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Di Maio tenta il rilancio dopo la Caporetto sarda dei 5 Stelle

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Per Di Maio una sconfitta peggiore di quella sarda era difficile da immaginare. Dallo straordinario 42%, ottenuto sull’isola alle politiche meno di un anno fa, al disastroso 11% di domenica scorsa, quando in pratica 3 elettori su 4 non hanno più votato per i 5 Stelle.

Il vicepremier e la sua squadra ostentano tranquillità. E si affrettano a dire che il governo va avanti, non c’è problema. Ma un crollo del genere indubbiamente mette in discussione la leadership di Di Maio che sta provando a salvare il salvabile.

Partito a 5 Stelle

Già dopo il crack abruzzese (dal 38% delle politiche al 20% delle regionali), il capo dei 5 Stelle aveva annunciato una riflessione per creare una nuova organizzazione del Movimento sia a livello nazionale che locale. Per prima cosa i 5 Stelle potrebbero cambiare la strategia “isolazionista” e aprirsi alle alleanze con le liste civiche. Poi si parla dell’arrivo dei referenti locali del Movimento e della deroga dei due mandati per i consiglieri comunali. Così come del rendere obbligatorio almeno un mandato da consigliere comunale per chi si candida alle parlamentarie.

Insomma, tutte novità che fanno pensare alla nascita di una vera e propria classe politica grillina. Una trasformazione in partito che adesso urge mettere in campo. Dopo l’approvazione degli iscritti alla piattaforma Rousseau, servirà per ridare fiducia alla base e per affrontare i nuovi appuntamenti elettorali. Dalla Basilicata (24 marzo) al Piemonte, quando si voterà in contemporanea alle europee (26 maggio).

Sale la protesta

Intanto monta la fronda di chi accusa Di Maio e il suo entourage per quest’ennesima sconfitta. Qui non si tratta più di sondaggi. Gli avversari interni del vicepremier spiegano che la débâcle sarda è soprattutto il risultato di una linea troppo filo-leghista. Linea che divide il vertice dagli attivisti e che ha fatto perdere di vista i valori fondativi del Movimento. E poco conta che a differenza dell’Abruzzo in Sardegna Salvini non abbia sfondato, fermandosi al 12%.

“La leadership di Luigi Di Maio certamente va rimessa in discussione”, dice all’AdnKronos la senatrice Paola Nugnes, da tempo critica con il vicepremier. “Non credo che una riorganizzazione calata dall’alto sia la soluzione. Ci vuole una riflessione collettiva che porti ad una discussione profonda con proposte da valutare tutti insieme”.

Alla Nugnes risponde il collega Sergio Battelli. Il presidente della Commissione Politiche Ue della Camera le dà un consiglio: “Affronti e sfati la profezia di Fassino, si candidi lei per guidare il M5S. Non abbiamo bisogno di picconatori ma di visione e proposte”.

Non c’è che dire, davvero una tensione a 5 Stelle. D’altra parte il tempo stringe. E nei prossimi tre mesi Di Maio e i suoi si giocano tutto. Perché se dovesse andare storta anche alle europee del 26 maggio, sarebbe molto difficile continuare a far finta di niente.   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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