Mediterraneo sempre più inquinato dalla plastica. E se non cambiamo abitudini, arriveremo ad avere in acqua più bottiglie e sacchetti che pesci. La provocazione, ma non più di tanto, arriva da un esperto. Si tratta di Marco Faimali, ricercatore dell’Ismar, l’Istituto di scienze marine del Cnr. A Lerici (La Spezia), durante un convegno organizzato da Sea Shepherd, Faimali ha lanciato l’allarme sulle condizioni del “Mare Nostrum”. E c’è di che preoccuparsi.
L’invasione di micro e nanoplastiche
“Se filtrassimo un chilometro cubo di acqua del Mediterraneo troveremmo da qualche decina sino a centinaia di chili di plastica”, ha affermato il ricercatore. Ma non basta, c’è un’aggravante. Per Faimali infatti il mare che bagna l’Italia per quasi 7.500 chilometri di coste è una delle zone più problematiche per questo tipo d’inquinamento. “Stiamo cercando di capire quali saranno gli effetti sull’ecosistema”. Perché “la plastica non è un inquinante normale, assorbe altri agenti inquinanti e funge da vettore”. Questi materiali “si trasformano in particelle sempre più piccole. Vengono triturate e mangiate dai pesci, rendendo sempre più complesso catturarle”. Tanto che, ha spiegato l’esperto, “stiamo studiando quali sono ad esempio gli effetti sullo zooplacton”.
Mediterraneo: quanto vale?
È stato calcolato che in acqua la plastica resta per oltre 600 anni. Con un danno enorme non solo dal punto di vista ambientale e naturalistico. E qui Faimali ha fatto due conti per permettere a tutti di capire di che cosa stiamo parlando anche sotto il profilo economico. Il Mediterraneo “vale 5.600 miliardi di dollari, corrispondenti a un prodotto marino lordo pari al 20% di quello mondiale”. E se il Mediterraneo fosse uno Stato, “sarebbe il quarto in Europa a produrre economia”. Senza dimenticare naturalmente il suo valore unico, e in questo caso incalcolabile, perché “contiene il 10% della biodiversità”.
Non solo Mediterraneo
E a livello globale come stanno le cose? Ogni anno finiscono in acqua dagli 8 ai 10 milioni di tonnellate di rifiuti. Di questi il 75% è plastica. In sostanza, “il 3% della produzione annuale di plastiche finisce in mare”, ha sottolineato Faimali. E da qui al 2025 gli oceani riceveranno 64 milioni di tonnellate di rifiuti in più.
Gli animali naturalmente sono i primi a pagare il conto dei nostri errori. “Ogni anno la dispersione di plastiche in mare provoca la morte di 100mila mammiferi marini e di un milione di uccelli”, ha affermato Giuliana Santoro di Sea Shepherd. Ad essere colpito da questo vero killer è “il 43% dei mammiferi marini, il 36% degli uccelli marini e il 100% delle tartarughe, perché spesso scambiano i sacchetti per meduse e se ne cibano”.
Il Mio Giornale.net ha solo un obiettivo: fare informazione indipendente e con spirito di servizio. Per aiutare i lettori a capire e scegliere, tenendo i fatti separati dalle opinioni.