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Reddito di cittadinanza: ecco il vademecum dei soliti furbetti

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Reddito di cittadinanza: prepariamoci a vederne delle belle. Mentre il governo giallo-verde annuncia sgravi a gogo per le aziende che assumeranno i “redditari” (così pare siano già stati soprannominati dalle parti di Roma), le notizie che arrivano sui possibili raggiri ai danni dello Stato per ottenere i mitici 780 euro sono già succose. E l’italica inventiva non sembra spaventarsi nemmeno di fronte alla prospettiva di finire in galera (da 2 a 6 anni) per chi verrà beccato con le mani nel sacco.

Parola di Caf

L’obiettivo principale dei soliti furbetti è trovare il modo per scendere formalmente sotto un Isee di 9.360 euro, la soglia che consente di ricevere il reddito di cittadinanza. E per farlo sono già entrate in gioco alcune parole chiave. I Caf sparsi lungo la penisola cominciano a denunciare infatti l’arrivo di molte richieste sospette sui cambi di residenza (ecco la prima parola), soprattutto per i figli, e sulle separazioni (ecco la seconda), che potrebbero servire a occultare reddito, patrimonio immobiliare e finanziario in eccesso.

Liguria felix

Savona, non il ministro ma la città, è già sugli allori. A sentire Il Sole-24 Ore, su 60mila abitanti ben 1.839 persone (oltre il 3%) avrebbero già chiesto un cambio di residenza. E se va così a Savona, non osiamo immaginare quello che in questi giorni sta succedendo all’anagrafe degli altri Comuni italiani.

Quanti furbetti

A mettere il dito nella piaga, spiegando come potrebbe essere manipolato il reddito di cittadinanza, ci ha pensato anche Unimpresa. L’associazione ha fatto un sondaggio a campione tra le sue oltre 100mila aziende e da lì è uscita un’altra parola chiave.

Dopo residenza e separazione, come forse potevate immaginare, la terza “password” per accedere ingiustamente al reddito di cittadinanza è nero, inteso naturalmente come aggettivo di lavoro. “L’architettura della misura si presta a diverse manipolazioni, anche con sostanziali accordi tra le imprese e i lavoratori appartenenti a categorie più deboli”, dicono a Unimpresa.

Chi ha un reddito mensile inferiore a 1.000 euro, dai part time ai precari, “potrebbe ‘accettare’ di buon grado il licenziamento da parte del datore di lavoro”. Così potrebbe percepire il suo reddito di cittadinanza “e intanto continuare a lavorare con un salario in nero e più contenuto rispetto a quello regolare”.

Guadagni per tutti

I vantaggi sono chiari sia da una parte che dall’altra. Per i lavoratori “la somma di reddito di cittadinanza e salario in nero sarebbe superiore alla paga regolare”. E intanto le imprese “risparmierebbero dal 30% al 60% sul costo del lavoro pur potendo avere comunque la stessa prestazione” del dipendente.

I settori da tenere d’occhio? Sono quelli di “commercio, turismo, agricoltura, servizi di manutenzione e di pulizia”. Lì per Unimpresa “si potrebbero registrare i maggiori casi di anomalia e distorsione” del reddito di cittadinanza.

 

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