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Salvini: il leader leghista è davvero il re della comunicazione?

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Salvini è davvero il grande comunicatore del terzo millennio? Qualche dubbio c’è, anche se i sondaggi dicono che ha raddoppiato i suoi voti in sei mesi. L’ultima eclatante uscita del funambolico vicepremier leghista riguarda l’asse Roma-Berlino. In un tweet del 10 dicembre il ministro dell’Interno scrive: “L’asse franco-tedesco sta dimostrando dei limiti, farò di tutto per rinnovare un nuovo asse Roma-Berlino”. E poco conta che nel ragionamento a voce sull’argomento avesse specificato che nonostante naturalmente ne avesse conoscenza storica, non si richiamava al tragico asse nazi-fascista. Via Twitter, il messaggio alle “masse” è rimasto quello. 

Tre errori in un colpo solo

Siamo ben coscienti che Salvini al suo servizio ha uno staff di comunicatori giovane e combattivo, che pesa sempre di più e che comincia a creare qualche insofferenza nel suo entourage. Ma continuiamo a parlare di lui come se comunicasse “in prima persona”. A nostro parere il ministro ha commesso tre errori consecutivi:

  • Rinnovare significa fare di nuovo, richiamare una cosa già esistita.
  • L’asse Roma-Berlino non si può proprio definire una passeggiata di salute, neppure per i suoi inventori, Mussolini e Hitler, che ci hanno lasciato entrambi la pelle.
  • Nuovo va a ribadire che ce n’è stato un altro e “asse” non può che richiamare l’alleanza strategica del 1936.

Salvini avrebbe potuto dire benissimo: “Dati i limiti dell’alleanza franco-tedesca, farò di tutto per migliorare i già ottimi rapporti Italia-Germania”. Il significato sarebbe stato lo stesso, ma nessuno avrebbe potuto richiamare i fasti e i ne-fasti del Ventennio.

Cadute di stile o no?

Errore di comunicazione dunque? Una svista, meglio, tre sviste consecutive? Via, se Salvini è il re dei comunicatori, ed è anche un giornalista, sa benissimo come si lanciano messaggi via Twitter, via Facebook, col corpo, con le immagini, con le espressioni del viso, col tono della voce.

D’altro canto però non dimentichiamo che di simili “cadute di stile” è costellato il semestre al Viminale del capo leghista.  Dal “Molti nemici molto onore” del 29 luglio al “chi si ferma è perduto” del 10 ottobre, passando dal “me ne frego” all’Europa del 29 settembre.

Si può anche dire che il “chi si ferma è perduto” è una citazione dantesca e che Mussolini l’ha semplicemente usata. Si può dire che Salvini sa bene che alcune frasi sono entrate nel lessico corrente e sono diventate dei luoghi comuni a prescindere da chi le ha coniate. E che usare frasi semplici e comuni è la miglior strategia per dialogare con tutti.

Salvini è pop

Per rispondere alla domanda iniziale, anche secondo noi Salvini usa le frasi di Mussolini come potrebbe usare domani quelle del leader comunista cinese Deng Xiaoping: “Non ha importanza che il gatto sia bianco o nero, purché prenda i topi” o magari di Che Guevara.

Insomma, la storia e i suoi personaggi diventano solo un enorme bidone da cui pescare la citazione più comoda e diretta. Il resto non conta, basta che sia d’impatto e di comprensione immediata. È solo una questione di comunicazione pop, che finora ha ripagato lautamente. Ecco perché prima o poi Salvini si rivolgerà anche alla tradizione contadina e lo sentiremo dire “qui una volta era tutta campagna” o “non ci sono più le mezze stagioni”. E magari per allora sarà già seduto a Palazzo Chigi.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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