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Covid prima e dopo: ma siamo preparati a Piacenza?

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Covid prima e dopo: ma siamo preparati a Piacenza? La domanda è più che mai attuale. A maggior ragione dopo le ultime dichiarazioni rilasciate dal dottor Marco Delledonne. Il direttore del Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Ausl di Piacenza ha parlato di un aumento preoccupante dei casi per contagi locali; ha invitato tutti a non abbassare la guardia, indossando la mascherina e mantenendo il distanziamento sociale. Infine Delledonne ha sottolineato che “se i casi aumentano ora che siamo in estate, dovremo prestare la massima attenzione nel periodo autunnale, perché il quadro potrebbe aggravarsi in modo importante”.

Uno sguardo al passato

In generale, nei mesi scorsi siamo stati colti molto impreparati:

  • Mancanza di informazioni e anche mancata attenzione a quelle disponibili già da Dicembre (si vedano gli interventi di Imperial College sulla Cina);
  • Insufficiente attenzione ai ripetuti campanelli d’allarme, i molti casi di polmoniti “atipiche”  a partire da Novembre;
  • Insufficiente prevenzione anche conseguente a carenze dei protocolli (rispetto, ad esempio, a quelli in vigore in Germania).

In effetti sono numerose le Istituzioni cui risalgono le carenze, la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Istituto Superiore di Sanità, lo stesso Ministero della Salute che ingenuamente ha inteso bloccare l’epidemia con la chiusura dei voli diretti con la Cina.

La carenza organizzativa

Ma forse l’elemento più pernicioso è individuabile nella carenza organizzativa, purtroppo non colmata né colmabile dalla dedizione del personale socio-sanitario. Dedizione e abnegazione profuse sino al sacrificio.

I medici di famiglia, privi di mezzi e deresponsabilizzati da anni di abbandono da parte della Pubblica Amministrazione, caratteristica purtroppo di molti sistemi regionali, non hanno in alcuni casi curato a domicilio i loro pazienti.

Il ricorso all’ospedale, per lo più in condizioni disperate e spesso irrimediabili, è stato il prevedibile epilogo delle carenze organizzative della medicina territoriale.

A sua volta, l’ospedale non era organizzato per ricevere un alto numero di pazienti per lo più contagiosi. Il coronavirus si è così diffuso nei diversi reparti, ed anzi l’ospedale stesso ha agito da diffusore dell’epidemia.

Sono stati creati letti per la terapia intensiva, ma è ben chiaro che non sono sufficienti letti e macchinari, occorre invece un adeguato numero di personale medico/sanitario altamente specializzato in terapia intensiva. La allocazione dei pazienti in necessità di terapia intensiva, avrebbe forse dovuto coinvolgere maggiormente altri ospedali, adeguatamente attrezzati, anche fuori regione o Paese. Il tasso di mortalità è stato altissimo.

Usca e tamponi

Sulla base di questi dati il legislatore è corso ai ripari, con l’obiettivo di decongestionare le strutture ospedaliere ed evitare che certi luoghi diventassero focolai di diffusione del contagio. In data 9 marzo, con il D.L. n.14/2020 (art.8), sono state istituite le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), con l’obiettivo di gestire a domicilio i pazienti positivi o sospetti positivi. Nella provincia di Piacenza, in forma embrionale, nonché sperimentale,  tale attività è stata anticipata dal dottor Luigi Cavanna.

Ma lo strumento principe di contrasto al Covid è il testare, effettuare tamponi. L’ex commissario ad acta Sergio Venturi e l’assessore alla Sanità della Regione Emilia-Romagna Raffaele Donini avevano promesso abbondanza di tamponi.

Quanti ne sono stati fatti a Piacenza? Spiace constatare che fino ad ora questa domanda (ancorché ripetutamente posta) non trova risposta. Sono stati e sono forniti dati regionali; ma stante la natura del problema, esistenza di focolai con diverse intensità nei diversi punti della Regione, nonché significativa concentrazione nell’area di Piacenza, il dato aggregato regionale è privo di significato.

Con riferimento a Piacenza, in interviste ed articoli emergono alcuni dati molto parziali. Ad esempio: il 23-24 aprile 1.507 tamponi e il 21 luglio solo 715. Si pensi ai test fatti a Wuhan: 11 milioni in 10 giorni. E in Veneto su 200.000 abitanti sono stati fatti 140.000 tamponi.

Come preparare la prossima stagione?

Al fine di non essere di nuovo colti di sorpresa nel prossimo futuro e scongiurare la replica di quella che è stata la fase 1, occorre un notevole sforzo organizzativo atto a concretizzare le parole dell’assessore Donini: “È fondamentale il ‘contact tracing’, ovvero tracciare e monitorare i contatti tra le persone per individuare e spegnere sul nascere eventuali nuovi focolai facendo diagnosi tempestive, iniziando immediatamente”.

L’interazione con il territorio è  fondamentale per trovare/circoscrivere i casi sospetti. La medicina di base deve essere riorganizzata e da essa deve partire l’input.

In che modo? Il dottor Davide Canepari (Snami) ha spiegato come a Piacenza si stia perfezionando con l’Ausl una piattaforma digitale in cui ogni paziente segnalato dal suo medico di famiglia con sospetto Covid avrà una scheda informativa e sarà sottoposto al tampone; piattaforma cui i medici piacentini potranno aderire volontariamente.

All’opposto il dottor Carlo Nicora, direttore generale Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, afferma: “La gestione della cronicità necessita dei medici di medicina generale e questi devono essere parte integrante del sistema territoriale attraverso le aziende sanitarie. Occorre un cambio di passo in buona parte degli ospedalieri. C’è molta inappropriatezza e lavorarci permetterebbe di ridurre le liste d’attesa”. Tale proposta ripropone il modello pre-riforma forse da considerarsi in regime di pandemia.

L’esempio di Crisanti

L’Ausl di Piacenza deve essere in grado di fare più tamponi, procurarsi per tempo i reagenti per i test e le macchine necessarie; come, ad esempio, ha fatto il professor Andrea Crisanti in Veneto in condizioni disperate a partire dal mese di febbraio.

Andrea Crisanti scriveva: “Il numero di test in Italia è insufficiente perfino alla gestione ordinaria nelle attuali condizioni di lockdown, come indicato chiaramente dalla osservazione che il numero di nuovi casi identificati oscilla parallelamente al numero di tamponi eseguiti. Sottolineiamo quindi ancora una volta la assoluta necessità di un significativo aumento del numero dei laboratori in grado di eseguire analisi su tamponi e di un adeguato coordinamento su ampia scala delle attività di acquisto e distribuzione dei test e delle attrezzature”.

Esiste un numero ottimale di tamponi?

La risposta non è facile, né univoca. La Fondazione GIMBE suggerisce una soglia minima di 250 tamponi giornalieri per 100.000 abitanti; gli studi di sistemi complessi applicati alla sanità condotti dal premio Nobel Paul Romer giungono alla conclusione che sia necessario effettuare giornalmente tamponi in misura del 7% della popolazione (con campionamento random). Lo stesso professor Crisanti sostiene, anche sulla base della felice esperienza nel Veneto, la necessità di non porre limiti al numero dei tamponi.

Insomma, anche nel caso dell’entrata di Piacenza nella sperimentazione del vaccino anti Covid guidata dall’Istituto Spallanzani (con Roma, Cremona e Verona), si parla di organizzazione non di un nuovo ospedale.
Tutti ci sentiremmo meglio protetti se fosse da ora composta una task force con un ben definito e credibile responsabile.

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Gabriella Chiesa, Ph.D. in Economics alla London School of Economics, è professore di Monetary and Financial Economics alla Alma Mater Studiorum Università di Bologna. Ha ricoperto posizioni in diverse università e centri di ricerca italiani ed esteri.
La sua attività di ricerca verte sui mercati finanziari e le loro interazioni con la macroeconomia, i cui risultati sono pubblicati in riviste internazionali di economia e di finanza.

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Luigi Filippini, ha studiato alla London School of Economics e all’Harvard University. È professore di Economia dell’Innovazione e competitività all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
I suoi interessi di ricerca vertono su temi di Industrial Organization e teoria della produzione, i cui principali risultati sono pubblicati in riviste internazionali.

2 Commenti

  1. Credo che l’articolo di oggi, a cura dei proff.ri Chiesa e Filippini – che ringraziamo per il loro autorevole contributo – costituisca una seria base per tenere viva l’attenzione dei piacentini, e non solo, sul problema ancora oggi prioritario sulla scena mondiale. Potrebbe anche costituire un utile terreno di confronto e di discussione per una prossima riunione della nostra Conferenza territoriale socio-sanitaria. Un grazie sentito al direttore del giornale dott. Volpi.

  2. Come sempre i contributi dei proff. Filippini e Chiesa sono acuti, documentati ed esposti con logica e chiarezza. L’argomento merita una particolare attenzione e l’avvio di un dibattito che coinvolga, attraverso la loro presenza e consulenza, le istituzioni che dovrebbero consultare le competenze presenti anche sul nostro territorio

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