Cultura

Cara Frau Blücher, come te nessuno mai

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Cloris Leachman nei panni di Frau Blücher in Frankenstein Junior

Addio, Frau Blücher. È morta ieri in California l’attrice premio Oscar Cloris Leachman (94 anni). La sua vita è stata piena di successi. Ma neppure la sua interpretazione di Ruth Popper nel film L’ultimo spettacolo di Peter Bogdanovich, che pure le era valsa il prestigioso premio della Academy Award, può superare quella di Frau Blücher nel mitico Frankenstein Junior di Mel Brooks.

Infatti ieri l’anziano regista (anch’egli 94enne) ha twittato in suo ricordo: “Ogni volta che sentirò un cavallo nitrire penserò per sempre all’indimenticabile Frau Blücher di Cloris”.
E allora – anche per chi ha visto e amato il film  – lasciateci raccontare di Frau Blücher, come si fa tra parenti quando, al capezzale della nonna defunta, ci si racconta l’un l’altro gli episodi salienti della sua vita, le sue battute, come se – così facendo – se ne esorcizzasse la dipartita.

Un mito nel mito

Per chi non lo avesse mai visto (crediamo davvero in pochi) diciamo solo che è una parodia, una rivisitazione del mito di Frankenstein, creato da Mary Shelley nel 1817 (Frankenstein o il moderno Prometeo) e reso famoso dall’omonima pellicola di James Whale del 1931. 

Ovviamente Mel Brooks e Gene Wilder hanno mescolato gli stereotipi della Transilvania (terra di origine di Dracula il vampiro), della Germania nazista di Frau Blücher, del Rigoletto per la gobba del servitore Igor e tanti altri più o meno adombrati in tante scene. Un insieme di stereotipi che fanno divertire, ben serviti da una pellicola girata appositamente in bianco e nero per rendere il film più “antico” e originale. Ma Frau Blücher, da stereotipo diventa antonomasia, un personaggio a sé stante che basta nominare per far sorridere.

I cavalli che nitriscono

Frau Blücher ci compare per la prima volta nel film quando il protagonista, Frederich Frankenstein (Gene Wilder) arriva al castello ereditato dal nonno, il sinistro barone Victor Von Frankenstein. Frau Blücher ne è la governante. Truccata in modo da apparire inquietante, ogni volta che viene nominata i cavalli nitriscono come se ne fossero terrorizzati.

Perché l’effetto è esilarante? Mel Brooks lo racconta in un’intervista dicendo che Blücher è in tedesco il nome della colla animale, ricavata dai cascami delle carcasse dei cavalli. In effetti colla in tedesco è der Kleber, o tierischer Leim se si intende la “colla animale”.

Nonsense e humor

Dunque, uno dei tanti nonsense di cui è pieno il film. E allora perché si ride? E cosa c’entra una governante tedesca in un castello della rumena Transilvania? Niente. Si ride e basta. Si ride perché ad ogni nitrito Frau Blücher abbassa gli occhi e sospira, come se dovesse farsi perdonare qualche grave misfatto commesso in gioventù. Si ride quando, nella scena successiva, la stessa accompagna il professore sulle scale con un candelabro spento o quando gli chiede se gradisce qualcosa da bere e ad ogni diniego china il capo come se ricevesse uno schiaffo.

E poi si scopre che la governante era stata l’amante del barone (“Si, Victor era il mio… amichetto!”) e che era a conoscenza di tutti i segreti della rianimazione della materia inanimata, fulcro del film (“si … può … fare!”).

Si può dire che Frau Blücher sia il “deus ex machina” della pellicola? Forse no. Hanno molte più battute la procace assistente Inga (Teri Garr), l’aiutante gobbo Igor (Marty Feldman) per non parlare della fidanzata del professore, Elizabeth (Madeline Kahn); ma la sua iconica figura si dipana per tutta l’azione, liberando “la creatura” e richiamandola, suonando col violino del Barone, dagli spalti del castello, nella notte, la “sua” musica, che lo ammansisce.

Sipario…

Dalla sua uscita, nel lontano 1974, l’opera di Mel Brooks (“la mia pellicola più riuscita”) non è invecchiata di un’ora, e si rivede sempre con piacere.
Un vero capolavoro e una grandissima, indimenticabile Cloris Leachman. Alla notizia della sua morte un commentatore ha scritto: “Ed ora i cavalli nitriranno in cielo”. Frau Blücher, ci mancherai, anche se ormai sei consegnata all’eternità.

Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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