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Giustizia civile al collasso: un promemoria per il nuovo Governo

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Giustizia civile e nuovo Governo. Cos’hanno in comune? Che la prima è diventata un problema ormai insostenibile per il funzionamento del nostro Paese: tempi biblici e alla fine poca certezza del diritto. Quindi la sua riforma rappresenta una sfida chiave per il nuovo esecutivo. Non solo per rendere le vita più facile agli italiani nelle aule dei tribunali. Ma anche per far diventare più appetibile il nostro Paese agli occhi degli investitori stranieri.

Causa che pende, causa che rende

Veloce, la giustizia civile, non l’è mai stata. Proprio dal punto di vista ontologico. Chi frequenta quotidianamente da più di quarant’anni le aule di giustizia, come il sottoscritto, sa bene che una delle due componenti, l’avvocatura, ha per anni propugnato il distico: “causa che pende, causa che rende”. Anche se da tempo questo principio non corrisponde più alla realtà. Anzi, soprattutto le imprese, oggi pretendono una giustizia rapida ed efficace.

Giustizia civile: piccole riforme falliscono

Negli anni la politica ha cercato di ovviare al problema, mettendo in campo una serie di riforme, tutte con un unico denominatore: costo zero. E allora si inizia introducendo l’obbligo di tentare una mediazione prima di iniziare una causa. Mediazione il cui costo è sulle spalle dei privati ed è gestita da privati. Poi si è introdotta la figura dei giudici onorari (ve la immaginate la gioia di essere sottoposti a un intervento chirurgico da un infermiere, nominato “chirurgo onorario”?) e dei giudici di pace, altri magistrati onorari, pagati poco o nulla, ai quali si è affidata via via una parte sempre crescente di cause civili.

Si è anche cercato di semplificare la procedura, pensando in questo modo di accelerare i tempi. Ma ogni volta ci si è scontrati con una struttura elefantiaca, la magistratura, refrattaria a qualunque cambiamento. E alla quale non è parso vero di poter vanificare gli sforzi della politica. In più, la politica, a parte qualche rara eccezione, come la riforma del codice di procedura penale del 1989, procede a “piccoli passi”, modificando una norma qua e una là e aumentando così la confusione generale.
Per i magistrati, i politici sono un “quid minus”, una razza a loro inferiore, di solito ignorante o quanto meno non informata dei fatti. A meno che non siano loro a scendere in politica.

Giustizia civile: presidente cercasi 

Nel frattempo, per evitare di aumentare la spesa del ministero della Giustizia, si è scelto di non riempire i posti che si liberano per l’inevitabile pensionamento dei giudici. Facciamo un esempio. È possibile che il Consiglio superiore della magistratura non preveda che il dottor Tizio, presidente del Tribunale di Paperopoli, il 1° gennaio andrà in pensione? E potrà non prevedere, sempre il Csm, che se non si trova subito un successore, il Tribunale di Paperopoli starà senza dirigente per diversi mesi?

Eppure la dinamica è quasi sempre la seguente: viene nominato presidente – il vero motore della velocizzazione della giustizia, se sa il fatto suo – un magistrato a fine carriera, che durerà qualche anno. Con la conseguenza, salvo poche e lodevoli eccezioni, che il presidente, sapendo che di lì a breve sarà pensionato, non avrà nessuna voglia di impegnarsi in epocali modifiche del suo tribunale. E che al suo pensionamento si avrà un periodo di vacanza che può superare tranquillamente l’anno.

L’accesso in magistratura

I giudici, cui compete la selezione dei giovani, a loro volta stringono il più possibile le maglie dei concorsi. Tanto che molto spesso, i posti disponibili non vengono coperti del tutto. Di conseguenza la pianta organica è quasi sempre carente. Troppi giovani ignoranti? O il desiderio dei giudici di ridurre il più possibile l’accesso alla magistratura, perché in meno si è meglio è?

Giustizia civile: una modesta proposta

La nostra proposta, derivata, come si diceva, dalla quarantennale frequentazione di Tribunali e Corti d’appello, è talmente semplice che si sa già che non sarà mai attuata.

  • Modificare radicalmente la procedura civile, riducendo a un massimo di 3 i tipi di processo (oggi se ne contano circa 14, ma la stima è per difetto).
  • Eliminare la giustizia onoraria e la mediazione obbligatoria.
  • Indire un maxi concorso che raddoppi i magistrati togati in servizio.

Ma costano troppo, si osserverà criticando quest’ultimo punto. Certo, basta un giro su Wikipedia per rendersi conto che il trattamento economico dei magistrati è molto simile a quello così deprecato dei politici. Sarebbe sufficiente, però, e senza toccare i diritti già acquisiti, ancorare gli stipendi dei nuovi giudici a quelli degli altri statali e il gioco è fatto. Insomma, se tutti i nuovi assunti nel settore privato, a seguito dell’introduzione del Jobs act, sono per definizione “precari”, perché i nuovi magistrati non potrebbero essere parificati ad altri dipendenti pubblici come i professori di ruolo o i medici ospedalieri?

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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