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Cara Merkel, adesso serve un’Europa per tutti

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Emmanuel Macron e Angela Merkel

Angela Merkel non è stata sconfitta dai sovranisti. Potrà governare ancora l’Europa ed è già al lavoro per disegnare la nuova mappa del potere nella Ue. Stavolta, però, Berlino  dovrebbe fare concessioni non solo alla Francia, ma anche agli altri grandi Paesi dell’Unione, Italia compresa. Qualcosa di nuovo per i tedeschi in Europa? Scopriamolo ripercorrendo duemila anni di storia che ci legano alla “Germania”.

La selva di Teutoburgo

Partiamo dal principe guerriero Arminio. Con la Merkel apparentemente ha in comune solo la “nazionalità” tedesca, se si può paragonare l’insieme di tribù barbare guidate da Arminio nel I secolo dell’era cristiana all’odierna Bundesrepublik.

Oltre alla nazionalità, i due però hanno in comune il modo in cui hanno guardato ai loro vicini del sud. Arminio ha dato un colpo mortale alle legioni romane di Ottaviano Augusto nella selva di Teutoburgo, impedendo per sempre la penetrazione romana al di là del Reno. E Angela Merkel ha dato un colpo altrettanto mortale ai (pur indegni) pronipoti di Ottaviano con una serie di manovre che non sono troppo diverse dall’agguato di Teutoburgo.

Da Odoacre a Barbarossa

Ma torniamo al dipanarsi della storia. Se vogliamo colmare il gap di quei duemila anni abbiamo l’imbarazzo della scelta. Nel V secolo dalla Germania arrivano gli Ostrogoti di Odoacre, che danno la spallata definitiva al barcollante impero Romano.

Nel VI secolo i Longobardi (provenienti dal bacino dell’Elba, per cui indubbiamente germanici) invadono la penisola con Alboino. E ci vorrà Carlo Magno nell’800 per sgominarli. Nel 996 Ottone III di Sassonia arriva a Roma per farsi incoronare imperatore del Sacro Romano Impero.

Attorno all’anno Mille, in piena lotta per le investiture, un altro imperatore tedesco, Enrico IV, quello di Canossa, si aggirava per la pianura padana col suo esercito come ne fosse il padrone.

Vogliamo parlare di Federico Barbarossa, quello della battaglia di Legnano? E quando non ci pensano loro, i tedeschi, a scendere in Italia, li chiamiamo noi, come è accaduto all’epoca di Dante con Enrico del Lussemburgo (patria, ricordiamolo, di Juncker).

Da Carlo V alla Prussia

Arriviamo al 1500. Se consideriamo Carlo V d’Asburgo come imperatore tedesco (era anche quello, ma era nato a Gand, nell’attuale Belgio e, oltre che sulla Germania, regnava sulla Borgogna, l’Austria e la Spagna attuali), anch’egli ha usato la penisola come il suo personale campo da gioco, dalla battaglia di Pavia al sacco di Roma.

Col trattato di Utrecht del 1713 il ducato di Milano, il regno di Napoli e la Sardegna passano sotto il controllo degli Asburgo; se non sono tedeschi sono loro stretti cugini, austriaci.

Dopo l’epopea napoleonica, agli austriaci (che noi chiamavamo indifferentemente “tudesch”) viene assegnato il Lombardo-Veneto; se oggi rappresenta oltre un terzo del nostro Pil, all’epoca era l’area più florida ed avanzata della Penisola.

E dopo la parentesi “buona” a cavallo tra 800 e 900, nella quale la Prussia ci ha consentito di prendere Roma e di vincere la I guerra mondiale, arriviamo a Hitler, sul quale ci sembra superfluo spendere parole o giudizi storici.

L’ultimo regno

Ma cosa c’entra la Merkel, direte, con Hitler e con Carlo V? Oggi, alla fine del “regno” di frau Angela, anche i commentatori più asettici e politically correct ammettono che la Brexit è indubbiamente una sconfitta dell’ideale europeo e che la Merkel ha fatto poco o nulla per evitarla, anzi.

Non basta. l’atteggiamento tedesco per esempio verso la Grecia l’ha resa uno Stato satellite privo di ogni sorta reale di autogoverno. Il fiscal compact ha di fatto scippato alla maggior parte dei governi europei l’autonomia gestionale. Così hanno la facoltà di decidere la spesa per poche decine di miliardi di euro perché la Commissione europea – lo sappiamo per esperienza – fa passare ogni bilancio ai raggi X.

Intanto sul risanamento delle banche tedesche a spese dei partner europei e sull’uso strumentale dell’euro non tutti i commentatori sono concordi e le questioni sono tutt’altro che chiarite.

L’asse Parigi-Berlino

L’Europa per la quale abbiamo appena votato è essenzialmente figlia della Merkel e del suo asse con i vari presidenti francesi che si sono succeduti durante il suo lungo regno (da Chirac a Sarkozy e da Hollande a Macron); un regno a sua volta figlio dell’asse Kohl-Mitterand (chi ricorda la famosa foto del 1984 dei due che si tengono per mano, a Verdun, davanti alle tombe dei caduti della I guerra mondiale?).

Qualche domanda

Alla Merkel e alla sua visione di predominio dobbiamo il rilancio del sovranismo e dell’euroscetticismo con i quali oggi facciamo i conti? È grazie a lei se l’Europa è rimasta un nano politico e non è più un gigante economico? Ed è ancora grazie a lei se l’Europa non ha un bilancio e un fisco comuni, cosa che spazzerebbe via in un attimo quasi tutti i problemi che ci angustiano?

Ci pare abbastanza ovvio che quando in una partita di calcio tra i bambini di un cortile ci sono due giocatori che devono vincere sempre, gli altri ad un certo punto decidono di riprendersi il pallone e smettere di giocare.

Quest’Europa a trazione franco-tedesca non ci piace. E non ci deve piacere, perché non fa che ripercorrere, con mezzi molto più subdoli e apparentemente meno invasivi, la parabola di Arminio, del Barbarossa e di Radetzki. Una grande e prospera Germania al centro di un’Europa disastrata non servirà neppure alla Germania stessa. Ma chi lo andrà a dire al nuovo Bundeskanzler che presto o tardi prenderà il suo posto?

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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