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Da Piacenza a Rimini, viaggio nella giungla dei test sierologici

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Test sierologici: “ordine e disciplina!”, direbbe il Peppone dell’indimenticabile Giovanni Guareschi. Ma da Piacenza a Rimini le cose non paiono in questi termini. E orizzontarsi tra tipi di test, norme e prezzi non è per niente facile. Né per i cittadini che vogliono scoprire se hanno il Covid-19, né per le aziende che vogliono verificare lo stato di salute dei loro dipendenti sempre alla voce Coronavirus.

Prima però di addentrarci nella “giungla sierologica” che è cresciuta lungo la via Emilia, chiariamo cosa sono questi test e a che cosa servono, facendo riferimento alle spiegazioni di Daniele Banfi della Fondazione Veronesi: “A differenza degli ormai noti ‘tamponi’, esame di laboratorio che serve per individuare la presenza del Coronavirus all’interno delle mucose respiratorie, i test sierologici servono ad individuare tutte quelle persone che sono entrate in contatto con il virus. Mentre i primi forniscono un’istantanea sull’infezione, i secondi ‘raccontano’ la storia della malattia”.

Due tipi di test 

Attraverso i test sierologici, prosegue Banfi, “è possibile andare ad individuare gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus. I test sierologici sono essenzialmente di due tipi: quelli rapidi e quelli quantitativi. I primi, grazie ad una goccia di sangue, stabiliscono se la persona ha prodotto anticorpi (e quindi è entrata in contatto con il virus); i secondi, dove serve un prelievo, dosano in maniera specifica le quantità di anticorpi prodotti”.

In entrambi i casi “i test sierologici vanno alla ricerca degli anticorpi (immunoglobuline) IgM e IgG. Le IgM vengono prodotte temporalmente per prime in caso di infezione. Con il tempo il loro livello cala per lasciare spazio alle IgG. Quando nel sangue vengono rilevate queste ultime, le IgG, significa che l’infezione si è verificata già da diverso tempo e la persona tendenzialmente è immune al virus”.

I test sulla via Emilia

La Regione Emilia-Romagna ha autorizzato entrambi i tipi di test sierologici, i rapidi (o immunocromatografici) e i quantitativi. Ha dato così il via libera ai test rapidi prodotti da 9 aziende. Poi a quelli quantitativi, più accurati, i test Clia o Elisa, prodotti da 7 aziende. E precisa che l’elenco dei test sierologici è in aggiornamento.

C’è chi apprezza l’operato della Regione: “Ha lavorato correttamente ed ha cercato di ‘certificare’ un elenco di test di aziende affidabili. Sembrano tanti, ma sono una minima parte dei test commercializzati. In assenza di un’azione di certificazione, sarebbe un far west senza regole”. Bene, ma c’è anche chi la pensa diversamente: “Troppe autorizzazioni, fanno confusione”.

Più o meno apprezzabile che sia l’impegno a selezionare aziende e test sierologici, arriviamo al primo problema: chi decide quali test si possono fare? Ci pensa la Regione nel Dgr 350/2020, con annesso schema esplicativo.

Tutto chiaro? L’Azienda sanitaria competente sottopone i soggetti al test rapido con il classico pungidito. Se il soggetto è negativo alle IgM-IgG basta così (ma dopo 15-20 giorni il test per la Regione va comunque ripetuto). Chi invece è positivo alle IgM e/o alle IgG passa al test sierologico quantitativo. Fa il prelievo di sangue vero e proprio e se risulta positivo anche al secondo test sulle IgM, viene messo in isolamento in attesa del tampone (test molecolare). Tampone che nel caso certifica definitivamente la malattia e l’isolamento.

Privati e medici di famiglia

Successivamente al Dgr 350/2020 la Regione ha deciso che oltre ai datori di lavoro per i propri dipendenti, anche i privati cittadini si possano sottoporre volontariamente al test sierologico a partire dal 12 maggio. Secondo problema: chi autorizza il privato? La Regione ha stabilito che chi vuole fare il test si deve rivolgere al suo medico curante.

Sono “test che potranno eventualmente fare anche i privati cittadini nei laboratori autorizzati dalla Regione“, afferma Raffaele Donini, assessore alle Politiche per la salute dell’Emilia-Romagna. “Ma solo se il proprio medico riterrà vi sia la necessità di effettuarlo, sulla base dello stato di salute del proprio assistito e di valutazioni sanitarie che lui solo potrà fare. Servirà infatti la ricetta bianca, che certo non verrà rilasciata in automatico; né, tantomeno, si tratterà di un passaggio formale. Per questo, anche in queste ore stiamo definendo insieme ai medici di medicina generale le modalità definitive che attueremo, in un confronto utile e positivo”. Intanto i medici di medicina generale si sono già ribellati a questa procedura un po’ da scarica barile; sempre in queste ore stanno puntando i piedi e vedremo come andrà a finire il confronto utile e positivo che si dovrebbe risolvere la prossima settimana.

Che test fa il privato?

Da qui nasce il terzo problema: per il privato si applica lo schema del Dgr 350/2020? Le risposte della Regione finora non sono del tutto chiare; si parla genericamente di prelievo autorizzato dalla ricetta del medico curante anche via foto su smartphone per la prenotazione del test presso il laboratorio privato autorizzato, e al conseguente isolamento, “se il test risulterà positivo agli anticorpi”. Il paziente “verrà sottoposto a regime di quarantena a domicilio, informata l’Ausl di competenza, che procederà all’esecuzione del tampone naso-faringeo, per avere la conferma della malattia”.

Quindi, se le cose stanno così, il privato (e a questo punto l’imprenditore) diversamente dagli screening pubblici fatti direttamente dall’Autorità sanitaria, dovrebbe accedere subito ai test sierologici quantitativi senza passare da quelli rapidi. E senza dimenticare che “trattandosi di un documento rilasciato nell’ambito della medicina privata, l’esito del test non verrà caricato automaticamente sul Fascicolo sanitario elettronico del paziente, che però potrà caricarlo autonomamente sulla pagina del Fascicolo stesso”.

Il conto da pagare 

Quarto problema: chi paga i test sierologici? Nei laboratori privati autorizzati dalla Regione, naturalmente è il cittadino (o l’imprenditore) che decide volontariamente di fare i test, dopo il via libera del medico curante (o competente). E qui la giungla s’infittisce, perché i prezzi variano dai 45 ai 90 euro a seconda del test sierologico richiesto, mentre alla fonte i costi per produrli sono ben inferiori ai 10 euro.
Solo se i test danno risultati positivi, anche qui entra in gioco la Regione dal tampone in poi. Spiega Donini: “È bene ribadire che in presenza di sintomi è il sistema sanitario che si prende carico della persona con la quarantena, le cure necessarie e il tampone”. Tradotto: prima, caro cittadino, se proprio vuoi sapere come stai a Covid-19, ti paghi tutto tu.

Voglia di ticket

Allora, riassumiamo: se io privato decido volontariamente di sottopormi al test sierologico perché la Regione non mi dà la possibilità di fare direttamente il tampone (costo: 15 euro) pago l’esame, ma rendo un servizio alla sanità pubblica, perché l’aiuto a ridurre il rischio epidemico. Per questo “un intervento per ‘calmierare’ il prezzo sarebbe stato utile”, spiega un esperto. “Non capisco perché, non si pensi di fare una specie di ‘copayment’ ai test sierologici”, con una forma di esenzione o di ticket standard per chi chiede questa prestazione, visto che non tutti, a maggior ragione oggi, si possono permettere di spendere cifre del genere per un test magari a tutta la famiglia.

Il tampone vince sempre

La giungla però è un luogo pieno d’insidie, come ci ha raccontato Emilio Salgari nei suoi romanzi; in questo caso, e non solo lungo la via Emilia, le insidie si chiamano cross-reattività e falsi positivi. In sostanza non è certo che il test sierologico sia affidabile al 100% e non possa segnalare anche anticorpi precedenti, sviluppati per esempio dal soggetto nei confronti di altri componenti della famiglia dei Coronavirus, contratti prima del Covid-19.

Insomma, l’unica vera arma che abbiamo è il tampone. “Il problema – spiega sempre il nostro esperto – è che molti vogliono affidare ai test sierologici un compito più grande. Dire cioè se un soggetto è infetto o non infetto. Sia ben chiaro che questo limite dei test sierologici è comune a (quasi) tutte le malattie infettive, forse con l’unica eccezione del virus Hiv (Aids)”.

E la Regione Emilia-Romagna, che ha annunciato 200mila test sierologici, è pronta sui tamponi? “Anche in questo caso – dice Donini – vogliamo allargare il nostro raggio d’azione: adesso ne facciamo ormai 5-6mila al giorno, che a fine maggio porteremo a 10mila”. Chissà se basteranno; ma questa è un’altra storia nella giungla che va da Piacenza a Rimini.

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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