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Natura e biodiversità: quanta foresta distruggiamo ogni giorno?

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Natura e biodiversità, il Wwf ha pubblicato un nuovo report dal titolo: “Quanta foresta avete mangiato, usato o indossato oggi?”. Nello studio sono evidenziati i collegamenti tra la perdita impressionante di foreste e i nostri gesti quotidiani.

Negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni, più o meno quanto la superficie dell’intera Unione europea, gran parte dei quali in aree tropicali. Ogni anno vanno persi circa 10 milioni di ettari a causa della conversione di foreste in terreni agricoli. Un danno enorme sia per la biodiversità, visto che circa l’ 80% delle specie animali e vegetali terrestri del pianeta vive nelle foreste; sia per gli effetti drammatici sui cambiamenti climatici.

Rischio pandemia

La perdita di foreste amplifica la crisi climatica a causa delle elevatissime quantità di carbonio che vengono rilasciate nell’aria e per la perdita della regolazione del sistema climatico nel suo complesso. In più, è stato spesso ripetuto dalla comunità scientifica che la deforestazione è tra le cause principali della pandemia di Covid-19. Con le sue azioni scellerate, l’uomo ha devastato e invaso l’habitat di specie selvatiche, contribuendo a creare una “tempesta perfetta” per la trasmissione di malattie infettive tra gli animali e le persone.

Sempre più ettari di foresta vengono tagliati per far posto ad abitazioni, agricoltura intensiva e pascoli. Una nuova normativa dell’Unione europea contro i prodotti legati alla deforestazione potrebbe presto venire alla luce; e oltre un milione di persone ha già partecipato alla campagna #Together4Forests, lanciata dal Wwf, per chiedere una legge europea contro la deforestazione, una consultazione pubblica che si chiuderà il prossimo 10 dicembre.

Troppo caffè 

Nel mondo si bevono circa 2,5 miliardi di tazze di caffè; e l’Italia, simbolo di questo rito quotidiano, è il Paese dove ogni anno si consumano circa 6 kg di caffè a testa. Con l’aumento della domanda e con il crescente impatto dei cambiamenti climatici nei prossimi decenni, la produzione di caffè diventerà la causa principale della deforestazione.

Infatti è stato stimato che la produzione di caffè dovrà triplicare entro il 2050 per soddisfare la richiesta globale; ma ancora oggi il 60% circa dell’area idonea a coltivare caffè è coperta da foreste. La deforestazione di queste aree avrà gravi conseguenze per specie già a rischio estinzione, come la tigre di Sumatra; l’Indonesia, dove vive questa specie, è infatti uno dei maggiori esportatori di caffè (insieme a Messico, Colombia, Vietnam e Brasile).

In più, a causa del cambiamento climatico, il 50% delle aree coltivate a caffè saranno inadatte alla produzione entro il 2050, spingendo così le coltivazioni verso altitudini più elevate e minacciando la scomparsa di altre foreste sempre più preziose. 

La soia brasiliana

La necessità di fare posto ai pascoli per la produzione di carne e l’aumento della richiesta di terreni agricoli per coltivare la soia, che finisce nel mangime per animali, sono altre due cause della deforestazione. 

Il Brasile è il maggiore produttore al mondo di soia. Un quinto della soia importata nella Ue dal Brasile è prodotta in Amazzonia e Cerrado; ed è legata a deforestazione illegale. Con Bolsonaro la legge sta andando dalla parte opposta”, ha dichiarato il direttore del Wwf Brasile Raul Silva Telles do Valle. “Il governo, che ha avuto sempre un ruolo importante nel monitorare e proteggere lo stato dell’Amazzonia, ora non fa il suo lavoro.”

Oltre ad Amazzonia e Cerrado, la coltivazione di soia sta devastando alcuni dei più preziosi ecosistemi del Sud America come Gran Chaco e Pantanal dove vive più del 10% di tutte le specie animali conosciute, tra cui, per esempio, il giaguaro.

Bresaola di zebù

Non tutti sanno che in Brasile una delle cause di deforestazione è legata all’allevamento dello zebù, una specie affine ai nostri bovini: cosce congelate di zebù possono diventare bresaola, che di italiano non ha nulla. Con l’aggravante che lo zebù viene allevato distruggendo la foresta amazzonica.

Inoltre, il pellame usato per realizzare scarpe, cinte e borse è un sottoprodotto dell’industria della carne bovina e come tale a rischio di deforestazione. Il Brasile esporta l’80% delle pelli bovine che produce (40,7 milioni di pelli in dieci anni). L’Ue acquista 80.500 tonnellate di pelle dal Brasile – circa il 20% dell’import globale . gran parte delle quali ricavate da zone deforestate illegalmente.

Più aziende certificate

L’appello del Wwf, per ridurre i nostri impatti sulla natura e la biodiversità, è quello di preferire prodotti provenienti da aziende certificate, di diventare consumatori consapevoli e ridurre il consumo di carne. Di acquistare quindi prodotti agroalimentari e manufatti in pelle di aziende che investono in filiere trasparenti e forest-friendly e, quand’è possibile, utilizzare materiali alternativi. 

La deforestazione selvaggia e senza freni avvenuta negli ultimi decenni, se continuerà con questi ritmi porterà non solo alla perdita di molte specie di cui non tutti capiscono l’importanza, ma sarà causa presto di nuove pandemie. Una grave sfida che il nostro pianeta faticherebbe a sostenere e che noi non saremmo pronti ad affrontare.

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Caterina Pagani è laureata in Scienze della Natura e dell’Ambiente all’Università di Parma. Pur avendo un percorso di studi scientifico, ha sempre amato la letteratura.
Studia il pianoforte ed è appassionata anche di cinema e viaggi. Ha gestito un caffè letterario collaborando con artisti emiliani, lombardi e provenienti da altre regioni d’Italia. Da quasi un anno ha aperto un blog personale, il Barile dello Zucchero, dove scrive articoli sugli argomenti che le piacciono e diari di bordo dei suoi viaggi.

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