Cultura

Piacenza e la cultura: una città in cerca d’autore

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Piacenza e la cultura. Anche in questo campo la città non fa difetto. E si incanala in quella che si può definire ormai una tradizione nazionale. Come per Italia 90, le Olimpiadi invernali di Torino o l’Expo 2015, quando da noi si parte per un’avventura, si è sempre un po’ impreparati, improvvisati, dilettanteschi. Poi, allo sprint finale, a volte si trova lo spirito giusto e si vince al fotofinish.

Parterre al completo

Lo stesso sembra dunque avvenire per la candidatura di Piacenza a Capitale italiana della Cultura 2020Partiamo in ritardo, in ordine sparso. Con i social che non aiutano, ma sono pronti al crucifige. Sabato mattina, all’Auditorium della Fondazione Piacenza e Vigevano per l’incontro con il Comitato promotore, c’erano tutti. Si faceva prima a notare le assenze, pochissime. Il mondo della cultura, del lavoro, dell’associazionismo, delle professioni era in sala. Anche l’ex sindaco Dosi e l’ex vicesindaco Timpano. Mancavano solo la direttrice dei Musei farnesiani Gigli (assente giustificata), e l’ex assessore alla cultura Albasi.

Parole di rito o c’è di più?

Il sindaco Barbieri ha preso subito in mano la situazione: il comitato promotore è inclusivo e non esclusivo. Accogliamo tutti e tutte le idee. Compresa la Banca di Piacenza, che è un partner importante. Anzi, i suoi progetti sono già condivisi. Chiaramente, una mano tesa per ricucire dopo le recenti polemiche. E Toscani, il presidente della Fondazione, scherza: potevamo partire per Pasqua, ma una buona idea, l’idea vincente, viene anche in un secondo.

Piacenza e la cultura: il guru torinese 

E non poteva mancare il guru venuto da via, chiamato dall’assessore Polledri: l’urbanista torinese Paolo Verri. “El Hombre del Partido” o coperta di Linus? Vedremo. Verri spende molto del tempo a disposizione per spiegare chi è e cos’ha fatto. L’Expo, Matera 2019, progetti in India, in Africa, frequentazioni col ministro Franceschini: se c’è lui, dobbiamo stare tranquilli, avranno pensato in molti. Piglio manageriale, sicurezza espositiva, Verri afferma che Piacenza ha un bacino d’utenza di 8 milioni di turisti. Dovrebbe attirarne almeno il 12%. Invece ne attira appena un terzo, il 4%. E questo Guercino compreso, che anche per il guru è stato un indubbio successo.

Sostanza e passi falsi

Poi Verri spiega che il 50% sarà offerta culturale ma l’altro 50 dev’essere marketing. Pistoia è capitale della cultura 2017. Ma “voi, che siete di media cultura (errore, era presente la crème della crème, tutta l’intellighenzia piacentina), non ne sapete niente. Difetto di comunicazione. A noi non dovrà accadere”. Beh, Verri stia attento anche lui, perché i piacentini sono un po’ permalosi.
Il guru non ama perdere. Bene, se ha accettato l’incarico, le prospettive sono buone, si dà di gomito in platea. Intanto puntiamo alla prima selezione, alla scrematura che porterà le città candidate da 46 a 10, poi vedremo. Insomma, alla fine l’impressione è positiva. Verri e i suoi collaboratori pare che abbiano già programmato tutto per il progetto di massima da consegnare il 15 settembre, e che non ci sia altro da dire. 

Da Pistoia a Matera

Se andiamo a vedere le altre città, possiamo sentirci a cavallo. Pistoia, Capitale della Cultura 2017 è in piena polemica: a due terzi del percorso è un buco nero e ci sono interrogazioni dei 5 Stelle su dove sono finiti i finanziamenti regionali (1,4 milioni).
Matera, che fra poco più di un anno sarà sotto i riflettori europei, è in pieno caos. Dimissioni di assessori, nessun collegamento ferroviario, quattro taxi in tutta la città (ma un numero altissimo di abusivi), nessuna struttura pronta. E una serie di politici locali, e non, che si chiamano fuori da quella che potrebbe essere una figuraccia epica.

Piacenza e la cultura: quello che c’è già

Piacenza ha già diverse frecce al suo arco per ambire a un posto tra i 10 finalisti che sceglierà il ministero dei Beni culturali. Partiamo dalle manifestazioni di successo che hanno coinvolto l’intera città: il Guercino, l’adunata degli Alpini e il festival del Diritto. E adesso passiamo in rassegna alcuni degli spazi adeguati a eventi di ogni genere: Piazza Cavalli, il salone del Gotico, Sant’Ilario e i Teatini. Poi Municipale, Filodrammatica e Sala dei Gesuiti. E naturalmente non ci fa male ricordare, in sintesi, cosa c’è da vedere a Piacenza: il Duomo (a proposito che fine farà la salita alla cupola?), i musei del Farnese, Sant’Antonino, le gallerie del Collegio Alberoni e della Ricci Oddi. E fermiamoci qui, ma senza dimenticare le nostre eccellenze enogastronomiche ammirate da tutti.

Piacenza e la cultura: che cosa manca

Dunque basterebbe poco: qualche bella idea. Magari vincente, direte. Ma al di là degli eventi di grido, come per esempio quello che potrebbe essere la mostra “Il Volto di Cristo, da Antonello a Tiziano“, ciò che manca è un filo conduttore. Il passaggio chiave sarà mettere a sistema (e a reddito) l’offerta culturale piacentina, come fosse il menu di un grande ristorante. Aperto per sempre, e non solo per chi si metterà a tavola quando e se Piacenza diventerà mai la Capitale italiana della Cultura.   

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Massimo Solari è avvocato cassazionista e scrittore. Ha pubblicato diversi volumi sulla storia di Piacenza e alcuni romanzi. Ha tenuto conferenze e convegni sulla storia di Piacenza. Ha collaborato con le riviste Panoramamusei, L'Urtiga, e scrive sul quotidiano Italia Oggi.

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