot con un contributo di Cabernet Franc) e Nabucco 2021 (90% Barbera e 10 di Merlot).
Chiusura dolce con NeverMore 2011 (da uve passite, di grande stile), e una meno impegnativa Malvasia Spumante Dolce (beva semplice e particolarmente adatto per lievitati, dal panettone in avanti).
Recuperare il tempo perso…
Con questo appuntamento si voleva dimostrare il valore di un’azione di sistema, un progetto sinergico, avendo ben chiaro il valore del territorio con la sua gamma di prodotti non seconda a nessuno; farlo tenendo al centro il valore del turismo d’alto livello, il tutto sotto il brand di Terre del Ducato. La serata ha dimostrato in modo eccellente che il potenziale c’è tutto: serve solo la volontà per farlo, mentre non andare avanti sarebbe colpevole. Insomma, la bandiera delle Terre del Ducato può sventolare molto alta.
