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Promesse elettorali da sballo: tutti le fanno ma chi potrà mantenerle?

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Palazzo Chigi a Roma, sede del governo italiano

Promesse elettorali: i programmi di coalizioni e partiti che si presentano alle urne il 25 settembre ne sono zeppi. Ma chi le potrà mantenere, una volta giunto al governo del Paese?

Un bagno di realtà

Il debito pubblico italiano a fine luglio 2022 (fonte Bankitalia) era salito a 2.770 miliardi di euro, con un aumento mensile di circa 2,5 miliardi. Nell’ultimo anno è aumentato di quasi 71 miliardi. Ma solo nel mese di marzo 2022 era cresciuto di 36 miliardi e da marzo 2021 a marzo 2022 di quasi 107 miliardi. Nel marzo 2021, a un mese dalla salita di Mario Draghi a palazzo Chigi, il debito pubblico si assestava sui 2.651 miliardi, circa 150ª miliardi in meno di oggi. Per diversi mesi del 2021 il debito era anche sceso, senza alterare il risultato finale.

Nel 2022 il rapporto debito/pil oggi è attorno al 147% contro la media Ue dell’87,4%. Che rapporti ci sono tra il rapporto deficit/pil e il debito pubblico? Il debito pubblico, come dice la parola stessa, è il totale dei debiti dello Stato italiano. Il rapporto deficit/pil invece è il rapporto tra le uscite dello Stato che non si riescono a coprire con le entrate, e che pertanto bisogna coprire con nuovo debito, e quanto la nazione Italia produce complessivamente nello stesso periodo di tempo.

Identità di vedute

Come mai parliamo oggi di questi dati? Perché se guardiamo i programmi di tutti i partiti e le coalizioni in lizza per le elezioni politiche, nelle loro promesse elettorali notiamo un’identità di vedute persino sospetta.

Partiamo dalla Lega di Matteo Salvini. I sei punti annunciati a Pontida sono: taglio delle bollette; flat tax; quota 41; giustizia giusta; autonomia regionale; decreti sicurezza. I primi tre sono altrettante stilettate al debito pubblico e la Lega non ha nessuna ricetta per il risanamento dell’Italia.

E Silvio Berlusconi? Secondo alcuni, il suo programma elettorale costerebbe circa 100 miliardi di euro l’anno: mille euro mensili per i pensionati al minimo; stipendi per mamme e casalinghe; flat tax al 15% e decontribuzioni varie per i giovani. Il Pd di Letta non è da meno: la 14ª mensilità promessa a chi guadagna meno di 29mila euro costerebbe allo Stato “solo” 19 miliardi l’anno.

Giorgia Meloni non si sottrae: aumento dell’assegno unico universale; riduzione aliquota Iva sui prodotti della prima infanzia; introduzione del quoziente familiare sull’Irpef; estensione flat tax fino a 100mila euro di fatturato. E Conte? La conferma del reddito di cittadinanza così com’è “vale” circa 39 miliardi l’anno.

Dietrofront o troika?

Allora, poniamo che vincano tutti o anche uno solo. I casi saranno due: o appena giunto al governo il partito vincitore si rimangia tutte le promesse elettorali o nel giro di qualche mese ci troviamo in casa la troika europea, esattamente com’è successo alla Grecia qualche anno fa. Anche perché, escluso Carlo Calenda, nessun partito propone la ricandidatura di Mario Draghi, la cui presenza al governo sarebbe forse l’unica condizione per evitare che l’Europa ci salti alla gola. E del resto non sarebbe neppure necessario una manovra concentrica della Commissione europea.

Basterebbe che la Bce smettesse di acquistare i nostri titoli di Stato: torneremmo immediatamente ad uno spread superiore a quota 500 e così nella situazione del 2011, con tre aggravanti mica da poco: due anni di pandemia, un’inflazione fuori controllo e l’attuale abnorme aumento delle bollette energetiche, capace da solo di buttare la nostra economia a gambe all’aria.

Poche illusioni

E allora vi chiederete: come potremo uscire da questo impasse che sembra non risolvibile? Non abbiamo la sfera di cristallo, ma immaginiamo che il partito o la coalizione X, una volta nella stanza dei bottoni e preso contatto con la realtà europea, si limiterà a dire: “Le promesse elettorali vanno mantenute, ma l’attuale situazione ci impone di…”.

E fosse anche a palazzo Chigi una scatenata Giorgia Meloni, per non soccombere, dovrebbe adeguarsi ai diktat europei. Magari con qualche mal di pancia, magari con qualche distinguo, magari con un sorriso un po’ tirato a palazzo Berlaymont, a fianco di un’inossidabile Ursula von der Leyen.
(articolo pubblicato su ItaliaOggi).

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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