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Il caso Caruso: dopo la condanna definitiva, quando potrebbe uscire dal carcere?

Giuseppe Caruso il giorno dell'arresto (25 giugno 2019)

Giuseppe Caruso: la Cassazione ha messo la parola fine alla sua vicenda giudiziaria martedì scorso. L’ex dirigente dell’Agenzia Dogane era stato arrestato nel giugno del 2019 per una serie di reati, tra cui quello di associazione mafiosa, quando era presidente del Consiglio comunale di Piacenza in quota Fratelli d’Italia (il partito l’aveva espulso il giorno stesso dell’arresto). Caruso era stato poi condannato con rito abbreviato alla pena di 20 anni di reclusione, ridotti a 12 in Appello e confermati ieri l’altro dalla Suprema Corte.

Il traguardo della metà pena

Ma cosa succede adesso? Caruso ha già trascorso in carcere 4 dei 12 anni cui è stato definitivamente condannato. E tra meno di due anni arriverà alla data fatidica della metà pena. Spieghiamoci bene: 12 diviso due fa 6, ma esiste il principio della liberazione anticipata. Per ogni semestre trascorso in carcere con buona condotta, si ha diritto allo sconto di 45 giorni di pena.

Il che vuol dire che Caruso, se si è comportato bene, cioè se non ha provocato danni all’interno del carcere, se ha seguito un percorso rieducativo, se non ha provocato risse o altre mancanze, ha già ottenuto lo sconto di un anno; quindi la metà pena per lui è dietro l’angolo: 11 anni diviso due fa 5 anni e mezzo. E in questo anno e mezzo che manca, Caruso maturerà altri 4 mesi e mezzo di liberazione anticipata; il che porta il traguardo della metà della pena a un anno, un mese e 14 giorni da oggi.

L’affidamento in prova

Come mai è così importante raggiungere la metà della pena? Perché da quel momento il detenuto può richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali, il che, in pratica, apre le porte del carcere. A chi si chiede? Al Tribunale di Sorveglianza a Bologna. Che non decide in poco tempo: di solito l’udienza è fissata non prima di sei mesi dalla richiesta. Il Tribunale valuta una serie di condizioni tra le quali il “progetto” di reinserimento sociale è fondamentale. Se Caruso fosse più giovane, basterebbe trovare un lavoro dipendente o meglio, un soggetto che dichiara di impegnarsi, alla liberazione del detenuto, ad assumerlo, indicando orario di lavoro, inquadramento, mansioni e stipendio.

Tuttavia, data l’età non più giovane del nostro, la cosa non è semplice. Occorrerà dunque identificare un percorso sociale che sia accettabile: per esempio offrire ore di volontariato o lavori socialmente utili presso qualche ente pubblico. Il Tribunale di Sorveglianza è composto da tre magistrati ordinari “specializzati” perché fanno solo questo ed è integrato da due psicologi che devono analizzare la proposta e valutare se è credibile, se può essere utile per sviluppare il reinserimento del reo nella società, adempiendo al principio costituzionale secondo il quale la pena deve avere funzione rieducativa e non punitiva.

E con la criminalità organizzata?

La strada di Caruso verso la libertà potrebbe però incontrare anche altri ostacoli: per i delitti di cui all’articolo 4 bis comma 1 della legge 354/75 (in sostanza per i reati di criminalità organizzata, terroristica e/o mafiosa e per i reati mafia correlati) l’affidamento può essere concesso solo in caso di collaborazione con la giustizia, “salvo che la collaborazione sia impossibile o irrilevante”. Non sappiamo con precisione i capi di imputazione contestati al Caruso, ma potrebbe benissimo essere compreso in questa fattispecie; il che bloccherebbe il suo desiderio di tornare in libertà, dato che non ci sembra che abbia collaborato con la giustizia durante il processo.

Libertà vigilata

Le sue vicissitudini non finiscono qui: premesso che durante l’affidamento in prova (se gli venisse concesso) il tribunale potrebbe dargli delle prescrizioni – come il non frequentare pregiudicati, il restare in casa dalle 22 alle 7 del mattino, il non uscire dal territorio del Comune di residenza e altre che tendono a impedire la commissione di nuovi reati – una volta scontata la pena al Caruso resterebbero da scontare 4 anni di libertà vigilata, irrogatagli dalla corte d’Appello e confermati dalla Cassazione.

La libertà vigilata è prevista dall’articolo 228 del Codice penale che, in sostanza, rispecchia lo stesso regime di prescrizioni di cui parlavamo prima: divieto di uscire dal Comune, alla sera a letto presto, non frequentare cattive compagnie o bar malfamati. Insomma, una strada in salita prima che a Caruso si aprano le porte del carcere.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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