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Processo penale e prescrizione: per adesso una riforma senza idee

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Processo penale: la madre di tutte le riforme della giustizia. Nella legge anticorruzione il governo ha inserito lo stop alla prescrizione dei reati dopo la sentenza di primo grado. Ma solo dal 2020, perché intanto si faranno nuovi investimenti e la riforma del processo penale.

Mentre in Italia gli avvocati sono già sul piede di guerra, si scopre con sgomento che nel resto del pianeta la prescrizione è praticamente sconosciuta. In Francia è prevista solo fino alla prima udienza e nel mondo anglosassone se ne fa semplicemente a meno. Da noi si sostiene invece che la prescrizione è inserita nella Costituzione sotto la voce “ragionevole durata del processo”. E che soltanto una riduzione del suo raggio d’azione sarebbe un delitto di lesa maestà costituzionale.

Ma ciò che preoccupa di più, al di là delle diatribe tra Lega e 5 Stelle sul “collegamento” fra le due norme, è che lo stop alla prescrizione di fatto viaggerà a braccetto con una complessa riforma del processo penale da fare in un anno. I dubbi sono tanti, vediamo perché.

Arriva Perry Mason

L’ultima riforma organica risale al 1989, quando si era passati dal processo “inquisitorio” al modello “accusatorio”. Si parlava allora di processo “alla Perry Mason”, serie tv Anni 50 che aveva reso popolare il dibattimento americano in Italia. Si era introdotta la “cross examination”. E noi ci immaginavamo nei panni del celebre lawyer d’oltreoceano che era solito pronunciare stentorei “mi oppongo, vostro onore!”.

La riforma era stata dibattuta per anni da una commissione formata da insigni giuristi e professori universitari. Una volta approvata ed entrata in vigore, aveva subito diverse modifiche, interventi della Corte Costituzionale e interpretazioni della Cassazione. Insomma, per entrare a regime ci ha messo parecchio tempo.

Novità epocali

D’altra parte non poteva essere che così. La riforma del processo penale del 1989 era basata su alcune idee piuttosto nette, nella forma e nella sostanza: dare completa terzietà al giudicante. Ridurre i poteri dell’accusa. Aumentare le possibilità operative della difesa.

Prima dell’89 il Pubblico ministero sedeva a fianco del giudicante, dimostrando così la sua vicinanza allo stesso e la sua superiorità rispetto alla difesa. L’imputato sedeva in banco a lui dedicato, mentre il difensore rimaneva da solo in mezzo all’aula. Il giudice riceveva intero il fascicolo dell’accusa, che conteneva già testimonianze e perizie. E perciò al processo la difesa doveva affrontare un giudice che, inevitabilmente, si era già formato un’idea del processo.

Plasticamente la riforma cambiava tutto. Oggi il Pm siede alla stessa altezza della difesa e l’imputato è a fianco del suo difensore. Il giudice arriva “vergine” al processo e deve basare il suo convincimento su quanto avviene davanti a suoi occhi. La prova si forma in dibattimento. Sciocchezze? Mica tanto: si era passati da Torquemada a Perry Mason.

 Processo penale, quale riforma?

Oggi qual è l’idea? Annunciando lo stop alla prescrizione e la riforma si dice solo che i processi penali saranno più veloci grazie a 500 milioni di nuovi investimenti previsti nella manovra. Come si potrebbero utilizzare? Prima di tutto aumentando il numero dei giudici. Ma i giudici non si possono riprodurre con la bacchetta magica. Occorre indire i concorsi che durano almeno un anno. E dopo che il candidato l’ha vinto, deve trascorrere parecchi mesi al fianco di un magistrato esperto prima di poter iniziare a lavorare autonomamente.

Altri punti chiave: per celebrare un processo servono strutture e altro personale. Oggi le aule di giustizia sono occupate dai dibattimenti quasi ogni giorno. Anche se abbiamo eliminato carabinieri di guardia e uscieri che chiamavano i testi, servono pur sempre: un Pm che rappresenti l’accusa. Un cancelliere che verbalizzi. Un tecnico che registri le deposizioni. E il lavoro di “back office”? Non parliamo dei difensori, perché di quelli ce ne sono a bizzeffe. Ma ci vuole una scorta che trasferisca il detenuto in tribunale. Il personale che invii le convocazioni ai testimoni e ai periti, che pubblichi le sentenze, che riceva gli atti d’appello, le memorie difensive, le liste testi. E fermiamoci qui. 

Maneggiare con cura

Al di là dei 500 milioni, che forse non saranno sufficienti per fare tutto quello che abbiamo visto, serve soprattutto un disegno d’insieme che contempli nuovi meccanismi procedurali e di giudizio più veloci. Perché la giustizia non è solo “il giudice”: li raddoppio e dimezzo la durata dei processi in tutti i gradi di giudizio. La giustizia è una macchina complessa e delicata, da maneggiare con cura. Così qualcuno pensa che ne sembri all’oscuro chi parla di riforma del processo penale da fare in un anno, Guardasigilli Bonafede compreso. Speriamo di no, almeno perché fino a ieri il ministro della Giustizia faceva l’avvocato. E perché la riforma del processo penale, prescrizione o no, è davvero necessaria.

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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