Cultura

D’Annunzio 80 anni dopo: dal marketing alla politica, cosa resta del Vate?

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D’Annunzio: a ottant’anni dalla morte, cos’è rimasto del grande poeta? Per qualcuno solo la sua straordinaria capacità di fare ciò che oggi chiamiamo marketing. Per altri resta il fascino letterario delle sue rime più celebri. Chi ha ragione?  

Il Vate e il fascismo

Per decenni D’Annunzio è rimasto off limits. Portava la gravissima macchia di essere stato troppo contiguo al fascismo per diventare uno scrittore à la page. E si dimenticava, semmai, che era stato il fascismo ad essere a lui debitore. Da D’Annunzio aveva preso la peggior paccottiglia di slogan. Dai guerreschi “eia, eia, alalà” e “memento audere semper” (ricorda di osare sempre) allo scanzonato e dissacratorio “me ne frego!”, fino all’onnipresente saluto “a noi!”.

Mussolini, che lo aveva sempre temuto, era riuscito finalmente a relegarlo nella gabbia dorata del Vittoriale. E sul Lago di Garda, ben guardato dai discreti funzionari del regime e accontentato in qualunque pazzia gli passasse per la testa, si spegnerà nel marzo del 1938 alla soglia dei 75 anni.

D’Annunzio principe dei talk 

Oggi che si sono allontanate sia la figura del Vate che il razionalismo che ha imperversato nella seconda metà del novecento, il D’Annunzio esteta e acrobata della parola sta tornando in auge. O quantomeno non è più visto solo come un fiancheggiatore dell’esecrato regime. 

Detto questo, proviamo allora a immaginare l’algida ed elegante figura del Pescarese oggi. Prima di tutto, sarebbe ospite ambito di ogni talk show per le sue definizioni ad un tempo immaginifiche e sferzanti (definì Hitler “un pagliaccio feroce che somiglia a Charlot” e il futurista Marinetti “un cretino fosforescente”). 

Poi D’Annunzio sarebbe diventato ricchissimo come pubblicitario. Già ai suoi tempi non aveva disdegnato di inventare slogan e brand, dalla Rinascente al brandy Aurum. Ed era stato testimonial ante litteram dell’amaro Montenegro, da lui definito “liquore delle virtudi” e dell’amaretto di Saronno. Altri esempi? Aveva lanciato una propria linea di profumi, l’Acqua Nunzia, e inventato il nome Saiwa per l’omonima azienda di biscotti.

D’Annunzio, Meloni e Berlusconi

E dato che stiamo giocando, per chi avrebbe votato il Vate alle scorse elezioni? Macché votato: D’Annunzio si sarebbe presentato in un collegio uninominale, disdegnando con stizza il paracadute. Non aveva forse volato su Vienna con un biplano da ricognizione tenuto insieme da legacci e un po’ di stoffa? Ok, ma con quale schieramento? Fratelli d’Italia? Troppo poco per il Vate abruzzese, che amava sì le donne alla follia, ma avrebbe forse guardato con sospetto il duo Meloni-Santanché.

E allora in campo con la Lega? Non crediamo, malgrado la verve di Salvini. Per lui troppo ruspante. Chi ha conquistato Fiume manu militari con un manipolo di legionari, trasformandola per un anno in una sorta di Utopia, poi non si vedrebbe a fianco di un Giorgetti o di un Calderoli, men che meno del vecchio Bossi.
E con Berlusconi, al quale pure lo avrebbe avvicinato la comune passione per il gentil sesso e per le belle residenze? “Forse che sì, forse che no”, avrebbe risposto il Vate, pur sempre ospite fisso delle reti del Biscione.

D’Annunzio a 5 Stelle

Forse la sua vera realizzazione sarebbe con la “forza nuova” di Luigi Di Maio. “O dolce luce, gioventù dell’aria, giustizia incorruttibile, divina nudità delle cose, o Animatrice, in noi discendi”, cantava il Poeta nell’Alcyone. Dunque la politica come palingenesi della vita, l’azione, il fuoco, la fiaccola accesa. Non si sarebbe infiammato e riconosciuto D’Annunzio sentendo parlare Di Battista? E non si sarebbe infiammato ancora di più il giovane virgulto grillino alle parole di fuoco pronunciate dal Vate dal balcone di Fiume? Un’amore a prima vista, con D’Annunzio al posto del Grande Comunicatore Rocco Casalino, a tessere per tutta la notte slogan tonitruanti per il Movimento: “Ardisco non ordisco, fermo ma non inerte, possedere e non essere posseduto”.

E dato che Lenin aveva detto “solo tre persone possono fare la rivoluzione in Italia: Mussolini, Marinetti o D’Annunzio”, eccolo, il nostro Vate di bianco vestito, eletto a Montecitorio, sbeffeggiare il povero Gentiloni con lo storico (ma sempre volgare) “Cagoia!”.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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