Economia

Recovery fund: l’Europa da bruco a farfalla? I mercati assentono e premiano l’Italia

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Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella; in secondo piano il ministro degli Esteri Luigi Di Maio

Due modelli economici e politici si contrappongono. Il bruco: la (non) Europa quale “associazione tra Stati”. La farfalla: l’Europa “entità comunitaria”.

Il primo/bruco sottovaluta la rilevanza delle forti interazioni, in primo luogo economiche, tra Stati. Riassume la filosofia sottostante i trattati di Maastricht, la reazione alla crisi finanziaria e dei debiti sovrani espressa dal trattato intergovernativo denominato Mes, e la stessa Bce nella “versione” originaria pre-presidenza Draghi, plasmata sulla Bundesbank e sull’idea (fallace) che i fenomeni monetari finanziari siano ininfluenti sull’economia reale.

Di necessità, virtù: il bruco diventa farfalla

Un decennio e più di turbolenze economiche e finanziarie, anche pesanti, hanno ben evidenziato l’assoluta e imprescindibile importanza delle interazioni economiche e quindi le carenze e la precarietà del modello Non-Europa di “associazione tra Stati”.

Soprattutto in un contesto di moneta unica, l’area euro, della cui sopravvivenza si è data carico la Bce con l’evoluzione impressa dagli otto anni di presidenza di Mario Draghi, fino alla più recente esplicita strategia di stabilizzazione dei mercati, in primis dei titoli dei debiti sovrani, con interventi mirati, in deroga al criterio della capital key (questo prevede che la Bce acquisti debiti sovrani in proporzione alla quota che ogni Paese detiene nell’azionariato della Bce stessa; criterio, ora, opportunamente disatteso).

La Bce di oggi è una Banca Centrale adeguata ai tempi, in grado di adempiere appieno al compito di stabilizzazione dei mercati; compito di primaria importanza per la stabilità e il progresso dell’area Euro. Una Bce ben diversa e ben più evoluta di quella dei tempi della crisi dei debiti sovrani (i tempi della forsennata impennata degli spread).

Le decisioni dell’European Council conclusosi il 21 Luglio alle 5.30, il cosiddetto Recovery fund aggiunge un tassello cruciale per l’evoluzione da bruco a farfalla. La decisione era attesa dagli investitori finanziari (i mercati) come cartina tornasole della sopravvivenza e sviluppo dell’area euro.

La conclusione raggiunta è stata bene accolta: rafforzamento dell’euro (grafico 1), caduta degli spread (grafico 2), e con riferimento a noi: caduta del rendimento richiesto sui titoli del nostro debito pubblico e quindi caduta del tasso a cui la Repubblica italiana può prendere a prestito anche con scadenze a lungo termine (1% sui 10 anni; grafico 3).

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La stampa finanziaria (Financial Times, Bloomberg…) non lesina entusiasmo: “Gli euro-scettici sono ora euro-credenti e questo guida i mercati al rialzo”, titola Bloomberg; il sottotitolo è ancora più eloquente: “Un nuovo senso di unità regionale conquista i cuori e le menti degli investitori”. L’Europa “entità comunitaria” è l’Europa benvenuta dai mercati.

Sorprende? No, non sorprende: le interazioni economiche non conoscono confini geografici.
L’evoluzione da “associazione di Stati” a  “entità comunitaria” è  condizione imprescindibile per la sostenibilità e lo sviluppo economico dell’area.

Recovery fund: gli elementi chiave 

La dimensione del bilancio europeo raddoppia per i prossimi tre anni. Alcuni Paesi riceveranno fondi/trasferimenti in misura ragguardevole. L’Italia, all’incirca il 5% del reddito nazionale, e a questi si aggiungono prestiti di dimensione analoga e a lunga scadenza (fino ad arrivare al 2058). Lo stesso, per la Spagna.

Ma l’aspetto più importante riguarda il mutamento del regime di political economy:

  • Deroga al potere di veto: in caso di disputa, l’ultima parola spetta all’istituzione comunitaria, la Commissione europea. Precisamente: qualsiasi Paese può sollevare obiezione che un altro Paese non sta onorando i suoi impegni, nel senso che non sta eseguendo i progetti d’investimento che si è impegnato a fare, e bloccare temporaneamente i trasferimenti della Ue (Europa) al Paese in oggetto. E questa è la concessione alle “pretese” dell’Olanda. Ma, questo possibile freno non è potere di veto e ha un tempo limitato: supposto che qualcuno alzi la bandierina (quanto detto sopra), i Paesi hanno 3 mesi di tempo massimo per risolvere la disputa. E se non si risolve, la decisione spetta alla Commissione.

Importante corollario: tempi stretti, e impegni a realizzare gli investimenti.

  • La Commissione europea finanzia i trasferimenti e i prestiti agli Stati membri emettendo obbligazioni (in nuce, eurobond) con scadenze fino al 2058. In buona sostanza, l’Europa si appresta ad essere “entità comunitaria” per almeno i prossimi 30 anni. I grafici sopra evidenziano l’apprezzamento dei mercati e i benefici per l’Italia: pieno accesso ai mercati a condizioni ottime.

Convintamente, desidero esprimere profondo riconoscimento al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica che con lungimiranza e sapienza si sono battuti per un’Europa “entità comunitaria”, con risultato.

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Gabriella Chiesa, Ph.D. in Economics alla London School of Economics, è professore di Monetary and Financial Economics alla Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Ha ricoperto posizioni in diverse università e centri di ricerca italiani ed esteri.
La sua attività di ricerca verte sui mercati finanziari e le loro interazioni con la macroeconomia, i cui risultati sono pubblicati in riviste internazionali di economia e di finanza.

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