Cultura

Il fascino di Rubens ammanta Piacenza: tutti i segreti del capolavoro in mostra al Farnese

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Pieter Paul Rubens (1577-1640): "Ritrovamento di Romolo e Remo" (210x212 cm; 1612)

Rubens a Piacenza: c’è sempre una prima volta. E questo sarà un esordio da ricordare. Con un capolavoro assoluto del grande pittore fiammingo, Ritrovamento di Romolo e Remo, che dal 18 dicembre al 30 gennaio 2022 sarà in mostra gratuitamente nella cornice degli Appartamenti Stuccati di Palazzo Farnese. Un evento fortemente voluto dall’assessore alla Cultura Jonathan Papamarenghi, a cui va il merito di questa operazione dell’Amministrazione comunale in collaborazione con la Galleria Ricci Oddi.

Da Klimt a Rubens

Ma partiamo dall’inizio e cioè dal prestito della Galleria di via San Siro del “Ritratto di signora” alla grande mostra intitolata “Klimt. La secessione e l’Italia” che si tiene al Museo di Roma a palazzo Braschi fino al 27/03/2022. Il nostro dipinto più famoso – e divenuto tale a seguito del suo inspiegabile e non spiegato furto durato dal 22 febbraio 1997 al 10 dicembre 2019 – è oggetto di una sezione speciale della mostra: “il capolavoro ritrovato”.

Dunque, una splendida vetrina e una magnifica occasione per Klimt, per la Ricci Oddi e, alla fine, anche per Piacenza. In cambio, ci era stato detto, vi daremo un dipinto dei Musei Capitolini. Ed ecco come il fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640) arriva sulle rive del Po.

Lo so, se avessimo potuto scegliere noi, avremmo preferito “La buona ventura” di Caravaggio… Ma comunque sia, com’è questo Ritrovamento di Romolo e Remo? Indubbiamente un capolavoro. L’unico Rubens dei Musei Capitolini, da poco restaurato (2013) e di grandi dimensioni (210×212 cm). Il grande artista lo dipinge ad Anversa, nelle Fiandre, verso il 1612, a 35 anni, nel momento in cui si sta affermando come uno dei principali protagonisti della cultura europea del Seicento.

Chi è Rubens

Per capire la pittura di Rubens non possiamo dimenticare che le Fiandre (attualmente sono la regione nord del Belgio) erano state dominate dalla Spagna di Filippo II che aveva incaricato il nostro Alessandro Farnese, sì, proprio quello della statua equestre di piazza Cavalli, di sedare le rivolte che l’affliggevano.

Dobbiamo ricordare che la Spagna del 1600 era molto simile ad un attuale stato teocratico come l’Iran, mentre le Fiandre, percorse dalla riforma protestante, erano invece il luogo più multietnico, più multiculturale, più aperto alle novità e più pieno di denaro dell’epoca. Nonostante la ferrea repressione degli eserciti spagnoli guidati dal nostro duca, le rivolte proseguiranno per decine d’anni, con alterne fortune.

A 23 anni Rubens arriva in Italia: a Venezia scopre la pittura di Tiziano, Veronese e Tintoretto. A Mantova, ricevuto dal duca Vincenzo I Gonzaga, si appropria dei segreti del grande Giulio Romano, allievo prediletto di Raffaello. Va anche a Roma, a Genova e in Spagna. Perciò possiede – e trasferisce sulle sue tele – la lezione della grande stagione del Rinascimento italiano.

Pittore estremamente prolifico, grazie anche al suo straordinario gruppo di aiutanti, semina le sue opere nelle corti di Germania, Spagna e Francia. Philippe Daverio lo definisce “il pittore della carne” e apprezza le sue figure femminili quasi sempre nude e dalle forme generose e abbondanti. Indice di fecondità, di benessere e così di felicità, tanto che le donne oversize del pittore fiammingo sono diventate un po’ il modello delle attuali curvy.

Anatomia di un capolavoro

Se osserviamo il dipinto, non possiamo che convenire su quanto è adattissimo alla nostra città: al centro della scena una grande lupa capitolina, emblema di Piacenza per le sue origini di colonia romana, che sta allattando Romolo e Remo. Sulla destra arriva il pastore Faustolo che scopre i due bambini. Sulla sinistra un vecchio muscoloso (il fiume Tevere) con al suo fianco Rea Silvia, la madre dei gemelli. Al centro domina il dipinto una grande pianta di fico, il “ficus ruminalis” sotto il quale, secondo il racconto di Tito Livio, Faustolo trova i gemelli.

La leggenda della fondazione di Roma parte proprio da qui: Rea Silvia è la figlia di Numitore, re di Alba Longa, sui colli Albani, a sua volta discendente dall’eroe troiano Enea. L’infido Amulio, fratello di Numitore, usurpa il trono e incarcera Rea Silvia per impedirle di avere figli. Ma il dio Marte se ne innamora. Rea Silvia resta incinta e quando nascono i gemelli, per paura di Amulio, li fa mettere in una cesta e li affida al Tevere.

La cesta resta impigliata nella riva, nei pressi del grande fico, i gemelli scendono a terra dove vengono allattati dalla Lupa (probabilmente si trattava di una donna di facili costumi più che di una belva). Trovati da Faustolo, questi li porta alla moglie, Acca Larentia, che li alleva fin quando Romolo fonda Roma (e uccide il fratello).

I colori del dipinto sono certamente più nordici che mediterranei; ma il vortice dei corpi, i colori delle carni dei bimbi, le piume variegate degli uccelli, gli abiti di Faustolo sono decisamente frutto della lezione italiana che Rubens ha appreso nei suoi lunghi anni di residenza in Italia. Solo Rea Silvia per acconciatura, sorriso e colorito sembra più la moglie di Rubens che una vestale latina.

Il dipinto era stato acquistato dal cardinale Giovanni Francesco Guidi di Bagno, Nunzio Apostolico nelle Fiandre nel periodo 1621-1627. Arriva poi a Roma presso la famiglia Pio e infine, nel 1750, è ceduto al Campidoglio insieme ad altre importanti opere della medesima raccolta.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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