Omicidio preterintenzionale: in questi giorni è al centro della cronaca, sia per i fatti della discoteca di Corinaldo sia per quelli di piazza San Carlo a Torino. In entrambe le tragedie si contano dei morti e si cercano i colpevoli. Dell’omicidio preterintenzionale, giornali, tv e radio ne parlano come se tutti sapessero di che cosa si tratta. E se non fosse così? Come si può pretendere che l’italiano medio abbia alle spalle studi di giurisprudenza? E allora vediamo tutto quello che c’è da sapere.
Quanti omicidi?
Il nostro sistema penale prevede tre grandi categorie di omicidio. Quello colposo, quello doloso o volontario e naturalmente il preterintenzionale. Le pene sono graduate: vanno dai 6 mesi ai 5 anni per il colposo, fino all’ergastolo per il doloso. Esiste poi una serie di altre tipologie, dall’omicidio stradale a quello per infortunio sul lavoro, dal femmincidio all’infanticidio, ma concentriamoci sui principali.
Il peso della colpa
Previsto e punito dall’articolo 589 del codice penale, l’omicidio colposo è il più lieve dei tre. Si verifica quando si cagiona la morte di una persona “per colpa”, consistente nella imprudenza, imperizia, negligenza o violazione di leggi o regolamenti. È anche possibile cagionare la morte di una persona senza rispondere di nessun reato. Per esempio quando si investe un pedone che si è buttato sotto la nostra vettura mentre noi procediamo alla velocità consentita e compatibile con le condizioni di tempo e traffico. Quando, cioè, possiamo dimostrare di “non aver potuto impedire in alcun modo” l’investimento, che è stato provocato esclusivamente dalla condotta della vittima.
Nel caso dell’omicidio colposo non abbiamo né la volontà né l’intenzione di uccidere, ma il fatto avviene ugualmente. L’esempio che si fa all’Università è quello del domatore che inavvertitamente lascia aperta la gabbia del leone. La fiera esce ed uccide una persona. Il domatore, in questo caso, risponderà dell’omicidio (colposo) per imperizia.
Volontà di uccidere
L’omicidio doloso è il più classico e quello punito più severamente (articolo 575 codice penale): si ha l’intenzione di uccidere una persona e la si uccide. Può essere premeditato (e sarà così aggravato), tentato (e la pena relativa sarà attenuata) o aggravato da altre circostanze. Il dolo sarà specifico, cioè si avrà quello che in latino si definisce l’animus necandi, l’intenzione di uccidere.
Oltre l’intenzione
Letteralmente preterintenzionale significa “oltre l’intenzione” (articolo 584 codice penale). Si verifica quando si ha l’animus laedendi e non l’animus necandi. Cioè si vuole far male a una persona ma non si ha intenzione di ucciderla. La morte della vittima va “oltre l’intenzione” dell’assassino. L’esempio che dava l’Università è quello della persona che viene spinta violentemente e che, cadendo, batte la testa e muore.
Ed è precisamente il caso di Corinaldo e di piazza San Carlo. Per Torino addirittura la Cassazione ha condiviso la tesi della procura del capoluogo piemontese, che appunto ha ipotizzato questo tipo di reato. In entrambi i casi “l’agente” aveva l’intenzione di fare del male a qualcuno, usando a sproposito (o per l’intento delittuoso di eseguire una rapina) lo spray urticante. In entrambi i casi i fatti sono andati oltre l’intenzione (preterintenzione) di colui che voleva colpire senza uccidere e invece ha causato la morte.
Trattandosi di una via di mezzo tra il colposo e il doloso, anche la pena prevista per l’omicidio preterintenzionale è intermedia: da 10 a 18 anni. Tuttavia, anche qui è prevista una serie di correttivi. In caso di risarcimento del danno la pena può essere ridotta di un terzo, come quando si ricade nel rito abbreviato. Ma la normativa vigente prevede anche che la pena possa essere aggravata dalle modalità che nello specifico hanno caratterizzato gli avvenimenti, e cioè per esempio dal fatto di aver provocato il reato per motivi abietti e futili.
Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.