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Stupri: la contabilità della vergogna e la lezione di Gramsci

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Stupri: è difficile affrontare la contabilità delle violenze sulle donne. La recrudescenza di questi reati però impone un’analisi (seria) del fenomeno. Ma ci vuole anche una premessa: su questi dati aleggia il silenzio assordante delle denunce non fatte. Sono senza dubbio la maggioranza. Perché la gran parte delle violenze sessuali avviene in famiglia. E adesso veniamo alle donne che hanno avuto la forza di uscire allo scoperto.

2017: numeri agghiaccianti

Nei primi 7 mesi di quest’anno si sono già registrati 2.333 casi di stupro o abusi sessuali, contro i 2.345 del 2016. Il che significa 11 stupri al giorno. Un trend in calo? In una misura ridicola: 12 casi in meno, lo 0,5%. Se mai si può parlare di un’agghiacciante stabilità.
Sempre secondo il ministero dell’Interno, s
u 2.438 fermati o denunciati, 1.534 erano italiani (1.474 nel 2016) e 904 stranieri (909)Quanti sono gli stranieri in Italia? Al 1° gennaio 2017, secondo l’Istat, sono 5.029.000 su una popolazione di 60.579.000 abitanti, pari all’8,3%. Lo rileviamo perché secondo alcuni i dati vanno letti in questo modo: gli stranieri denunciati per violenza sulle donne sono il 37% del totale contro il 63% rappresentato da italiani. Ma gli stranieri sono solo l’8,3% della popolazione, e quindi delinquono in misura molto superiore agli italiani.

Stupri: no alle analisi strumentali

Questi commentatori un tanto al chilo concludono con questa proposta: mandiamo via tutti gli stranieri. Ma se con la bacchetta magica l’Italia si liberasse anche dell’ultimo straniero (e potrebbe non necessariamente essere una “risorsa della Boldrini”, nullafacente con smartphone alla mano, ma anche l’imprenditrice meneghina col passaporto di Singapore che paga fior di imposte all’erario), resterebbero pur sempre 1.534 italiani accusati di stupro. Sì, 1.534. Un numero tra l’altro in crescita del 4% sul 2016. E per noi anche uno solo rappresenta uno di troppo.

Nessun segnale di rallentamento

Prima abbiamo parlato di stabilità agghiacciante. E purtroppo ne arriva conferma da altri dati. Secondo l’istituto Demoskopika negli ultimi 4 anni il 61% delle denunce e degli arresti per violenza sulle donne riguardano cittadini italiani. seguiti dai rumeni (8,6%), dai marocchini (6%), dagli albanesi (1,9%) e dai tunisini (1,3%). Il che significa che il 39% dei denunciati sono stranieri. Anche tra le vittime la maggioranza è italiana, il 68%, contro il 9,3% delle romene e il 2,7% delle marocchine.
Per l’Istat il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una forma di violenza fisica o sessuale nel corso della sua vita: un numero “monstre” di 6.788.000 donne. Di queste, 1.157.000 avrebbe subito una violenza sessuale. Il 10,6% ne ha subite prima dei 16 anni. Alcune più di una volta e ripetutamente. E sotto i 16 anni la violenza sessuale avviene quasi esclusivamente in famiglia, da parte di genitori, fratelli, zii, addirittura nonni.

I social e il codice penale

Le ricette che ricorrono sui social ad ogni atto di violenza sono sempre le stesse. Una più inefficace dell’altra: dalla castrazione chimica dei rei (vietata dalla nostra Costituzione, come da qualunque Stato che voglia chiamarsi di diritto) all’aumento delle pene, dal supporto psicologico obbligatorio alla pena di morte tout court.
L’articolo 609-bis del codice penale commina da un minimo di 5 ad un massimo di 10 anni di reclusione per chiunque “con violenza o minaccia o mediante abuso d’autorità costringa taluno a compiere o subire atti sessuali”. Pena che può essere aumentata per una serie di aggravanti: i motivi abietti e futili, l’aver usato sevizie o aver agito con crudeltà, l’essere clandestini, l’aver agito sul coniuge o sull’ex coniuge. Insomma, le sanzioni sono a disposizione della discrezionalità dei giudici e non crediamo che aumentarle possa servire come deterrente. Fermo restando che le sentenze vanno applicate con la massima durezza e senza sconti.

Le violenze nel resto dell’Europa

Insomma, la bacchetta magica non esiste. Come per i femminicidi, per i morti sulla strada o sul lavoro, nessuno nel mondo ha trovato la formula per impedire la violenza sulle donne. Anzi, secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2016, il 13% delle spagnole tra i 18 e i 74 anni hanno subito almeno una violenza fisica e/o sessuale da parte del partner, come il 26% delle francesi, il 22% delle tedesche e addirittura il 29% delle inglesi, contro il 19% delle italiane. E le violenze commesse da un non partner? Sono il 9% in Francia, il 7% in Gran Bretagna e Germania, il 3% in Spagna e il 5% in Italia.

La lezione di Gramsci

Tutto il mondo è paese? Certamente no. Ma è un problema epocale, dal quale non si uscirà certo con l’invocato aumento delle pene o col far seguire alle donne corsi di arti marziali. È un problema di civiltà che potrà essere attenuato. Ma abbiamo (purtroppo) la certezza che non si riuscirà mai a sradicare del tutto. Anche perché, ma non è una giustificazione, la nostra civiltà nasce dalla violenza sulle donne, che si chiamassero Europa (rapita da Giove sotto sembianze di toro) o Proserpina. E vogliamo dimenticare il ratto delle Sabine? Ma di certo non sono motivi per smettere di lottare contro gli stupri con durezza e con la testa sulle spalle. E cioè, come diceva Antonio Gramsci, col pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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