Economia

Erika Colla (Confindustria): nuove strategie per valorizzare le aziende piacentine

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Erika Colla era abituata a prendere quattro o cinque aerei al mese, principalmente per andare in Gran Bretagna, Francia e Spagna. Poi, anche per la top manager ai vertici commerciali dell’omonima azienda di famiglia, tra i leader italiani nella produzione di grana padano e parmigiano reggiano, tutto è cambiato. Con l’arrivo dell’epidemia di Covid, stop ai voli e alle lunghe trasferte da Cadeo per raggiungere i clienti esteri. Una serie di appuntamenti sostituiti in agenda da altrettante videoconferenze che le hanno lasciato un po’ più di tempo a disposizione.

“Soprattutto per questo, anche se non sono stati mesi facili per nessuno, quando è arrivata la proposta del presidente Francesco Rolleri di entrare nella sua squadra mi sono detta: o mi spendo adesso o mai più”. Così Erika Colla oggi è tra i cinque vicepresidenti di Confindustria Piacenza con la delega all’agroalimentare, all’alta gamma e al made in Piacenza.

Dottoressa Colla, lei è l’unica donna nella giunta del presidente Rolleri: che effetto le fa?

“Mi ha colpito molto questa sottolineatura arrivata da più parti dopo la mia nomina. Amo la franchezza, sono abituata a lavorare con tutti e non faccio differenze di genere. Tenga conto che vengo da un’azienda matriarcale, dove le donne hanno sempre dato e danno un contributo importantissimo in tutti i campi. Quindi non ho nessuna preoccupazione o timore reverenziale da questo punto di vista”.

Ha avuto tre deleghe importanti, se vogliamo con un denominatore comune: valorizzare le produzioni piacentine…

“Questa è una delle grandi sfide per lo sviluppo del nostro territorio. La era già prima dell’epidemia di Covid, che ci ha colpito così duramente. E oggi la è ancora di più. Partirei però da un presupposto di natura caratteriale”.

Ci dica…

“Noi piacentini, e io mi sento piacentina fino alla punta dei capelli, da sempre siamo molto discreti; siamo un po’ gelosi delle nostre cose, non amiamo apparire e non amiamo pubblicizzare i nostri successi più di tanto. E questo lo paghiamo passando per chi ha meno da offrire di altri territori che invece si sanno vendere meglio senza avere nulla in più del nostro”.

Quindi è un problema di mentalità?

“Questo è un tema ricorrente e sempre molto discusso. Devo dire che ultimamente alcune cose stanno cambiando, come dimostrano ad esempio il bel lavoro che sta facendo nel mio settore il Consorzio Piacenza Alimentare, o l’attività del professor Fornari dell’Università Cattolica sul marketing territoriale, che inizia a dare qualche risultato interessante”.

Da dove si parte per “vendere” le imprese piacentine?

“Dobbiamo partire dalla consapevolezza di quello che sappiamo fare. Quando sono all’estero mi sento sempre dire che noi italiani siamo fortunati perché abbiamo un territorio fantastico, perché il nostro territorio ci dà tutto, a partire dalla qualità delle materie prime alimentari. Ma senza una serie di imprenditori che sono capaci di prendere quelle materie prime e di trasformarle in prodotti riconosciuti in tutto il mondo, dai formaggi ai salumi ai vini, non si va da nessuna parte. E lo stesso discorso vale per i prodotti d’alta gamma, dalle barche alla moda. Anche a Piacenza bisogna partire da qui, vendere per prima cosa le nostre capacità imprenditoriali”.

Tutto vero, ma gli imprenditori piacentini sono famosi anche per non saper fare squadra; della serie, piuttosto che guadagni lui preferisco non guadagnare neanch’io. Prenda l’Expo di qualche anno fa, dalla famosa Zolla non è nato un granché…

“Non sono del tutto d’accordo. E siccome mi piacciono i fatti, le parlo della mia esperienza. Durante l’Expo 2015, Confindustria aveva organizzato una serie di missioni di incoming con l’arrivo di buyer stranieri nelle nostre aziende. Queste giornate di visita si concludevano con una cena a base di prodotti piacentini. Visto il successo delle serate, dove gli ospiti mettevano in evidenza come la nostra piccola provincia, quasi sconosciuta, avesse tanto da offrire, abbiamo deciso di far nascere Piacenza Food International. E senza l’Expo e la Zolla questo non sarebbe successo”.

Di che cosa si tratta?

“Piacenza Food International è una rete composta al momento da cinque aziende, che da buoni piacentini per ora non abbiamo pubblicizzato più di tanto, anche per valutarne giustamente i risultati. Dal 2016 abbiamo fatto diverse missioni, l’ultima in Croazia a gennaio, da dove siamo tornati con nuovi clienti. Andiamo a offrire una gamma di prodotti importanti e ben rappresentativi non solo del made in Italy, ma caratterizzati dal brand Piacenza”.

Chi sono i vostri partner in Piacenza Food International?

Oltre alla nostra, le aziende coinvolte sono Cantine 4 Valli, il Molino Dallagiovanna, Fiorani Carni e il Salumificio San Carlo. Con poco tempo da dedicare a questa iniziativa e grazie al supporto di Confindustria, in particolare del nuovo direttore Luca Groppi, i risultati comunque cominciano ad essere interessanti, anche per la partecipazione a fiere estere o come il Cibus.

Siete aperti all’arrivo di altre aziende?

“Sì, ma credo che il successo di un’iniziativa del genere nasca dal ventaglio diversificato dell’offerta che si va a promuovere. Mi spiego: i problemi in un modello alla Piacenza Food International possono nascere dalla presenza al suo interno di aziende che propongono in concorrenza lo stesso prodotto”.

Quindi, qual è la soluzione?

“Provare a creare una rete composta da gruppi di aziende non in concorrenza tra loro, che si muovano in mercati geografici diversi. Una sorta di modello a grappolo da proporre sul territorio nazionale e internazionale. La rete alla Piacenza Food International potrebbe essere replicata anche in altri settori produttivi, per fare squadra in modo concreto, superando le concorrenze interne e valorizzando anche l’indotto territoriale, quello di chi produce per te e vicino a te”.

Insomma, l’agroalimentare può essere un motore e un modello di sviluppo a 360 gradi…

“Certo, può essere davvero un traino fondamentale. D’altra parte, quando oggi si dice made in Italy si pensa al cibo, alla moda e ai motori. E a Piacenza nell’agroalimentare abbiamo già fior di aziende votate all’export. Si tratta di razionalizzare e mettere a reddito anche i singoli successi per valorizzare il nostro territorio in termini più ampi”.

Passiamo alla Colla Spa, al vertice delle imprese piacentine: è un’azienda diciamo composita, ci spiega esattamente che cosa fate? 

“Produciamo in proprio, acquistiamo e commercializziamo formaggi di altri caseifici; sul mercato siamo presenti sia con la vendita al dettaglio dei nostri marchi, sia con la fornitura di grana padano e parmigiano reggiano alle catene della grande distribuzione organizzata che poi vengono etichettati con i loro private label”.

I conti come vanno?

“Dal bilancio 2019 emergono ottimi risultati, a partire dal valore della produzione che ha toccato i 400 milioni di euro. A livello di fatturato abbiamo raggiunto i 372 milioni mentre nel 2018 eravamo arrivati a 340 milioni”.  

Quanto vendete in Italia e quanto all’estero?

“Oggi la quota estera sta crescendo molto. Vale dal 30 al 35% della produzione. I Paesi più importanti sono gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e il Canada. Se all’estero vanno un po’ di più i nostri brand, in Italia la maggioranza del prodotto va nella grande distribuzione”.

Come avete fatto a raggiungere questi risultati?

“Da sempre produciamo grana padano e commercializziamo parmigiano reggiano. Poi nel 2001 abbiamo creato anche la nostra filiera per il parmigiano reggiano, dalla produzione al confezionamento. Ma tenga conto di un fatto fondamentale per la qualità della nostra produzione: la stagionatura di tutti i formaggi la facciamo direttamente noi”.

È uno dei segreti del vostro successo?

“Certo, la nostra stagionatura, fatta di tasso di umidità, temperatura e luce è la principale garanzia della qualità dei nostri prodotti”.

E i risultati si vedono anche sul fronte occupazionale?

“Direi di sì, visto che in tre anni siamo passati da 260 a 350 dipendenti. Presto tra l’altro completeremo il nuovo stabilimento di Fidenza per il parmigiano reggiano. E in un mercato e in un momento così difficili per il nostro territorio, le assicuro che questi risultati sono tra i nostri principali punti d’orgoglio”.

 

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Giovanni Volpi, giornalista professionista, è il direttore del Mio Giornale.net. Ha iniziato al Sole-24 Ore nel 1993. Dieci anni dopo è passato in Mondadori, a Tv Sorrisi e Canzoni, dove ha ricoperto anche il ruolo di vicedirettore. Ha diretto Guida Tv, TelePiù e 2Tv; sempre in Mondadori è stato vicedirettore di Grazia. Ha collaborato con il Gruppo Espresso come consulente editoriale e giornalistico dei quotidiani locali Finegil.

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