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Casteldaccia: anche il Tar ha le sue colpe nei casi di abusivismo

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La villetta abusiva di Casteldaccia, nel palermitano, dove sono morte 9 persone a causa del maltempo

Casteldaccia: nove morti e due famiglie distrutte. A causa del maltempo? Ovvio, è esondato il fiume. Ecco, è colpa del fiume. Ma no, la casa era abusiva e andava demolita. Anzi, andava demolita da dieci anni, a tanto risale l’ordinanza di demolizione del comune. Allora è colpa del sindaco che non l’ha fatta demolire… A nostro parere non è proprio così. Perché anche il Tar ha le sue colpe. No, non quel Tar Sicilia in particolare, ma il Tar in generale, il Tar come istituzione.

Giustizia e medicina

Anche a Casteldaccia, il piccolo comune alle porte di Palermo, è capitato infatti quello che succede in quasi tutti i comuni d’Italia. Un umanissimo eccesso di paura e di ignoranza. Le norme giuridiche dovrebbero essere certe. Si parla da sempre di certezza del diritto. Se ti operano di appendicite, nel 95% dei casi sai come finirà. Dopo l’intervento e qualche giorno di degenza sarai dimesso.
Ma la giustizia non è la medicina. Forse non si può neppure definire una scienza, che è tale solo se è riproducibile. In matematica sappiamo quanto fa due più due. In diritto no. Nel diritto due più due spesso fa ventidue.

Una scimmia alla tastiera

Un noto paradosso afferma che mettendo una scimmia a una macchina da scrivere, battendo tasti a caso entro un certo tempo potrebbe anche scrivere l’Amleto. I giuristi, parafrasando questo paradosso, sostengono che non esiste teoria talmente assurda che non trovi supporto in una sentenza. Recentemente la Suprema Corte ha affermato che il giudice di primo grado aveva fatto bene a decidere sulla scorta della giurisprudenza prevalente. Che anche la Corte d’appello aveva seguito gli orientamenti prevalenti della giurisprudenza. Ma che in quel caso particolare la Cassazione avrebbe deciso in modo totalmente differente. Buttando all’aria in un sol colpo intere biblioteche giuridiche.

Senso del pudore

Intendiamoci: in certi casi le sentenze cosiddette innovative sono utili. C’era un tempo nel quale i vigili urbani sulle spiagge multavano le ragazze in bikini. Poi la Cassazione ha cambiato orientamento, adeguando il comune senso del pudore all’evoluzione dei tempi. Ma una volta che pende un processo amministrativo, quale sindaco ha l’ardire di ordinare la demolizione, quando magari tra vent’anni un giudice mattacchione (ce ne sono, ce ne sono!) riterrà per un cavillo che il privato aveva ragione e ordinerà al sindaco di risarcirlo, ovviamente di tasca sua? E allora les jeux sont faits: invece di spendere decine di migliaia di euro per fare la demolizione, basta pagare qualche migliaio di euro all’avvocato che imbastisce il ricorso al Tar.

Il pasticcio di Casteldaccia

Nel caso siciliano va anche aggiunto che il comune di Casteldaccia non si era costituito nel giudizio per mancanza di fondi. E così non aveva mai saputo che il Tar nel 2011 aveva dichiarato estinto il processo per inattività del ricorrente. E che da quel momento la villetta poteva essere demolita senza problemi.
Sì, sembra un assurdo. Ma capita spesso che, dopo anni che si è presentato il ricorso, il Tar stesso scriva al ricorrente per chiedergli se è “ancora interessato al processo”. Facciamo un esempio: vengo respinto all’esame di abilitazione e faccio ricorso. L’anno dopo ritento e vengo promosso. Non ho più interesse a proseguire il giudizio. Se non rispondo entro un termine, il Tar archivia il mio ricorso. Questo serve a deflazionare i tribunali, che così possono concentrarsi sui casi concreti.
Ma il vero rischio è che il Tar dopo anni dia ragione al ricorrente per motivi talmente assurdi che nessun sindaco si azzarda a rischiare una demolizione mentre pende un processo.

Tar, sospensione e abusivismo

Per questo, difficilmente l’avvocato difensore chiederà la sospensione dell’ordinanza di abbattimento. Si può fare, ma per ottenerla occorrono due presupposti: che l’ordinanza violi qualche norma. E che l’abbattimento provochi un grave danno al ricorrente. Il grave danno, quando si parla di demolizione, c’è quasi sempre, a meno che non riguardi un pollaio o una pensilina. Ma spesso non c’è il “fumus boni iuris”, la previsione che il Tar ti dia ragione nel merito. E se il Tar respinge la sospensiva è probabile che il sindaco decida per la demolizione.

Lo ripetiamo: una bella parte di responsabilità, anche nella tragedia di Casteldaccia, è del sistema giuridico, non del sindaco o del fiume esondato. Ed è per questo che in generale su oltre 71mila ordinanze di demolizione, ne sono state eseguite solo il 20%. L’abusivismo edilizio riguarda il 47,3% delle case del Sud, il 18,9% del Centro e solo il 6,7% di quelle del Nord. Il record? Della Campania col 50,6% di immobili abusivi. E siamo tutti qui, fermi, in attesa del prossimo condono.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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